disinformazione

Che in ogni guerra la verità fosse la prima vittima lo sappiamo da sempre. Aveva ragione Eschilo. Oggi possiamo dirlo ancora con maggiore cognizione di causa. Le attività di propaganda e di disinformazione in questo conflitto russo-ucraino non conoscono sosta perché si ha la consapevolezza che gran parte dell’esito di questa guerra dipenda da come verrà raccontata, dalla capacità di condizionamento che verrà esercitata sugli alleati più o meno palesi, dall’influenza e dalle pressioni che agiranno sull’opinione pubblica mondiale e, quindi, sui governi. Inutile negare, in tal senso, il ruolo nevralgico della tecnologia digitale nelle attuali dinamiche del conflitto, soprattutto come strumento per attacchi informatici e per amplificare gli effetti negativi dell’opera di disinformazione. Una specie di inedito cyber-conflitto dalle complesse dinamiche e dagli effetti incontrollabili. Le notizie che giungono in tempo reale dal teatro di guerra, l’impatto del virtuale sul conflitto, offrono un quadro che va interpretato ed è in questi spazi che si innesta il dibattito sulle ragioni e sui torti, sugli eccessi, le responsabilità e le colpe di un fronte sull’altro. In questo contesto proliferano, senza alcuna forma di controllo, campagne di disinformazione per quella che in molti hanno definito la prima guerra di Internet con l’avvento dell’era dei social media, proprio per evidenziare l’impatto che il virtuale sta assumendo sull’evoluzione del conflitto. Putin da una parte e Zelensky dall’altra, a contendersi i favori dei social media. In tutto questo, il controllo delle informazioni da parte del Cremlino e la chiusura di emittenti nazionali indipendenti, cosi come la sospensione dei servizi giornalistici resi dalla stampa internazionale. La libera stampa si conferma non solo come l’elemento che, più di altri, connota uno Stato, il suo livello di libertà e di democrazia, ma anche come lo strumento grazie al quale un governo può condizionare in un senso o nell’altro, il dibattito e il confronto tra i vari attori e la formazione di una pubblica opinione.

“Sul tema dei vaccini ci sono politici e professionisti della disinformazione che hanno creato ad arte un clima infame. Questi soggetti sono totalmente privi di scrupoli e cercano di far passare per pericoloso il nostro disegno di legge, a mia prima firma, che si fonda sull’approccio della raccomandazione; approccio che trova applicazione in moltissimi paesi avanzati dove le coperture vaccinali sono assolutamente ottimali. La nostra proposta, inoltre, ricalca il modello vigente in Italia prima del decreto Lorenzin. Un modello che pero’ era sostanzialmente disapplicato, tanto che il calo della copertura vaccinale nel paese si e’ accentuato proprio nel corso degli ultimi anni, quando alla guida del Ministero della Salute c’era la Lorenzin”. Cosi’ la senatrice del MoVimento 5 Stelle Paola Taverna.

Il problema delle bufale che circolano in Rete “esiste, poi le soluzioni possono essere varie, con la mia intervista io volevo sollevare un tema: nella libertà di espressione é compreso il diritto alla menzogna?”. Lo ha detto il presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella, intervenendo a Radio anch’io, su Radio Uno, e sottolineando come le sue parole non si limitassero alla politica ma anche ad altri campi. Due esempi su tutti: la disinformazione sui vaccini e la vicenda della 31enne suicida per i video hard diffusi in Rete. “Non ho mai parlato di un’autorità che controlli la rete o di censura – precisa – ma quando esistono vicende che riguardano bufale, siamo sicuri che non ci vogliamo dare delle regole per intervenire e stabilire un po’ di ordine? Siamo sicuri che le attuali procedure giudiziarie rispettino i tempi di discussione della Rete? Occorre un intervento più veloce” anche “da parte degli stessi giudici” attraverso “regole più rapide”. Anche perché “oggi i tempi della legge sono ancora troppo lenti rispetto alla Rete”. In ogni caso, Pitruzzella si augura che “il dibattito continui con toni civili e pacati”.