Puglia

La Fondazione CON IL SUD, in collaborazione con la Consulta delle Fondazioni di origine bancaria del Sud e Isole, promuove la nuova edizione del Bando dedicato al volontariato, rivolto a organizzazioni del terzo settore – in particolare odv e aps – di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia che non hanno mai ricevuto un contributo in qualità di capofila, che potranno elaborare, in rete con altri enti, proposte di evidente utilità sociale ed effetti duraturi sulle comunità territoriali attraverso la mobilitazione dei cittadini, soprattutto dei più giovani. L’iniziativa mette a disposizione 3 milioni di euro e scade il 9 maggio. Le richieste di sostegno dovranno essere presentate online, attraverso la piattaforma Chàiros accessibile dal sito www.fondazioneconilsud.it. Il bando ha l’obiettivo di sostenere interventi di volontariato sperimentale a carattere multidimensionale, finalizzati a rispondere a sfide sociali e a creare spazi di partecipazione, mobilitando nuovi volontari e aumentando il senso di comunità e protagonismo attivo dei giovani. Sarà importante prevedere il loro coinvolgimento in azioni che siano in grado di produrre un cambiamento concreto e visibile e di generare un impatto immediato per la comunità. Le organizzazioni potranno presentare proposte che rendano meno rigidi i meccanismi di gestione interna del volontariato, in coerenza con le esigenze mutevoli dei volontari stessi, trovando meccanismi di coinvolgimento più flessibili, che siano in grado di rendere l’impegno volontario compatibile con altri aspetti rilevanti della vita quotidiana e con disponibilità, talvolta più intermittenti e saltuarie, ma non per questo meno preziose e significative. “Il mondo del volontariato è una risorsa incredibile per le nostre comunità: diversi ambiti di intervento e vocazioni accomunate dal desiderio di fare qualcosa di utile per gli altri, creando legami sociali e mettendo al centro il benessere e i bisogni della collettività. La Fondazione CON IL SUD continua con convinzione a sostenerlo e a promuovere la mobilitazione di nuovi volontari soprattutto tra i più giovani”, ha dichiarato Stefano Consiglio, Presidente della Fondazione CON IL SUD. “Con piacere le Fondazioni aderenti alla Consulta collaborano alla diffusione e divulgazione dell’iniziativa sui rispettivi territori di competenza rafforzando l’alleanza con la Fondazione CON IL SUD volta a promuovere comunità coese in grado di rispondere alle sfide e ai bisogni dei cittadini attraverso la mobilitazione dei volontari” ha dichiarato Raffaele Bonsignore, Presidente della Consulta e di Fondazione Sicilia. Attraverso i precedenti bandi sul volontariato la Fondazione CON IL SUD ha assegnato oltre 27 milioni di euro per sostenere 405 iniziative al Sud e 6,4 milioni per finanziare le attività ordinarie di quasi 300 organizzazioni di volontariato meridionale.

Al via la raccolta del mango in Italia dove salgono a oltre mille gli ettari coltivati a frutta tropicale per effetto dei cambiamenti climatici che stanno modificando radicalmente la mappa delle produzioni agricole, con l’arrivo dei frutti esotici al Sud e la migrazione degli ulivi che arrivano sulle Alpi a Nord. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti nell’evidenziare gli effetti dell’innalzamento delle temperature e della maggiore intensità delle precipitazioni. Le coltivazioni di frutta esotica Made in Italy – evidenzia la Coldiretti – sono moltiplicate negli ultimi anni superando i mille ettari fra Sicilia, Puglia e Calabria dove sempre più spesso prima si sperimentano e poi si avviano vere e proprie piantagioni di frutta originaria dell’Asia e dell’America Latina dalle banane al mango, dall’avocado al lime, dal frutto della passione all’anona, dalla feijoa al casimiroa, dallo zapote nero fino ai litchi. A far la parte del leone è la Sicilia con coltivazioni di avocado e mango di diverse varietà la cui raccolta prosegue sino alla fine di novembre. Un risultato che è il frutto della tendenza al surriscaldamento in Italia dove la classifica degli anni più roventi negli ultimi due secoli si concentra proprio nell’ultimo decennio e comprende nell’ordine il 2022 il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020 mentre anche il 2023 si classifica fino ad ora in Italia nella top ten degli anni più caldi di sempre con una temperatura superiore di 0,67 gradi la media storica che lo classifica al terzo posto tra le più alte mai registrate nel periodo dal 1800, quando sono iniziate le rilevazioni, secondo l’analisi della Coldiretti sui dati Isac Cnr nei primi sette mesi.

Sono 710 gli interventi effettuati dai Vigili del Fuoco in Sicilia dal 23 luglio a oggi per l’emergenza incendio. Quelli in coda sono 240. Gli uomini impegnati sono 3.029, cento gli extra regionali, mentre i mezzi impegnati sono 70. Per quanto riguarda le altre regioni del Sud 407 interventi in Calabria (1.588 uomini), 281 in Sardegna (550 uomini) e 540 in Puglia (832 uomini). Sul fronte dei mezzi impiegati in Sicilia i Canadair sono 4 e un elicotteri Erickson S64. In Calabria 6 canadair e un Erickson S64, mentre due Canadair sono impegnati rispettivamente in Puglia e Sardegna. Per quanto riguarda il maltempo in Lombardia 2.077 gli interventi effettuati e 296 in coda con 2.900 uomini (17 extra regionali) e 500 mezzi. In Emilia Romagna dall’inizio dell’emergenza, ovvero dal 2 maggio a oggi 19.650 interventi, 35.786 uomini impiegati e 160 mezzi di cui 70 extra regione.

Italia in forte ritardo nella realizzazione di nuovi impianti da rinnovabili: sono 1364 quelli in lista d’attesa e ancora in fase di valutazione, il 76% distribuito tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Sono i numeri del nuovo report di Legambiente ‘Scacco matto alle rinnovabili 2023′ presentato questa mattina alla Fiera K.Ey di Rimini insieme ad un pacchetto di proposte e ad un’analisi su 4 legge nazionali e 13 leggi regionali che frenano la corsa delle fonti pulite. A pesare sullo sviluppo delle rinnovabili, secondo l’associazione, “norme obsolete e frammentate, la lentezza degli iter autorizzativi, gli ostacoli e le lungaggini burocratiche di Regioni e Soprintendenze ai beni culturali” oltre ai “no delle amministrazioni comunali e le opposizioni locali Nimby (Not In My Backyard) e Nimto (Not In My Terms of Office)”. Più nel dettaglio, spiega Legambiente, “ad oggi nella Penisola sono 1364 gli impianti in lista d’attesa, ossia in fase di Via, di verifica di Assoggettabilità a Via, di valutazione preliminare e di Provvedimento Unico in Materia Ambientale a livello statale. Il 76% distribuito tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. A fronte di questo elevato numero di progetti in valutazione, e nonostante le semplificazioni avviate dall’ex governo Draghi e l’istituzione e il potenziamento appena stabilito delle due Commissioni Via-Vas che hanno il compito di rilasciare un parere sui grandi impianti strategici per il futuro energetico del Paese, sono pochissime le autorizzazioni rilasciate dalle Regioni negli ultimi 4 anni. Nel 2022 “solo l’1% dei progetti di impianti fotovoltaici ha ricevuto, infatti, l’autorizzazione. Si tratta del dato più basso degli ultimi 4 anni se si pensa che nel 2019 a ricevere l’autorizzazione sono state il 41% delle istanze, per poi scendere progressivamente al 19% nel 2020, al 9% nel 2021. Ancor peggio i dati dell’eolico on-shore con una percentuale di autorizzazioni rilasciate nel 2019 del 6%, del 4% nel 2020, del 1% nel 2021 per arrivare allo 0% nel 2022. Dati nel complesso preoccupanti se si pensa che negli ultimi anni sono aumentati sia i progetti presentati sia le richieste di connessione alla rete elettrica nazionale di impianti di energia a fonti rinnovabili, quest’ultime sono passate da 168 GW al 31 dicembre 2021 ad oltre 303 GW al 31 gennaio 2023”. “Altro campanello d’allarme – avverte l’associazione – è rappresentato anche dalla lentezza delle installazioni, come emerge dagli ultimi dati Terna, appena 3.035 MW nel 2022 – e l’incapacità produttiva del parco complessivo di sopperire alla riduzione di produzione. Le fonti rinnovabili, fotovoltaico a parte, nel 2022 hanno fatto registrare, tutte, segno negativo. L’idroelettrico, complice l’emergenza siccità, registra un meno 37,7% a cui si aggiunge il calo del 13,1% in tema di produzione da pompaggi che portano il contributo delle rinnovabili, rispetto ai consumi complessivi, al 32%. Ovvero ai livelli del 2012. Ostacoli che Legambiente racconta anche nella mappa aggiornata dei luoghi simbolo con storie, che arrivano dal Nord al Sud della Penisola, di progetti bloccati e norme regionali e locali che ostacolano le rinnovabili. Ventiquattro le nuove storie sintetizzate nella mappa, che si aggiungono alle 20 dello scorso anno. Tra i casi più emblematici quelli di Puglia, Toscana e Sardegna. Di fronte a questo quadro, Legambiente rilancia oggi le sue proposte per accelerare lo sviluppo delle rinnovabili in Italia e l’effettiva realizzazione degli impianti “a partire dall’aggiornamento delle Linee Guida per l’autorizzazione dei nuovi impianti ferme al 2010 e un riordino delle normative per arrivare, attraverso un lavoro congiunto, tra il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, il ministero delle Imprese e del Made in Italy e il ministero della Cultura, ad un Testo Unico che semplifichi gli iter di autorizzazione degli impianti, definisca in modo univoco ruoli e competenze dei vari organi dello Stato, dia tempi certi alle procedure. In questa partita rimane centrale il dibattito pubblico, uno strumento strategico sia per migliorare l’accettabilità sociale dei progetti sia per accelerare i processi autorizzativi ed evitare contenziosi inutili”. ”Al governo Meloni – dichiara il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani – torniamo a ribadire che il Paese non deve diventare l’hub del gas, ma quello delle rinnovabili. Se davvero si vuole contrastare la crisi climatica, accelerare la transizione ecologica e centrare gli obiettivi di decarbonizzazione indicati dall’Europa, l’Italia deve puntare con fermezza su rinnovabili, efficienza, autoproduzione, reti elettriche e accumuli. In questo percorso, è indispensabile che il governo metta in campo una politica di breve, medio e lungo periodo anche rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione non più rimandabili. Primo fra tutti occorre semplificare l’iter dei processi autorizzativi per garantire certezza dei tempi e potenziare gli uffici delle Regioni che rilasciano le autorizzazioni affinché gestiscano meglio i progetti che si stanno accumulando. Occorre riordinare la normativa sulle rinnovabili e aggiornare il Pniec rispondendo al nuovo scenario energetico che dovrà evolvere verso la configurazione di nuovi paesaggi sempre più rinnovabili e pensando sia agli obiettivi di decarbonizzazione al 2035 sia al modo migliore di integrarle nei territori”. ”Le fonti rinnovabili, insieme a politiche serie e lungimiranti di efficienza energetica, rappresentano una chiave strategica non solo per decarbonizzare il settore energetico, priorità assoluta nella lotta alla crisi climatica, ma anche per portare benefici strutturali nei territori e alle famiglie e per creare opportunità di crescita ed innovazione in ogni settore. Se è vero che non esiste l’impianto perfetto – commenta Katiuscia Eroe, responsabile nazionale energia di Legambiente – è altrettanto vero che questi impianti possono essere integrati al meglio ed essere valore aggiunto per i cittadini e le cittadine che vivono quei territori. Per questo è fondamentale non depotenziare uno strumento prezioso come quello del dibattito pubblico, come rischia di fare il governo Meloni con la nuova proposta del Codice degli Appalti. La partecipazione dei territori e il loro protagonismo sono parte essenziale della giusta transizione energetica’.

Dopo la brusca frenata del 2020, l’imprenditoria femminile torna a correre: nel 2021 si registrano 7.294 imprese attive in più (+0,6%), una crescita che riporta il totale di imprese rosa ai livelli pre-pandemia. Ma la crescita non è omogenea: commercio al dettaglio e ristorazione, tra i comparti più colpiti dalla pandemia, continuano a soffrire e perdono quasi 2mila attività in 12 mesi. È quanto emerge dalle elaborazioni condotte dall’Ufficio economico Confesercenti su dati camerali di natimortalità delle imprese in occasione della Giornata Internazionale della Donna. L’analisi territoriale mostra una crescita diffusa di imprese rosa, in aumento in 17 regioni su 20. L’incremento è stato più rapido in Trentino, Lombardia (rispettivamente +1,7% e +1,6%), Sicilia e Puglia (+1,2%), mentre tra le regioni che hanno registrato una riduzione delle imprese femminili, la discesa è risultata più rapida nel Lazio (-1,7%). Il ritorno alla crescita dell’imprenditoria femminile si accompagna ad una tendenza al consolidamento organizzativo. Ad aumentare sono infatti soprattutto le consistenze delle società di capitale (+4,1% a fine 2021) – con il settore dell’alloggio sopra la media nazionale (+5,5%) – mentre si riduce invece il numero di società di persone (-1,7% rispetto al 2020). La ripresa nasce dunque dalle società di capitali, tipologia di azienda più strutturata e “robusta” sotto il profilo organizzativo e gestionale. “Nonostante le difficoltà, le imprenditrici hanno dimostrato di sapere mettersi in discussione e creare opportunità per loro stesse e per gli altri, fornendo un contributo fondamentale alla ripresa e all’economia. Un contributo che si traduce non solo in un aumento del Pil, ma anche in una maggiore consapevolezza sui temi della responsabilità sociale e della sostenibilità, molto sensibili per le donne”, commenta la Presidente di Impresa Donna Confesercenti Barbara Quaresmini. “È però necessario fare di più per sostenere le imprese al femminile, che sono ancora solo il 22,6% del totale. Confesercenti sta studiando linee di credito dedicate alle donne, per rafforzare ulteriormente il servizio di accesso al credito dell’associazione, già ben strutturato e a disposizione dalle sedi territoriali. Ma sarà fondamentale anche utilizzare fino in fondo le risorse messe a disposizione dal PNRR per l’imprenditoria femminile, un fronte su cui Confesercenti sta profondendo il massimo impegno, non solo partecipando ai tavoli istituzionali, ma progettando anche iniziative ad hoc”.

Nel 2019 gli enti locali sciolti per mafia sono stati 21: 8 in Calabria, 7 in Sicilia, 3 in Puglia, 2 in Campania e 1 in Basilicata. Il calcolo lo fa Avviso Pubblico, rete di Enti locali e Regioni contro le mafie, Considerando anche le proroghe di precedenti scioglimenti – 26 nel 2019 – si ottiene la cifra piu’ rilevante di questi 29 anni. Dal 1991, anno di entrata in vigore della legge che disciplina tale istituto, e’ la settima volta che viene superata la soglia dei 20 scioglimenti. Considerando anche le proroghe, si ottiene la cifra piu’ rilevante di questi 29 anni. I dati di Avviso Pubblico, rete di Regioni ed Enti locali contro le mafie, dicono che nel complesso sono stati emanati 545 decreti ex art. 143 del testo unico sugli enti locali, dei quali 205 di proroga; su 340 decreti di scioglimento, 23 sono stati annullati dai giudici amministrativi. Gli enti la cui gestione amministrativa, durante il 2019, e’ stata affidata ad una commissione straordinaria sono quelli di: Careri (Reggio Calabria; sciolto una prima volta nel 2012), Pachino (Siracusa), San Cataldo (Caltanissetta), Mistretta (Messina), Palizzi (Reggio Calabria), Stilo (Reggio Calabria), Arzano (Napoli; al terzo scioglimento, dopo quelli del 2008 e del 2015), San Cipirello (Palermo), Sinopoli (Reggio Calabria; gia’ sciolto nel 1997), Torretta (Palermo; sottoposto a scioglimento nel 2005; archiviato nel 2014), Misterbianco (Catania; gia’ tra i primi enti sciolti nel 1991), Cerignola (Foggia), Manfredonia (Foggia), Orta di Atella (Caserta; al secondo scioglimento, dopo quello del 2008), Africo (Reggio Calabria; giunto al terzo provvedimento dissolutorio, dopo quelli del 2003, successivamente annullato, e del 2014), Carmiano (Lecce), Mezzojuso (Palermo), San Giorgio Morgeto (Reggio Calabria), Scanzano Jonico (Matera), dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria (sciolta anche nel 2008) e dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro. Si tratta sempre di Amministrazioni collocate nel Meridione del Paese; per la precisione: 8 in Calabria, 7 in Sicilia, 3 in Puglia, 2 in Campania e 1 in Basilicata.

Rispetto ai casi di corruzione dall’agosto 2016 all’agosto 2019 dal “punto di vista numerico, spicca il dato relativo alla Sicilia, dove nel triennio sono stati registrati 28 episodi di corruzione (18,4% del totale) quasi quanti se ne sono verificati in tutte le regioni del Nord (29 nel loro insieme)”. È quanto emerge dal dossier ‘La corruzione in Italia nel triennio 2016-2019: numeri, luoghi e contropartite del malaffare’, presentato dal Presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, che analizza i casi di corruzione registrati in Italia nell’ultimo triennio. “A seguire, il Lazio (con 22 casi), la Campania (20), la Puglia (16) e la Calabria (14). I dati dicono che ad “essere interessate sono state pressoché tutte le regioni d’Italia, a eccezione del Friuli Venezia Giulia e del Molise. Ciò – precisa l’Anac – non implica che queste due regioni possano considerarsi immuni, ma semplicemente che non vi sono state misure cautelari nel periodo in esame. In Molise, ad esempio, vi sono stati arresti per corruzione nella primavera 2016, mentre la Procura di Gorizia, nell’ambito di una grande inchiesta sugli appalti, ha disposto nel 2018 numerose perquisizioni

“Renzi non credo voglia fare il Congresso Pd, ha paura di perdere, in generale, non solo contro di me”. Lo dice Michele Emiliano, governatore della Puglia, al programma di Rai Radio1 Un Giorno da Pecora, condotto da Giorgio Lauro e Geppi Cucciari. Che auguri di Natale farei a Renzi? Gli auguro di aver vicino tante persone che gli vogliano bene e che gli dicano la verità. Si spieghi meglio. “Per una persona come lui che, mi auguro, anche in futuro possa avere delle responsabilità, avere intorno gente che ti dice la verità può esser fastidioso. Io per esempio – ha spiegato a Rai Radio1 Emiliano – mi rendo conto che gli ho dato fastidio e me ne scuso, ma è necessario, anzi è un dovere costituzionale, dire la verità ad una persona che ricopre un incarico come il suo”.

Puglia, scontro fra teni tra Andria e Corato: al momento almeno 20 i morti e oltre 50 i feriti. Uno scontro quello verificatosi fra due treni a nord di Bari, tra Andria e Corato. Sul posto è intervenuta la polizia ferroviaria di Bari, i vigili del fuoco e le ambulanze del 118. L’impatto frontale, avvenuto all’inizio di una curva su binario unico, é avvenuto in aperta campagna. Uno dei due convogli era partito da Corato ed era diretto ad Andria e l’altro, viceversa, proveniva da Andria e andava in direzione Corato. A bordo di quel treno, ogni giorno, oltre ai pendolari e agli studenti, ci sono anche molti viaggiatori che devono raggiungere l’aeroporto di Bari. Sconcerto e indignazione per l’incidente.  Per il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si tratta di una ‘tragedia inammissibile’.