presidenziali

L’ex Capo di Stato brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva rimane saldamente in testa nei sondaggi per le presidenziali, nonostante la condanna in appello per corruzione che potrebbe escluderlo dai candidati. La rilevazione di Datafolha pubblicata dal quotidiano a Folha de Sao Paulo – il primo sondaggio dopo la condanna – dà a Lula fra il 34% e il 37% delle preferenze al primo turno, contro il 16-18% del candidato dell’estrema destra, Jair Bolsonaro. Al ballottaggio poi Lula si aggiudicherebbe il 49% dei voti contro il 32% di Bolsonaro, che uscirbbe sconfitto anche da uno qualsiasi degli altri candidati nel caso in cui l’ex Presidente non potesse partecipare. Il sondaggio è stato condotto su un campione di 2.826 persone con un margine di errore di due punti percentuali.

Il procuratore speciale Robert Mueller avrebbe concordato con i legali del presidente Donald Trump di sentire il presidente nell’ambito dell’inchiesta conosciuta come Russiagate sulle presunte interferenze russe sulla campagna elettorale per le presidenziali.
Lo riferisce il quotidiano “Washington Post”, come riportano le agenzie, precisando che Mueller aveva chiesto di poter interrogare Trump nel dicembre 2017. I legali di Trump starebbero negoziando per ottenere che il presidente risponda per iscritto a parte delle domande degli investigatori. La Casa Bianca ha rifiutato di commentare le informazioni secondo cui il presidente Trump, potrebbe essere ascoltato dal procuratore speciale Mueller.

Hillary Clinton potrebbe contestare la legittimità della vittoria di Donald Trump alle presidenziali del 2016. L’ex first lady, in una intervista alla rete televisiva pubblica Npr, ha spiegato che potrebbe agire in questo modo se dalle indagini in corso dovesse emergere l’influenza della Russia sul voto più profonda di quanto immaginato finora. La Clinton è intervenuta su questo argomento dopo l’audizione davanti alla commissione intelligence del Senato di John Podesta, l’ex presidente della sua campagna elettorale

Con tre candidati gia’ praticamente per le elezioni presidenziali del 2018 a Cipro, solo il Partito progressista dei lavoratori (Akel) deve ancora rendere nota la propria candidatura. Secondo quanto riferisce il sito web d’informazione “InCyprus”, l’ufficio politico del partito avrebbe completato la lista dei papabili, restringendola a tre nomi. Il presidente Nicos Anastasiades, intanto, ha gia’ avviato la sua campagna presidenziale nonostante non abbia annunciato formalmente la sua ricandidatura. La sua recente dura retorica sulla questione di Cipro – relativamente alla riunificazione dell’isola – sembra un tentativo di avvicinarsi alle posizioni dei nazionalisti del Raggruppamento democratico (Disy) che in passato avevano espresso il loro disaccordo con la politica del capo dello stato su questo tema. Al tempo stesso Anastasiades, tuttavia, ha dichiarato la sua volonta’ di esplorare ogni possibile via per garantire la soluzione del problema di Cipro lasciando aperta la possibilita’ a un nuovo ciclo di colloqui di Ginevra.
Il primo candidato presidenziale ufficiale, il leader del Partito democratico (Diko) Nicolas Papadopoulos, ha iniziato i colloqui presso il quartier generale della sua campagna elettorale con i principali esponenti dei partiti che lo sostengono. Proponendo l’adozione di una nuova strategia sulla questione di Cipro ed escludendo sin dall’inizio qualsiasi cooperazione con il Disy e l’Akel, il presidente del Diko e’ il candidato ufficiale del cosiddetto “spazio intermedio”. Papadopoulos e’ sostenuto, oltre che dal Diko, dal Movimento per la democrazia sociale (Adek); dal Movimento della solidarieta’; e punta a ottenere anche il sostegno dei verdi e dei membri scontenti dell’Alleanza dei cittadini. Quest’ultimo schieramento, infatti, e’ coinvolto attualmente in una crisi interna. Il presidente e fondatore dell’Alleanza dei cittadini, Giorgos Lilikas, nonostante la disapprovazione dei vertici del partito starebbe, infatti, per annunciare la sua candidatura alle presidenziali del 2018.

“Il doppio turno delle elezioni francesi e’ tra due idee diverse e opposte di Europa. Una e’ quella della Le Pen che vuole uno stato-nazione al di fuori di tutto e una e’ quella di Macron che porta avanti esattamente l’idea opposta, quella di una maggiore integrazione europea. Domani sera si chiarira’ in quale direzione vorra’ andare la Francia”. Lo dice Enrico Letta a Tgcom 24.

Con lo spoglio del 56,56% delle schede elettorali, il premier Aleksandar Vucic si conferma vincitore delle presidenziali di ieri in Serbia con il 57,03% dei consensi. Ne ha dato notizia nella notte la commissione elettorale di Belgrado. Alle spalle di Vucic, ma a grandissima distanza, l’ex ombudsman Sasha Jankovic con il 14,89% dei voti, seguito dal giovane campione dell’anti-politica Luka Maksimovic, alias Ljubisa Preletacevic Beli, al quale va il 9,04% dei voti, dall’ex ministro degli esteri Vuk Jeremic con il 5,33% e dal leader ultranazionalista Vojislav Seselj con il 4,49%.

Marine Le Pen, candidata del Front National francese alle presidenziali, ha accusato l’Unione europea di “deriva autoritaria” perché lavora a un “progetto oscuro” di un esercito europeo che ha l’obiettivo di “tenere a bada il popolo con le armi”. “Oggi il ‘sistema’ cerca di venderci l’idea assurda, stupida di un esercito europeo – ha dichiarato Le Pen parlando a 1.500 persone durante un comizio in una sala mezza vuota – L’Europa dal punto di vista della realtà politica e umana sarà sempre una moltitudine di popoli, di stati e di interessi. Quindi mi chiedo ancora, a che serve un esercito europeo?”. E la risposta della candidata del Fn è: “Forse per mettere a tacere tutte le velleità di indipendenza degli stati e finalmente tenere a bada il popolo con le armi?”. E ancora: “Questo costituirebbe una minaccia intollerabile per le libertà fondamentali dei popoli europei”.

La candidata alle presidenziali francesi Marine Le Pen sarà in Libano il 19 e 20 febbraio e incontrerà il presidente Michel Aoun e il premier Saad) Hariri on Monday. Lo ha riferito una fonte governativa libanese. Nelle dichiarazioni più legate alla politica estera della sua campagna elettorale la Le Pen ha preso l’impegno di combattere il “terrorismo” e ha invitato la Fancia a dialogare col presidente sirianao Assad trovando una consonanza col presidente libanese Aoun, storico alleato di Assad mentre Hariri è un fiero oppositore del regime siriano responsabile, a suo avviso, dell’omicidio del padre, l’ex premier Rafiqw Hariri nel 2005.