Brasile

Non vi sono elementi che possano, ad oggi, autorizzare ottimismi e visioni più o meno serene per il 2024. I conflitti che non accennano a scemare – russo-ucraino e israelo-palestinese su tutti – le incertezze sul piano economico e sociale, il divario sempre crescente tra povertà e ricchezza, l’incapacità di un governo mondiale, i fenomeni migratori sempre più pervasivi, le baruffe sul cambiamento climatico, gli scenari di un nuovo ordine mondiale che tendono a sconvolgere gli assetti conosciuti, sono tutti fattori che non lasciano ben sperare. Emerge chiaramente un fallimento generale della politica e della diplomazia, a tutto vantaggio di una finanza sempre più globalizzata che fa sentire i suoi morsi, il suo potere, l’inesorabilità dei suoi ritmi. Dinnanzi a tutto questo, l’Unione europea arranca, tra sovranismi che vogliono metterla in discussione e tensioni nazionalistiche che fanno sentire la propria voce. Gli States, dal canto loro, si preparano alle elezioni presidenziali che non lasciano intravedere all’orizzonte nessuno statista degno di questo nome, nè sul fronte democratico nè su quello repubblicano. India, Corea del Nord, Cina, Turchia, Russia, Brasile, alzano la voce per prepararsi a nuovi protagonismi. L’Africa, dilaniata da mille guerre e da una eterogeneità complessa, resta l’incognita per il futuro del pianeta. Assistiamo, pertanto, ad un disordine mondiale, con poche certezze, tanta instabilità e fiumi di sangue che scorrono e che nessuno riesce ad arrestare.

L’ex Capo di Stato brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva rimane saldamente in testa nei sondaggi per le presidenziali, nonostante la condanna in appello per corruzione che potrebbe escluderlo dai candidati. La rilevazione di Datafolha pubblicata dal quotidiano a Folha de Sao Paulo – il primo sondaggio dopo la condanna – dà a Lula fra il 34% e il 37% delle preferenze al primo turno, contro il 16-18% del candidato dell’estrema destra, Jair Bolsonaro. Al ballottaggio poi Lula si aggiudicherebbe il 49% dei voti contro il 32% di Bolsonaro, che uscirbbe sconfitto anche da uno qualsiasi degli altri candidati nel caso in cui l’ex Presidente non potesse partecipare. Il sondaggio è stato condotto su un campione di 2.826 persone con un margine di errore di due punti percentuali.

“La politica estera di questo Governo è un fallimento totale: l’Egitto non dice la verità su Regeni, la Spagna non ci consegna gli assassini di Niccoló Ciatti e il Brasile continua a prenderci in giro sull’estradizione di Cesare Battisti. E’ Inaccettabile”. Lo afferma il capogruppo di Forza Italia del Consiglio regionale della Campania, Armando Cesaro, per il quale “se non ci rispettano dobbiamo interrompere relazioni diplomatiche e rapporti commerciali. Noi siamo l’Italia”.

L’ex terrorista Cesare Battisti è stato arrestato nella città di Corumbà, alla frontiera tra Brasile e Bolivia. Secondo la versione online del quotidiano O Globo, le autorità brasiliane sarebbero convinte che l’ex membro dei Proletari armati per il comunismo (Pac) stesse cercando di fuggire in Bolivia. L’italiano sarebbe stato fermato dalla polizia stradale federale durante un normale blitz. Condannato all’ergastolo in via definitiva per quattro omicidi commessi durante gli anni di piombo, Battisti nel 2010 ha ottenuto lo status di rifugiato politico in Brasile dall’ex presidente della Repubblica, Luiz Inacio Lula da Silva. Renzi, Brasile lo restituisca subito a Italia -” #Battisti stava fuggendo in Bolivia. L’hanno preso. Adesso le autorità brasiliane lo restituiscano all’Italia, subito. Chiediamo #giustizia”. Così Matteo Renzi su twitter. Meloni, ora Italia pretenda estradizione – “Il terrorista comunista Cesare Battisti condannato per quattro omicidi commessi in Italia, è stato arrestato in Brasile mentre tentava di fuggire. Aspettiamo le dichiarazioni di solidarietà da parte dei soliti radical chic che lo hanno sempre difeso e spalleggiato. Ora l’Italia pretenda la sua immediata estradizione e gli faccia scontare la sua pena fino all’ultimo giorno”. Lo scrive su Facebook il presidente di fratelli d’Italia Giorgia Meloni.

La Corte suprema brasiliana ha aperto un procedimento per corruzione, riciclaggio di denaro e associazione illecita contro l’ex presidente Fernando Collor de Mello (in carica dal 1990 al 1992). Il politico, attualmente senatore, e’ sotto inchiesta nell’ambito dell’intera operazione Car Wash (Lava Jato). Il procuratore generale del paese latino americano lo ha accusato di aver ricevuto circa 9 milioni di dollari in tangenti, in cambio della sua influenza politica verso la BR Distribuidora, una sussidiaria del colosso petrolifero nazionale Petrobras. Parte dei fondi illegali, peraltro, sarebbero stati usati per compare una serie di auto di lusso, sequestrate poi dalla polizia nel 2015. Insieme a Collor de Mello sono stati accusati di corruzione anche sua moglie Caroline e sei persone, che avrebbero agito come operatori privati. Collor de Mell si dimise da presidente nel 1992 proprio per rispondere alle accuse di corruzione ed evitare l’avvio dell’impeachment. Nonostante la rinuncia, pero’, il Congresso porto’ avanti il procedimento e lo rimosse formalmente dall’incarico.

Si parla ormai apertamente di un dopo-Temer anche tra gli alleati del presidente del Brasile, Michel Temer, entrato recentemente nella lista degli indagati dell’inchiesta ‘Lava Jato’, la Mani Pulite locale: lo sottolineano oggi i media, che ricordano come il prossimo 6 giugno il Tribunale superiore elettorale (Tse) potrebbe decidere per l’annullamento del mandato del capo di Stato, accusato insieme al suo predecessore, Dilma Rousseff, di “abuso di potere politico ed economico” durante la campagna elettorale in occasione delle presidenziali del 2014. Tra i nomi quotati per sostituire Temer, in attesa delle elezioni vere e proprie, previste a ottobre 2018, rispunta quello dell’ex leader di centro-destra Fernando Henrique Cardoso, al governo dal 1995 al 2002. Ieri, intanto, una nuova manifestazione di protesta anti-Temer, svoltasi sulla spiaggia di Copacabana a Rio de Janeiro, ha visto la partecipazione di numerosi artisti rinomati, tra cui il cantante Caetano Veloso, che insieme hanno chiesto di indire al piu’ presto elezioni anticipate. Mentre fa discutere l’ennesimo rimpasto deciso a sorpresa dal presidente della Repubblica: il ministro della Giustizia, Omar Serraglio (sfiorato in intercettazioni dallo scandalo della carne avariata), e’ finito al dicastero della Trasparenza al posto di Torquato Jardim, che e’ cosi’ diventato il nuovo guardasigilli.

Un nuovo terremoto politico scuote il Brasile e, a un anno dall’impeachment che causo’ la caduta della presidente Dilma Rousseff, minaccia la sopravvivenza del governo di Michel Temer. I proprietari della Jbs, colosso mondiale di produzione di carni, hanno consegnato alla giustizia materiale audio e video dai quali risulterebbe che l’attuale capo di Stato ha appoggiato il pagamento di tangenti milionarie all’ex presidente della Camera dei deputati Eduardo Cunha, perche’ questi – dal carcere – non svelasse dettagli compromettenti per lo stesso Temer. La notizia, lanciata dal quotidiano “O Globo”, ha deflagrato in un istante su tutti i media nazionali e scatenato reazioni ovunque. “La sessione e’ chiusa, non ci sono piu’ le condizioni per lavorare”, ha detto il presidente della Camera Rodrigo Maia interrompendo i lavori di un’Aula scossa dal grido “Temer a casa”. Slogan che presto si sarebbe rovesciato sulle piazze, su cartelli agitati dagli stessi movimenti che la primavera scorsa chiedevano che Rousseff abbandonasse il palazzo di Planalto. Protagonista indiscusso di quella manovra fu lo stesso Cunha, considerato un archivio vivente di tutte le possibili trame di corruzione che attraversano la scena politica nazionale. A lui, secondo le prove presentate dai proprietari di Jbs Joesley e Wesley Batista, sarebbero andati i 500 mila reais (circa 160 mila dollari) settimanali per non fare rivelazioni scottanti sul conto del presidente e del suo partito (Pmdb, Partito del movimento democratico brasiliano). La Jbs, sottolinea l’edizione brasiliana del quotidiano “El Pais” inizia a collezionare un discreto numero di cause giudiziarie, e i fratelli Batista sono arrivati a un accordo con la magistratura per rilasciare deposizioni di peso in cambio di sconti di pena. Armati di un apparecchio nascosto, i fratelli Batista avrebbero registrato il capo di Stato nel momento in cui li esortava a non sospendere i pagamenti. E proprio grazie a questa rivelazione, la polizia federale ha filmato il momento in cui la valigia con la tangente finiva nelle mani dell’intermediario, il deputato Rodrigo Rocha Loures, con i 500mila reais marcati ad hoc per poter essere facilmente rintracciati. In una nota uscita a tarda serata, il presidente Temer conferma l’incontro con gli imprenditori ma nega qualsiasi coinvolgimento nelle presunte trame di corruzione svelate dai nastri. Le prove presentate dai dirigenti di Jbs promettono lo stesso potenziale esplosivo rappresentato dai dossier aperti per le inchieste sulla compagnia energetica Petrobras o sull’impresa delle costruzioni Odebrecht: anche in questo caso, il fango coinvolge il Partito dei lavoratori di Inacio Luis Lula da Silva e Dilma Rousseff. Temer non era nuovo ad accuse e sospetti ma la situazione e’ questa volta piu’ complicata: non solo perche’ si parla di prove audio e video, ma anche perche’ queste risalgono a marzo 2017, quando Temer era gia’ nell’esercizio delle funzioni di presidente. Gli altri filoni di indagine si appuntavano infatti su azioni che lo vedevano coinvolto in possibili reati precedenti alla sua ascesa a Planalto.

“A nome di tutta la Fiom esprimo pieno sostegno e solidarieta’ allo sciopero generale proclamato per il 28 aprile dai sindacati brasiliani contro le nuove misure legislative che peggiorano drasticamente i diritti del lavoro, per respingere le proposte di riforma del sistema pensionistico e per denunciare la corruzione diffusa nella nuova maggioranza parlamentare, protagonista del golpe istituzionale che ha portato alla destituzione della presidente Dilma”. Cosi’ Maurizio Landini, segretario generale Fiom-Cgil. “La possibilita’ offerta ai datori di lavoro di derogare dalle norme di legge sul lavoro e di limitare i diritti di rappresentanza e tutela dei sindacati, cosi’ come le proposte di peggioramento del sistema pensionistico- sottolinea Landini- sono misure odiose e inaccettabili che esprimono una volonta’ e una politica antisindacale oggi purtroppo ampiamente diffuse anche in Europa e nel mondo. Per questo motivo siamo a fianco dei lavoratori brasiliani non solo per solidarieta’ ma perche’ ci sentiamo parte di una stessa lotta, per difendere diritti e migliori condizioni di lavoro e per contrastare le politiche liberiste, che anche nel nostro paese hanno fatto crescere precarieta’ e diseguaglianze e allargato l’area della poverta’ anche fra i lavoratori. Siamo e saremo a fianco dei lavoratori brasiliani in lotta per difendere conquiste sociali, diritti del lavoro e per la democrazia. ‘A luta continu’a’”.

Il governo di Amazonas, nel Brasile settentrionale, corregge il numero dei morti nella sommossa del carcere Anisio Jobim di Manaus: le vittime tra i detenuti sono ‘almeno 60’, e non 50 come era stato detto. Lo afferma il segretario di Pubblica sicurezza Sergio Fontes che ha definito l’episodio ‘il maggior massacro del sistema carcerario di Amazonas’. Sei detenuti sono stati decapitati. All’origine della ribellione una rissa tra gang rivali, la Familia do Norte e il Primeiro Comando da Capital.

Marcelo Crivella, un controverso pastore evangelico che in passato aveva usato espressioni forti contro i cattolici, e’ stato eletto sindaco di Rio de Janeiro con il 60 per cento dei voti nel ballottaggio contro Marcelo Freixo. Crivella, vescovo della Chiesa universale del regno di Dio (il fondatore e’ il cugino Edir Macedo), era candidato dal partito di destra Prb (Partito repubblicano del Brasile). Durante la campagna elettorale ha dovuto difendersi per le sue posizioni creazioniste e per giudizi discriminatori pronunciati in passato contro gli omosessuali. Ieri si e’ votato per il secondo turno delle elezioni amministrative in 57 citta’ del Brasile, tra cui metropoli come Recife, Fortaleza, Curitiba e Manaus, senza che ci siano stati incidenti significativi. Il voto ha confermato in generale grande frammentazione e incertezza politica e le difficolta’ del Pdt di Lula e Rousseff, che gia’ era uscito ridimensionato in occasione del primo turno.