Non vi sono elementi che possano, ad oggi, autorizzare ottimismi e visioni più o meno serene per il 2024. I conflitti che non accennano a scemare – russo-ucraino e israelo-palestinese su tutti – le incertezze sul piano economico e sociale, il divario sempre crescente tra povertà e ricchezza, l’incapacità di un governo mondiale, i fenomeni migratori sempre più pervasivi, le baruffe sul cambiamento climatico, gli scenari di un nuovo ordine mondiale che tendono a sconvolgere gli assetti conosciuti, sono tutti fattori che non lasciano ben sperare. Emerge chiaramente un fallimento generale della politica e della diplomazia, a tutto vantaggio di una finanza sempre più globalizzata che fa sentire i suoi morsi, il suo potere, l’inesorabilità dei suoi ritmi. Dinnanzi a tutto questo, l’Unione europea arranca, tra sovranismi che vogliono metterla in discussione e tensioni nazionalistiche che fanno sentire la propria voce. Gli States, dal canto loro, si preparano alle elezioni presidenziali che non lasciano intravedere all’orizzonte nessuno statista degno di questo nome, nè sul fronte democratico nè su quello repubblicano. India, Corea del Nord, Cina, Turchia, Russia, Brasile, alzano la voce per prepararsi a nuovi protagonismi. L’Africa, dilaniata da mille guerre e da una eterogeneità complessa, resta l’incognita per il futuro del pianeta. Assistiamo, pertanto, ad un disordine mondiale, con poche certezze, tanta instabilità e fiumi di sangue che scorrono e che nessuno riesce ad arrestare.