Byung Chul Han é un filosofo tedesco di origini coreane, nemico della globalizzazione e dei suoi schemi. Nel suo breve ma intenso saggio ‘La società della stanchezza’ edizioni Nottetempo, ci lancia un monito. Siamo prigionieri inconsapevoli di un sistema che abbiamo scelto e che non ci dà tregua. Non abbiamo piu’ tempo per nulla. E’ un disagio, il nostro, figlio della prestazione e dell’ansia, dell’angoscia che produce. Nostri padroni sono l’iperattività e il multitasking, causa entrambe di depressioni e nevrosi, perché vogliamo far tutto e bene nel minor tempo possibile. Ci hanno fatto credere che sia possibile. E così rinunciamo a noi stessi, alla nostra essenza, alla capacità di leggere e di osservare ciò che facciamo. Paghiamo il prezzo di una iperproduttività che ci costringe ad essere in forma per non perdere il ritmo ed il passo, per non essere sorpassati e messi in discussione. Siamo bersagli di un eccesso di merci, di informazioni, di impulsi, di desideri che non ci appartengono e di sogni indotti da altri. Non ci é permesso di essere stanchi, in una società della stanchezza mal accettata. Chi si ferma é perduto e invece solo fermandoci per un attimo, possiamo salvarci. Prima che sia troppo tardi, ma é necessario accorgersi essere solo un meccanismo, per ribellarsi ove possibile a questa infausta, esiziale circostanza.