Cgia Mestre: boom di licenziamenti, ma a vantaggio dei lavoratori

Nell’ultimo anno sui licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo soggettivo nel settore privato c’è stata una crescita del 26,5 per cento. Le altre tipologie di licenziamento, invece, non hanno presentato così importanti trend di crescita. A segnalarlo in una nota è l’Ufficio studi della Cgia. “Se i licenziamenti totali sono saliti del 3,5 per cento, quelli per giustificato motivo oggettivo sono aumentati del 4,6 per cento e quelli per esodo incentivato, invece, sono addirittura crollati del 19 per cento”, si legge nel comunicato.
Per il coordinatore Paolo Zabeo, il dato si spiegherebbe con “una cattiva abitudine che si sta diffondendo tra i dipendenti” anche se il fenomeno “presenta delle dimensioni assolute ancora contenute” e “nell’ultimo anno lo stock ha interessato 74.600 lavoratori”. Dipendenti Questa l’analisi della Cgia: Con l’introduzione della riforma Fornero, dal 2013 chi viene licenziato ha diritto all’ AspI (indennità mensile di disoccupazione): una misura di sostegno al reddito con una durata massima di 2 anni che costringe l’imprenditore che ha deciso di lasciare a casa il proprio dipendente al pagamento di una “tassa di licenziamento”. Dichiara il segretario della Cgia, Renato Mason: “Se una impresa contribuisce ad aumentare il numero dei disoccupati, provoca dei costi sociali che in parte deve sostenere. Negli ultimi tempi, però, la questione ha assunto i contorni di un raggiro a carico di moltissime aziende e anche dello Stato, perché un numero sempre più crescente di dipendenti non rispetta la norma e costringe gli imprenditori al licenziamento e, di conseguenza, fa scattare la Nuova ASpI (NASpI) in maniera impropria”. Nel primo trimestre di quest’anno si registra la medesima tendenza con un incremento considerevole del +14,7 per cento sullo stesso trimestre del 2016). Per l’Ufficio Studi ciò avverrebbe per “‘inerzia’ del dipendente che in caso di dimissioni vuole evitare incombenze burocratiche e ottenere la NASpI”. Essendo stata introdotta nel marzo del 2016 l’obbligatorietà delle dimissioni on-line, se il dipendente “diserta” la presenza in cantiere o in ufficio e non comunica telematicamente la volontà di starsene definitivamente a casa, l’interruzione del rapporto di lavoro la deve “avviare” il datore di lavoro attraverso il licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, spiega la Cgia. Procedura che, grazie alla legge Fornero, consente al lavoratore “scorretto” di ricevere la NASpI, misura che non gli spetterebbe, invece, nel caso di dimissioni volontarie. “Questo astuto espediente – conclude Zabeo – sta creando un danno economico non indifferente. Non solo perché costringe il titolare dell’azienda a versare la tassa di licenziamento” ma anche “alla collettività che deve farsi carico del costo della NASpI. Se quest’ultima viene erogata per tutti i 2 anni previsti dalla legge Fornero, il costo complessivo per le casse dell’Inps può arrivare fino a 20.000 euro a lavoratore”. Per la Cgia: “A conferma di questa tesi ci aiutano i dati relativi alle dimissioni volontarie rassegnate dai lavoratori dipendenti assunti a tempo indeterminato: tra il 2015 e il 2016 la contrazione è stata del 13,5 per cento”.

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