Cina

La moda italiana è la prima nelle ricerche online dei russi secondo il motore di ricerca russo Yandex. L’Italia è la prima nazionalità associata alla moda in Europa con 15mila ricerche mensili online e il 34% delle richieste. Il Belpaese mantiene la leadership anche a livello mondiale tra i russi al terzo posto, dopo Turchia e Cina, relativamente più popolari per prezzi e qualità più bassi rispetto alla produzione Made in Italy. Dai dati del rapporto Fashion Consulting Group, Yandex e FashionSnoops l’isolamento da pandemia ha spinto 15 nuovi milioni di utenti russi ad acquistare online. Gli analisti prevedono che entro la fine dell’anno la quota delle vendite online potrebbe raggiungere il 20-25% del mercato al dettaglio. Secondo lo studio, il 28% degli utenti che ha effettuato acquisti online di vestiti, scarpe e accessori durante il periodo di isolamento è diventato più fedele allo shopping online. Il settore fashion del mercato digitale russo è uno dei più importanti e vale 296 miliardi di rubli, 4,6 miliardi di dollari. Gli analisti prevedono che il fatturato del segmento moda crescerà fino al 50% entro fine 2020. Gli acquisti online riguardanti l’abbigliamento e accessori riguardano il 23% degli acquisti presso le piattaforme online locali, mentre il 33% rappresentano gli acquisti transfrontalieri (presso siti esteri). All’inizio dell’anno, il pubblico dell’e-commerce in Russia era stimato in 60-65 milioni di persone e dopo la quarantena è cresciuto fino a 75-80 milioni di acquirenti. Si stima che la quota delle vendite online potrebbe crescere fino al 20-25% entro la fine dell’anno. L’ecommerce russo nel suo insieme è uno dei 10 con maggiore crescita al mondo e secondo Morgan Stanley raggiungerà un valore di 30 miliardi di dollari nel 2020 e di 52 miliardi di dollari nel 2023, vantando una crescita del +170% nel giro di pochi anni. “Negli ultimi anni l’ecommerce russo sta crescendo costantemente e questo si accompagna ad una maggiore fiducia dei consumatori nei pagamenti online e migliori consegne nel territorio russo – commenta Giulio Gargiullo, esperto del mercato digitale russo -. La pandemia ha chiaramente spinto nuovi utenti ad acquistare online maggiormente fashion e luxury ed è per questo sempre più importante per le aziende italiane ed estere investire nella presenza del mercato russo online che ha proprie piattaforme locali di vendita omline”, “per questo mercato, oltre ad utilizzare le piattaforme locali, è fondamentale sviluppare un sito per il proprio brand localizzato per la lingua e la cultura russa. Inoltre con la pandemia risulta chiaro che è sempre più importante coinvolgere i consumatori russi con nuove tecnologie: sfilate di moda in streaming, realtà virtuale, realtà aumentata e applicazioni di AI per migliorare l’esperienza dell’utente, soprattutto nell’ambito luxury. I buyer russi rimangono amanti del Made in Italy, sono meno impulsivi che in passato e ricercano prodotti di alta qualità”.

Proseguono gli scontri violenti tra i manifestanti e la polizia locale ad Hong Kong. Ha fatto il giro del mondo la foto e il video del poliziotto che spara ad un giovane corso in difesa di un suo amico appena ammanettato. E all’orizzonte non si intravede alcuna soluzione. Piccoli gruppi di indipendentisti, con la mascherina al volto, si riuniscono nei momenti più diversi della giornata per protestare. La diplomazia mondiale sta a guardare e non solo perché si tratta di una partita che non interessa e che non ricopre significato per attori terzi, ma anche e soprattutto perché nessuno vuole schierarsi contro il governo di Hong Kong e quindi, contro la potenza di Pechino. Gli Usa di Donald Trump, che qualche motivo per abbracciare la causa di Hong Kong l’avrebbero, si limitano a condannare – come ha fatto ieri la portavoce del Dipartimento di Stato, Morgan Ortagus, ‘la violenza di ogni parte’, esprimendo ‘vicinanza alle vittime, a prescindere dalle loro inclinazioni politiche’. Frasi di circostanza che mal celano la paura o il calcolo di non prendere posizione. Forse fa bene ricordare la situazione di Honk Kong che dal 1997 è una regione amministrativa speciale cinese. In poche parole, fa parte della Cina ma mantiene una sua forma di autonomia. Prima di allora, ossia dal 1842 in poi, era stata una colonia britannica, sottratta alla Cina. Oggi Hong Kong, vera potenza commerciale, cresciuta con il capitalismo liberista e con un ordinamento giuridico e legislativo improntato ai principi generali della tradizione anglosassone. Ebbene, nel 1984, proprio a Pechino, venne firmata la Dichiarazione congiunta sino-britannica, in base alla quale, i territori di Hong Kong sarebbero tornati sotto il controllo della Cina a partire dal 1997, ma a patto che il sistema economico e politico della città rimanesse invariato sino al 2047, per altri cinquant’anni. Un paese con due sistemi, che ha vissuto e continua a vivere la protesta con la famosa ‘rivoluzione degli ombrelli’, usati dai manifestanti per proteggersi dai lacrimogeni usati dalle forze dell’ordine. dal 2017, il governatore é Carrie Lam, una donna troppo vicina alla Cina. L’ultimo ‘pretesto’ di scontro tra il governo locale, filocinese e i manifestanti é l’approvazione della legge sulla estradizione, che permetterebbe alla Cina di processare e condannare chi non accetta i suoi dettami, oltre che i presunti autori di reati. La realtà è che Honk Kong non vuole diventare una provincia della Cina e, quindi, vedersi negati diritti fondamentali e libertà civili conquistate a caro prezzo. Dall’altra parte, Pechino non ha alcuna intenzione di attendere il 2047 per appropriarsi di un territorio che ritiene proprio, da sempre.

Huawei Technologies supererà Apple per volume di vendite degli smartphone nel 2018, posizionandosi al secondo posto mondiale alle spalle di Samsung. Dall’inizio dell’anno il produttore cinese ha venduto oltre 200 milioni di smartphone in tutto il mondo, aumentando il volume delle vendite soprattutto in Cina, Europa e Africa. Il dato del 2018 segna un aumento delle vendite di circa il 30 per cento rispetto ai 153 milioni di apparecchi venduti nel 2017. A trainare le vendite sono stati modelli di successo come il P-20, che include videocamere ad altre prestazioni co-sviluppate con l’azienda tedesca Leica. Huawei si trova pero’ al centro della guerra commerciale in atto tra Stati Uniti e Cina, e bersaglio di una campagna di boicottaggio intrapresa dagli Usa. Gli analisti si aspettano pertanto una flessione delle vendite nel 2019. posto tra i maggiori venditori di smartphone mondiali. Il presidente a rotazione del colosso cinese dell’elettronica per le telecomunicazioni Huawei, Ken Hu, ha respinto con forza come “infondate” le accuse di spionaggio per conto del governo cinese mosse nei confronti dell’azienda, ed ha avvertito che la campagna di boicottaggio intrapresa dagli Usa rischia di causare danni e disturbi economici a livello globale. “Contiamo oltre 13mila fornitori in tutto il mondo, e quest’anno acquisteremo 70 miliardi di dollari di parti e componenti”, ha sottolineato Hu durante una conferenza stampa di due ore organizzata questo mese, alla presenza di decine di giornalisti internazionali. “Qualsiasi sconvolgimento della catena di fornitura non danneggerà solo i fornitori, ma assesterà anche un colpo all’economia globale”, ha dichiarato il manager. Hu ha negato con forza che Huawei ponga un rischio per la sicurezza dei paesi in cui opera, ma ha anche promesso ulteriori investimenti per 2 miliardi di dollari tesi a fugare le preoccupazioni legate alla sicurezza informatica nello sviluppo delle reti 5G. (

La delegazione Usa in trasferta in Cina ha chiesto a Pechino di tagliare di 200 miliardi di dollari il deficit commerciale bilaterale che caratterizza gli scambi tra i due Paesi, di ridurre le tariffe e gli aiuti alle industrie nei settori avanzati. E’ quanto si legge in un documento, rivelato dal Financial Times, che la delegazione Usa ha fatto pervenire alle autorita’ di Pechino in vista del negoziato sul commercio. Sulle tariffe la richiesta e’ che la Cina imponga dazi non maggiori di quelli stabiliti dagli Usa sulle stesse merci. Il documento invita inoltre la Cina a tagliare le sovvenzioni legate al piano di politica industriale “Made in 2025” destinato a promuovere lo sviluppo di industrie avanzate, compresi i veicoli elettrici e l’intelligenza artificiale. Il documento, fatto pervenire alle autorita’ cinesi prima dell’avvio dei negoziati, richiede anche la rimozione delle restrizioni agli investimenti che interessano le societa’ statunitensi operanti in Cina, inclusi i tetti alle quote azionarie. I 200 miliardi di dollari di riduzione del deficit commerciale degli Usa con la Cina vanno comparati con un deficit complessivo che l’anno scorso e’ stato di 337 miliardi di dollari.

Gli scambi con la Cina per la Lombardia nel 2017 hanno avuto un valore di 15,7 miliardi, 11,8 miliardi di import e quasi 4 miliardi di export. In un anno l’export lombardo verso la Cina ha registrato un incremento del 9,9%, con un import che prosegue nella crescita: +1,6%. Secondo una elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, prima per scambi e’ Milano con oltre 7 miliardi, poi Lodi con 1,8 miliardi, a seguire Bergamo, Monza, Brescia e Varese con oltre un miliardo. Primi settori di scambio: computer e apparecchi elettronici con 3,2 miliardi, tessile e moda con 2,5 miliardi (+5%), macchinari con 2,2 miliardi (+1,4%) e apparecchi elettrici e metalli con 1,5 miliardi (rispettivamente +10% e +0,6%). Seguono con 1,2 miliardi i prodotti delle altre attivita’ manifatturiere tra cui mobili, gioielleria e design (+8%) e la chimica (+11%). Crescono mezzi di trasporto (537 milioni, +27%) e alimentari (160 milioni, +18,5%).

Gli Stati Uniti esenteranno per il momento una serie di alleati tra cui Europa, Australia, Corea del Sud, Argentina e Brasile dai dazi su acciaio e alluminio che entreranno in vigore stanotte. Lo ha detto il rappresentante al commercio Usa Robert Lighthizer: “Il presidente Donald Trump ha deciso di sospendere l’imposizione dei dazi rispetto a questi paesi”, ha detto oggi Lighthizer alla commissione Finanze del Senato, secondo quanto riporta Bloomberg. “Noi abbiamo i due Paesi del Nafta e sappiamo quali sono (Canada e Messico, ndr). Abbiamo l’Europa, l’Australia, l’Argentina, il Brasile e la Corea del sud con cui stiamo negoziando”, ha detto rispondendo in un’audizione al Congresso ad una domanda sui Paesi che verranno esentati dai dazi. Schiaffo Trump alla Cina, tariffe e sanzioni per 60 mld – Donald Trump ha firmato alla Casa Bianca il Section 301 action’, un memorandum che ha come obiettivo tariffe ed altre sanzioni per un valore annuo di almeno 60 miliardi di dollari contro la Cina, accusata di rubare agli Usa segreti tecnologici e commerciali, privando le società americane di ricavi per miliardi di dollari e cancellando migliaia di posti di lavoro. Le misure colpiranno l’import cinese in circa cento categorie commerciali e imporranno restrizioni agli investimenti cinesi negli Usa. Trump ha detto di aver un “rispetto enorme” per il presidente cinese Xi e che vede Pechino come “un amico” ma che il deficit commerciale americano con la Cina è “troppo alto”, giustificando così le contromisure commerciali che si sta apprestando a firmare, dopo aver chiesto alla Cina di ridurre immediatamente il surplus di 100 miliardi di dollari.

Sicilia e Cina. Un convegno a Palermo – organizzato da Cifa e Sicilia SiCina – per illustrare le potenzialità di un mercato, qual è quello cinese, con grandi prospettive di sviluppo occupazionale, economico e turistico. Lunedì 26 febbraio 2018 alle ore 10.30 in piazza Verdi 6 a Palermo, si terrà un convegno 4.0 organizzato da Cifa in collaborazione con SiciliaSiCina sulle prospettive di sviluppo occupazionale, economico e turistico del mercato cinese e sulle sinergie possibili con la Sicilia, anche e soprattutto in considerazione del fatto che il 2018 è l’anno del Turista Europa-Cina e del cibo italiano in Cina. L’incontro vuole rappresentare per tutti gli addetti del settore, per gli operatori commerciali e per le imprese locali, una occasione di confronto sulle opportunità di business e di promozione, considerato che la Sicilia per la sua storia e cultura e per le sue potenzialità turistiche nonché per le sue ricchezze ambientali, paesaggistiche, enogastronomiche oltre che per il suo patrimonio artistico-monumentale, è sempre di più oggetto di attenzione da parte dei tour operators cinesi che hanno manifestato, durante i vari workshop del Bit di Milano, grande entusiasmo e una chiara volontà di promuovere nuove località al mercato cinese, e soprattutto le regioni del centro-sud italiano. Il convegno sarà anche una occasione utile per conoscere, attraverso il nuovo portale promo-commerciale per la cooperazione bilaterale tra Italia e Cina, www.italychinalink.com , i principali attori del nuovo corso delle relazioni istituzionali, culturali, sociali ed economiche tra Sicilia e Cina e le loro proposte per una internazionalizzazione vincente della Sicilia in Cina. Tra gli interventi previsti al Convegno, quello di Andrea Cafà, presidente Cifa (Confederazione italiana federazioni autonome) nonché fondatore della Associazione Sicilia SiCina, di Gabriella Carlucci, manager specializzata nell’industria culturale italiana, internazionale e cinese, Maria Moreni presidente di Italy-China link associazione per la cooperazione tra eccellenze italiane e cinesi, Angela Amico presidente della associazione Sicilia SiCina e l’on Saverio Romano, vicepresidente di Noi con l’Italia

“Le cose stanno cambiando anche in Cina, benche’ ci sia lo stesso regime comunista. Durante la rivoluzione culturale cinese furono distrutte tutte le tracce di religioni, incluso il buddhismo. Adesso c’e’ una rinascita velocissima delle religioni. Oggi e’ il luogo con piu’ buddisti del mondo: sono 400 milioni”. Lo ha detto il Dalai Lama, a Palermo durante la conferenza Conferenza sull'”Educazione alla Gioia”, al Teatro Massimo. “A livello governativo chi governa e’ ancora di mentalita’ molto limitata – ha aggiunto – Noi tibetani non cerchiamo indipendenza e separazione, noi ammiriamo lo spirito della Comunita’ Europea perche’ l’interesse comune e’ molto piu’ importante dell’ interesse individuali”.Anche l’uso sbagliato della religione puo’ essere distruttivo. Denominare un certo tipo di religione come terrorismo e’ sbagliato. Il terrorismo è qualcosa che fa male agli altri e se fa male agli altri, non sei più buddista, non sei più musulmano o ebreo. Un vero musulmano mai uccide, un vero buddista mai uccide”. Lo ha ribadito il leader spirituale Dalai Lama parlando del terrorismo islamico.

L’Onu torna a colpire la Corea del Nord con nuove sanzioni: ieri sera il Consiglio di sicurezza ha approvato all’unanimità una risoluzione che prevede il bando alle esportazioni tessili di Pyongyang e il divieto alle esportazioni di petrolio e gas naturale verso la Corea del Nord, fatta eccezione per una quantità da impiegare per il sostentamento della popolazione. “La Corea del Nord non ha ancora passato il punto di non ritorno”: lo ha detto l’ambasciatrice americana all’Onu, Nikki Haley, dopo l’approvazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di nuove sanzioni contro il regime asiatico, precisando che “gli Usa non cercano la guerra con Pyongyang”. “Il mondo civilizzato deve fare quello che la Corea del Nord non sta facendo, ossia fermare la sua marcia verso la costruzione di un arsenale nucleare. La scelta e’ loro. Se continueranno su questa strada continueremo ad aumentare la pressione, se decideranno di cambiare percorso il mondo vivra’ in pace con loro”, ha aggiunto la Haley. Cina, adottate ‘misure necessarie’ – La Cina ha sostenuto il Consiglio di sicurezza dell’Onu nell’adozione di “misure necessarie” sull’ultimo test nucleare della Corea del Nord del 3 settembre, il più potente dei sei fatti. Lo afferma il portavoce del ministero degli Esteri cinese Geng Shuang, secondo l’agenzia Nuova Cina. Pechino spera che le nuove sanzioni siano attuate in pieno, ribadendo l’opposizione ai sistemi antimissile Thaad in Corea del Sud. La crisi, secondo il rappresentante permanente cinese all’Onu Liu Jieyi, “deve essere risolta in modo pacifico”. Seul, sanzioni monito contro provocazioni – Le nuove sanzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu sono un “pesante” monito alla Corea del Nord, dato che altre provocazioni non potranno che aumentare le sue sfide diplomatiche ed economiche: le misure, spiega una nota del governo sudcoreano, “rappresentano il rinnovato impegno della comunità internazionale a non tollerare lo sviluppo nucleare e missilistico del Nord”. La risoluzione 2375, votata in risposta del test atomico del 3 settembre, è la nona con sanzioni per il Nord dal 2006, anno della prima detonazione nucleare.

La Cina ha presentato “una forte protesta formale” all’ambasciata della Corea del nord di Pechino contro l’ultimo test nucleare. Lo ha detto il portavoce del ministero degli esteri cinese Geng Shuang, nel corso della conferenza stampa quotidiana.
La Corea del Nord sembra aver iniziato la preparazione di un ulteriore lancio missilistico, dopo il suo sesto test nucleare compiuto ieri. Lo ha dichiarato un funzionario del Ministero della Difesa sudcoreano. “Abbiamo continuato a vedere segnali di possibili lanci di missili balistici. Prevediamo anche che la Corea de Nord possa lanciare un missile balistico intercontinentale”, ha dichiarato Chang Kyung-soo, secondo quanto riporta l’agenzia Yonhap.