Approfondimento

“Nei Pronto soccorso italiani mancano circa 5mila medici di emergenza urgenza e i numeri peggioreranno nei prossimi anni, considerando i molti pensionamenti”. E ad essere interessate da criticità “sono un po’ tutte le regioni, a partire dalla Sardegna e la Sicilia”. A fare il quadro è Fabio De Iaco, presidente della Società della medicina di emergenza e urgenza (Simeu), a margine della presentazione della campagna “Noi salviamo vite”, tenutasi oggi al ministero della Salute. “In Sardegna – spiega De Iaco – ormai vediamo sopravvivere solo tracce della medicina di urgenza, mentre la massima parte è gestita in modo extra servizio sanitario, ad esempio tramite cooperative private. Anche la Sicilia negli ultimi tempi ha avuto grosse difficoltà”. Ma le regioni del nord non sono da meno: “Solo in Piemonte, dove lavoro, – precisa il presidente Simeu – mancano già oggi 300 medici di pronto soccorso e nei prossimi due anni si specializzeranno non più di 40 professionisti, lasciando un ampio gap tra necessità e le coperture reali”. Il problema è che a scegliere questa specializzazione sono sempre meno giovani. Per arginare l’emorragia, aggiunge De Iaco, “non basta quindi aumentare contratti o fare concorsi, perché la gente non partecipa ai bandi. La soluzione è quindi sicuramente pagare di più chi fa questo lavoro ma anche contrattualizzare gli specializzandi, riconoscendo il lavoro che fanno. Cambiare in modo strutturale le scuole di specializzazione, facendo in modo che, da un certo momento in poi questi professionisti siano inseriti nel sistema ospedaliero”. Cosa che oggi accade, in base al decreto Calabria, “ma solo su base volontaria e con forti differenze regionali. Questo è l’unico modo – conclude – per non chiudere i servizi”.

La Fondazione CON IL SUD, in collaborazione con la Consulta delle Fondazioni di origine bancaria del Sud e Isole, promuove la nuova edizione del Bando dedicato al volontariato, rivolto a organizzazioni del terzo settore – in particolare odv e aps – di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia che non hanno mai ricevuto un contributo in qualità di capofila, che potranno elaborare, in rete con altri enti, proposte di evidente utilità sociale ed effetti duraturi sulle comunità territoriali attraverso la mobilitazione dei cittadini, soprattutto dei più giovani. L’iniziativa mette a disposizione 3 milioni di euro e scade il 9 maggio. Le richieste di sostegno dovranno essere presentate online, attraverso la piattaforma Chàiros accessibile dal sito www.fondazioneconilsud.it. Il bando ha l’obiettivo di sostenere interventi di volontariato sperimentale a carattere multidimensionale, finalizzati a rispondere a sfide sociali e a creare spazi di partecipazione, mobilitando nuovi volontari e aumentando il senso di comunità e protagonismo attivo dei giovani. Sarà importante prevedere il loro coinvolgimento in azioni che siano in grado di produrre un cambiamento concreto e visibile e di generare un impatto immediato per la comunità. Le organizzazioni potranno presentare proposte che rendano meno rigidi i meccanismi di gestione interna del volontariato, in coerenza con le esigenze mutevoli dei volontari stessi, trovando meccanismi di coinvolgimento più flessibili, che siano in grado di rendere l’impegno volontario compatibile con altri aspetti rilevanti della vita quotidiana e con disponibilità, talvolta più intermittenti e saltuarie, ma non per questo meno preziose e significative. “Il mondo del volontariato è una risorsa incredibile per le nostre comunità: diversi ambiti di intervento e vocazioni accomunate dal desiderio di fare qualcosa di utile per gli altri, creando legami sociali e mettendo al centro il benessere e i bisogni della collettività. La Fondazione CON IL SUD continua con convinzione a sostenerlo e a promuovere la mobilitazione di nuovi volontari soprattutto tra i più giovani”, ha dichiarato Stefano Consiglio, Presidente della Fondazione CON IL SUD. “Con piacere le Fondazioni aderenti alla Consulta collaborano alla diffusione e divulgazione dell’iniziativa sui rispettivi territori di competenza rafforzando l’alleanza con la Fondazione CON IL SUD volta a promuovere comunità coese in grado di rispondere alle sfide e ai bisogni dei cittadini attraverso la mobilitazione dei volontari” ha dichiarato Raffaele Bonsignore, Presidente della Consulta e di Fondazione Sicilia. Attraverso i precedenti bandi sul volontariato la Fondazione CON IL SUD ha assegnato oltre 27 milioni di euro per sostenere 405 iniziative al Sud e 6,4 milioni per finanziare le attività ordinarie di quasi 300 organizzazioni di volontariato meridionale.

L’Italia studia un Piano nazionale per le Malattie cardio, cerebro e vascolari Più di 226.000 i decessi legati a queste patologie nel 2020. Il burden economico associato è invece quantificabile in 42 miliardi di euro Ministero della Salute, istituzioni regionali, Istituto superiore di sanità e le principali società scientifiche del mondo cardio, cerebro e vascolare (ANMCO, GISE, SIC e SICVE) insieme per discutere e confrontarsi sull’urgenza di avere un Piano Nazionale per le Malattie Cardio, Cerebro e Vascolari. Sullo sfondo il lavoro di Meridiano Cardio, la piattaforma sulle patologie cardio, cerebro e vascolari di The European House- Ambrosetti, che ha proposto l’attivazione di un gruppo di lavoro da parte del ministero della Salute per l’elaborazione di un Piano Nazionale. Dopo diversi Piani di patologia licenziati dal ministero della Salute, dedicati alla malattia diabetica, ai tumori, alla Salute mentale, alle malattie rare, un Piano specifico per le malattie cardio, cerebro e vascolari non è più rinviabile considerato l’elevato burden ad esse associato. Si parla di patologie che continuano a rappresentare la prima causa di mortalità e di ricovero ospedaliero e tra le principali cause di disabilità nel nostro Paese. Sono stati infatti più di 226.000 i decessi legati a queste patologie nel 2020, con un tasso di mortalità standardizzato che varia dal 23,2 per 10.000 abitanti della Sardegna ai 36,9 della Campania. Il burden economico associato è invece quantificabile in 42 miliardi di euro considerando i costi diretti e indiretti, tra cui la perdita di produttività, l’assistenza informale e i costi sociali. A livello di costo pro capite l’Italia è seconda solo alla Germania tra i principali Paesi europei (726 vs. 903 euro). Si tratta di malattie caratterizzate da una molteplicità di fattori di rischio, modificabili e non, tra cui l’età è uno dei più significativi: l’evoluzione del contesto demografico, con una popolazione over-65 destinata a crescere dal 24,1% del 2023 al 34,9% del 2050, fa sì che queste patologie saranno sempre più una priorità di sanità pubblica. “Analizzando l’attuale gestione dei pazienti cardio, cerebro e vascolari, Meridiano Cardio ha individuato 6 ambiti di intervento su cui è importante agire- ha affermato Daniela Bianco, Partner e Responsabile dell’Area Healthcare di The European House- Ambrosetti- Per ciascuno di questi ambiti sono stati individuati 1 obiettivo specifico e un piano di azione per un totale di 30 interventi. Va sottolineato come sia fondamentale agire anche sulle difformità regionali al fine di ridurre le disuguaglianze negli outcome di Salute e garantire l’equità nelle cure, uno dei pilastri del nostro Ssn che quest’anno compie 45 anni”. L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE E DELLA DIAGNOSI PRECOCE – Con riferimento alla prevenzione primaria e secondaria e diagnosi precoce, va sottolineato come l’80% dei decessi legati a queste malattie sia prevenibile. Contestualmente, il 98% della popolazione è esposto ad almeno un fattore di rischio e l’82% dei maggiorenni non ha uno stile di vita sano. Guardando alla prevenzione secondaria, l’82% dei pazienti in prevenzione secondaria ancora non raggiunge il target di colesterolo LDL< 55mg/dL previsto dalle più recenti linee guida EAS/ESC. Gli screening cardiovascolari permettono una diagnosi precoce e l'implementazione di interventi tempestivi: in 10 piccoli comuni, lo screening di oltre 1.000 over-65 ha permesso di rilevare una prevalenza delle patologie valvolari nelle forme lieve e moderata 3 volte superiore rispetto a dati non di real world. L'accesso all'innovazione tecnologica e farmacologica ha permesso, tra il 1990 e il 2020, una riduzione del tasso di mortalità per queste patologie, ma il nostro Paese presenta ancora alcune criticità rilevanti. Solo per citare alcuni esempi, il 60% dei pazienti candidabili non ha avuto accesso alle TAVI, i PCSK9i rappresentano solo lo 0,5% del consumo dei farmaci ipolipemizzanti, solo 3 regioni hanno un riconoscimento ad hoc per la procedura di chiusura dell'auricola (prevenzione dell'ictus). A questo si aggiunge la burocrazia che rallenta l'attività clinica e 'scoraggia' l'accesso alle terapie più innovative: secondo una recente analisi, se ogni medico prescrittore dedicasse alle visite anche solo metà del tempo impiegato nella compilazione dei Registri, ciascuna delle quali può richiedere fino a 40 minuti, si potrebbero effettuare circa 53.000 visite in più, con impatti positivi in termini finanziari ma anche organizzativo-gestionali, a partire dal problema delle liste d'attesa. MIGLIORE ADERENZA ALLA TERAPIA E RISPARMI - L'aderenza alle terapie e alle prestazioni, oltre a impattare direttamente sugli outcome di Salute, ha anche ripercussioni importanti sulla sostenibilità del Ssn: secondo i dati del Centro Studi SIC Sanità in Cifre di FederAnziani una migliore aderenza alla terapia può far risparmiare al Ssn fino a 11,4 miliardi di euro annui, in termini di minori eventi avversi, inferiori accessi ai pronto soccorso e ospedalizzazioni e una minore spesa farmaceutica. Secondo i più recenti dati di Aifa, il 43% dei cittadini presenta un'alta aderenza ai farmaci ipolipemizzanti e il 52% presenta un'alta aderenza agli anticoagulanti e ai farmaci per l'ipertensione e lo scompenso cardiaco. L'aderenza diminuisce al crescere dell'età ed è più bassa nelle regioni del sud. La telemedicina e gli altri strumenti di sanità digitale non solo contribuiscono a una più efficace gestione dei pazienti, ma promuovono un vero e proprio cambio di paradigma nell'erogazione delle cure. Il nostro Paese in questo ambito presenta una scarsa interconnessione e interoperabilità tra i sistemi informativi, dei limiti oggettivi alla condivisione e all'utilizzo dei dati sanitari a causa della normativa privacy e una carenza di competenze informatiche del personale sanitario. Solo 8 regioni prevedono il riconoscimento amministrativo e il rimborso del tele-monitoraggio dei dispositivi impiantabili e sono isolati i casi di regioni che prevedono il rimborso per la tele-visita cardiologica/cardiochirurgica di controllo. NECESSARIO RIVEDERE RAPPORTO TRA OSPEDALE E TERRITORIO - Le malattie cardio, cerebro e vascolari rendono sempre più manifesta la necessità di rivedere il rapporto tra ospedale e territorio, di dotare il sistema di risorse umane, infrastrutturali e tecnologiche adeguate ai bisogni di Salute e di rendere i servizi socio-sanitari sempre più integrati e prossimi al cittadino: la continuità di cura tra i diversi setting assistenziali riveste quindi un ruolo cruciale. Oggi esiste ancora un gap evidente tra la mortalità a 30 giorni e a 1 anno sia per l'Infarto miocardico acuto (7% vs. 9,1%) che per l'ictus (10,5% vs. 17%). A impattare negativamente sulla mortalità a 1 anno è anche la bassa percentuale di soggetti impegnati in programmi di riabilitazione: il 70% dei pazienti che ne hanno avuto indicazione non svolge alcun tipo di riabilitazione cardiologica. Sul fronte della multidisciplinarità, secondo una survey di Cittadinanzattiva sul paziente cardiovascolare, solo il 7,4% dei medici dichiara di far parte di percorsi strutturati con interazione costante tra specialisti e MMG. I pazienti diventano sempre più attori protagonisti del proprio percorso di cura ed è quindi necessario investire nel coinvolgimento e nell'empowerment del paziente. Oggi però il livello di health literacy dei cittadini italiani è più basso rispetto alla media europea (il 23% ha un livello di health literacy inadeguato vs. una media europea del 13%). In aggiunta c'è uno scarso livello di consapevolezza della propria condizione di Salute, basti pensare che il 52% è inconsapevole di essere iperteso (34%) o ne è consapevole ma non si cura (18%). "L'Italia, in analogia con quanto accade a livello europeo- ha dichiarato l'onorevole Francesco Ciancitto, Componente della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati- è chiamata ad agire per ridurre il burden di queste patologie che ad oggi non sono mai state oggetto di un Piano programmatico di settore. Con la mozione di fine luglio, chiediamo al Governo di impegnarsi ad attivare entro l'anno un tavolo di lavoro per l'elaborazione di un Piano Nazionale per le malattie cardio, cerebro e vascolari che si ponga in continuità e coerenza con il Piano Nazionale della Prevenzione, il Piano Nazionale Cronicità e i lavori di Agenas e dell'Alleanza per le Malattie cardio-cerebrovascolari". "Come Presidente dell'Intergruppo Parlamentare per le malattie cardio, cerebro e vascolari- ha aggiunto la senatrice Elena Murelli, presidente dell'Intergruppo Parlamentare per le malattie cardio, cerebro e vascolari e Componente della Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato- condivido appieno la necessità di un tavolo su queste patologie il cui coordinamento deve essere fatto dal Ministero della Salute e a cui dovranno essere coinvolti tutti gli stakeholders, professionisti e associazioni dei pazienti tenendo in considerazione anche le best practice adottate in altri Paesi europei". LA STRATEGIA DELLA SPAGNA - Dopo la Spagna con la 'Estrategia en Salud Cardiovascular del Sistema Nacional de Salud', l'Italia potrebbe essere il secondo grande Paese europeo a dotarsi di un Piano nazionale. Si consideri che in Europa le malattie cardiovascolari sono 1 delle 3 aree di focalizzazione, insieme a Salute mentale e malattie rare, dei Paesi che si stanno alternando alla Presidenza del Consiglio dell'Unione Europea a partire da giugno 2023 (Spagna, Belgio e Ungheria) e che la Commissione Europea ha stanziato 53 milioni di euro per il programma quadriennale JACARDI, lanciato a novembre 2023 per ridurre il carico delle malattie cardiovascolari, del diabete e dei fattori di rischio a essi correlati. Il momento per agire è quanto mai propizio, considerate anche le risorse disponibili del Pnrr.

Aumentano paure e timori di non essere in grado di riconoscere disinformazione e fake news. Il 76,5% degli italiani ritiene che le fake news siano sempre più sofisticate e difficili da scoprire, il 20,2% crede di non avere le competenze per riconoscerle e il 61,1% di averle solo in parte. Ma il 29,7% nega l’esistenza delle bufale e pensa che non si debba parlare di fake news, ma di notizie vere che vengono deliberatamente censurate e poi fatte passare come false. Si legge nel terzo Rapporto Ital Communications-Censis “Disinformazione e fake news in Italia. Il sistema dell’informazione alla prova dell’Intelligenza Artificiale”. Tra i negazionisti delle fake news – aggiunge il rapporto – ci sono in particolare i più anziani (35,8% tra gli over sessantaquattrenni), e chi ha un basso livello di scolarizzazione (il 40,4% di chi ha al massimo la licenza media è d’accordo). Comunque l’ 89,5% degli italiani pensa che sia necessario creare un’alleanza stabile tra tutti gli stakeholder che hanno interesse a far circolare un’informazione attendibile e di qualità, per diffondere una maggiore consapevolezza sui pericoli della cattiva informazione e innalzare le competenze della popolazione. Per il 34,7% c’è troppo allarme sul riscaldamento globale, il 16,2% nega che esista: il riscaldamento globale è un argomento di cui si parla tanto e in modo confuso, alimentando cattiva informazione, catastrofismo e persino negazionismo. Il 34,7% degli italiani è convinto che ci sia un allarmismo eccessivo sul cambiamento climatico e il 25,5% ritiene che l’alluvione di quest’anno sia la risposta più efficace a chi sostiene che si sta progressivamente andando verso la desertificazione. I negazionisti, che sono convinti che il cambiamento climatico non esista, sono il 16,2% della popolazione. Percentuale che sale al 18,3% tra i più anziani e al 18,2% tra i meno scolarizzati. Per quasi tutti almeno una fonte informativa, l’83,5% ricorre anche al web. Oggi circa 47 milioni di italiani, il 93,3% del totale, si informa abitualmente (con una frequenza come minimo settimanale) almeno su una delle fonti disponibili: l’83,5% usa anche il web e il 74,1% media tradizionali. Sul versante opposto, sono circa 3 milioni e 300mila (il 6,7% del totale) gli individui che hanno rinunciato ad avere un’informazione puntuale su ciò che accade, mentre 700mila italiani non si informano affatto. Dalla ricerca emerge come sia cresciuta la consapevolezza degli effetti devastanti della disinformazione, che può essere arginata da professionisti della comunicazione accreditati come fonti autorevoli e garanti dell’affidabilità e della qualità delle notizie. Di fronte alle insidie che possono venire dal web e dall’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, per distinguere la buona dalla cattiva informazione servono competenze solide sulle nuove tecnologie e regolazioni più stringenti. Il 64,3% degli italiani utilizza un mix di fonti informative, tradizionali e online, il 9,9% si affida solo ai media tradizionali e il 19,2% (circa 10 milioni di italiani in valore assoluto) alle fonti online. Social media, blog, forum, messaggistica istantanea sono espansioni del nostro io e del modo di vedere il mondo: è il fenomeno delle echo chambers, cui sono esposti tutti quelli che frequentano il web e soprattutto i più giovani, tra i quali il 69,1% utilizza la messaggistica istantanea e il 76,6% i social media per informarsi. Il 56,7% degli italiani è convinto che, di fronte al disordine informativo che caratterizza il panorama attuale dell’informazione, sia legittimo rivolgersi alle fonti informali di cui ci si fida di più. L’Ai e la qualità dell’informazione: il 75,1% della popolazione ritiene che con l’upgrading tecnologico verso l’Intelligenza Artificiale sarà sempre più difficile controllare la qualità dell’informazione, mentre per il 58,9% l’Ai può diventare uno strumento a supporto dei professionisti della comunicazione. In generale l’85,8% degli italiani ha paura di farsi trovare impreparato di fronte a un cambiamento tecnologico che, presumibilmente, regolerà nuovamente il modo di vivere, studiare, lavorare e anche di produrre e accedere alle informazioni, e  ritiene che ci sia bisogno di far conoscere di più ai cittadini i vantaggi e i limiti dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale. È una consapevolezza trasversale alla popolazione, ma che, significativamente, trova d’accordo “solo” il 74,2% di chi ha un titolo di studio basso contro l’86,5% dei laureati, a testimonianza di una carenza di consapevolezza dell’impatto cruciale che nel futuro avranno questi sistemi nella vita degli italiani proprio da parte di chi ha meno strumenti di lettura e interpretazione della realtà. Fonte: Ansa

Italia in forte ritardo nella realizzazione di nuovi impianti da rinnovabili: sono 1364 quelli in lista d’attesa e ancora in fase di valutazione, il 76% distribuito tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Sono i numeri del nuovo report di Legambiente ‘Scacco matto alle rinnovabili 2023′ presentato questa mattina alla Fiera K.Ey di Rimini insieme ad un pacchetto di proposte e ad un’analisi su 4 legge nazionali e 13 leggi regionali che frenano la corsa delle fonti pulite. A pesare sullo sviluppo delle rinnovabili, secondo l’associazione, “norme obsolete e frammentate, la lentezza degli iter autorizzativi, gli ostacoli e le lungaggini burocratiche di Regioni e Soprintendenze ai beni culturali” oltre ai “no delle amministrazioni comunali e le opposizioni locali Nimby (Not In My Backyard) e Nimto (Not In My Terms of Office)”. Più nel dettaglio, spiega Legambiente, “ad oggi nella Penisola sono 1364 gli impianti in lista d’attesa, ossia in fase di Via, di verifica di Assoggettabilità a Via, di valutazione preliminare e di Provvedimento Unico in Materia Ambientale a livello statale. Il 76% distribuito tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. A fronte di questo elevato numero di progetti in valutazione, e nonostante le semplificazioni avviate dall’ex governo Draghi e l’istituzione e il potenziamento appena stabilito delle due Commissioni Via-Vas che hanno il compito di rilasciare un parere sui grandi impianti strategici per il futuro energetico del Paese, sono pochissime le autorizzazioni rilasciate dalle Regioni negli ultimi 4 anni. Nel 2022 “solo l’1% dei progetti di impianti fotovoltaici ha ricevuto, infatti, l’autorizzazione. Si tratta del dato più basso degli ultimi 4 anni se si pensa che nel 2019 a ricevere l’autorizzazione sono state il 41% delle istanze, per poi scendere progressivamente al 19% nel 2020, al 9% nel 2021. Ancor peggio i dati dell’eolico on-shore con una percentuale di autorizzazioni rilasciate nel 2019 del 6%, del 4% nel 2020, del 1% nel 2021 per arrivare allo 0% nel 2022. Dati nel complesso preoccupanti se si pensa che negli ultimi anni sono aumentati sia i progetti presentati sia le richieste di connessione alla rete elettrica nazionale di impianti di energia a fonti rinnovabili, quest’ultime sono passate da 168 GW al 31 dicembre 2021 ad oltre 303 GW al 31 gennaio 2023”. “Altro campanello d’allarme – avverte l’associazione – è rappresentato anche dalla lentezza delle installazioni, come emerge dagli ultimi dati Terna, appena 3.035 MW nel 2022 – e l’incapacità produttiva del parco complessivo di sopperire alla riduzione di produzione. Le fonti rinnovabili, fotovoltaico a parte, nel 2022 hanno fatto registrare, tutte, segno negativo. L’idroelettrico, complice l’emergenza siccità, registra un meno 37,7% a cui si aggiunge il calo del 13,1% in tema di produzione da pompaggi che portano il contributo delle rinnovabili, rispetto ai consumi complessivi, al 32%. Ovvero ai livelli del 2012. Ostacoli che Legambiente racconta anche nella mappa aggiornata dei luoghi simbolo con storie, che arrivano dal Nord al Sud della Penisola, di progetti bloccati e norme regionali e locali che ostacolano le rinnovabili. Ventiquattro le nuove storie sintetizzate nella mappa, che si aggiungono alle 20 dello scorso anno. Tra i casi più emblematici quelli di Puglia, Toscana e Sardegna. Di fronte a questo quadro, Legambiente rilancia oggi le sue proposte per accelerare lo sviluppo delle rinnovabili in Italia e l’effettiva realizzazione degli impianti “a partire dall’aggiornamento delle Linee Guida per l’autorizzazione dei nuovi impianti ferme al 2010 e un riordino delle normative per arrivare, attraverso un lavoro congiunto, tra il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, il ministero delle Imprese e del Made in Italy e il ministero della Cultura, ad un Testo Unico che semplifichi gli iter di autorizzazione degli impianti, definisca in modo univoco ruoli e competenze dei vari organi dello Stato, dia tempi certi alle procedure. In questa partita rimane centrale il dibattito pubblico, uno strumento strategico sia per migliorare l’accettabilità sociale dei progetti sia per accelerare i processi autorizzativi ed evitare contenziosi inutili”. ”Al governo Meloni – dichiara il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani – torniamo a ribadire che il Paese non deve diventare l’hub del gas, ma quello delle rinnovabili. Se davvero si vuole contrastare la crisi climatica, accelerare la transizione ecologica e centrare gli obiettivi di decarbonizzazione indicati dall’Europa, l’Italia deve puntare con fermezza su rinnovabili, efficienza, autoproduzione, reti elettriche e accumuli. In questo percorso, è indispensabile che il governo metta in campo una politica di breve, medio e lungo periodo anche rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione non più rimandabili. Primo fra tutti occorre semplificare l’iter dei processi autorizzativi per garantire certezza dei tempi e potenziare gli uffici delle Regioni che rilasciano le autorizzazioni affinché gestiscano meglio i progetti che si stanno accumulando. Occorre riordinare la normativa sulle rinnovabili e aggiornare il Pniec rispondendo al nuovo scenario energetico che dovrà evolvere verso la configurazione di nuovi paesaggi sempre più rinnovabili e pensando sia agli obiettivi di decarbonizzazione al 2035 sia al modo migliore di integrarle nei territori”. ”Le fonti rinnovabili, insieme a politiche serie e lungimiranti di efficienza energetica, rappresentano una chiave strategica non solo per decarbonizzare il settore energetico, priorità assoluta nella lotta alla crisi climatica, ma anche per portare benefici strutturali nei territori e alle famiglie e per creare opportunità di crescita ed innovazione in ogni settore. Se è vero che non esiste l’impianto perfetto – commenta Katiuscia Eroe, responsabile nazionale energia di Legambiente – è altrettanto vero che questi impianti possono essere integrati al meglio ed essere valore aggiunto per i cittadini e le cittadine che vivono quei territori. Per questo è fondamentale non depotenziare uno strumento prezioso come quello del dibattito pubblico, come rischia di fare il governo Meloni con la nuova proposta del Codice degli Appalti. La partecipazione dei territori e il loro protagonismo sono parte essenziale della giusta transizione energetica’.

Il caro prezzi taglia del 4,2% le quantità di prodotti alimentari acquistate dagli italiani nel 2022 che sono però costretti però a spendere comunque il 4,7% in più a causa dei rincari determinati dalla crisi energetica. E’ quanto emerge dall’analisi Coldiretti su dati Istat relativi al commercio al dettaglio nel 2022 rispetto all’anno precedente che evidenzia l’impatto del caro prezzi sul carrello della spesa, dove i volumi di cibo acquistato sono diminuiti di oltre cinque volte rispetto al dato generale (-0,8%). La situazione di difficoltà, sottolinea Coldiretti, è resa ancor più evidente dal fatto che volano gli acquisti di cibo low cost con i discount alimentari che fanno segnare un balzo del +9,9% nelle vendite in valore, il più elevato nel dettaglio.
“Il risultato dei discount – precisa la Coldiretti – evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che, spinte dai rincari, orientano le proprie spese su canali a basso prezzo rinunciando anche alla qualità”. Per difendersi dagli aumenti 8 italiani su 10 (81%) hanno preso l’abitudine di fare una lista ponderata degli acquisti da effettuare per mettere sotto controllo le spese d’impulso, secondo l’analisi Coldiretti/Censis che evidenzia come siano cambiati anche i luoghi della spesa con il 72% degli italiani che si reca e fa acquisti nei discount, mentre l’83% punta su prodotti in offerta, in promozione. Le famiglie infatti vanno a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti. “Occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni”, afferma il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini.

La fiducia nel sistema sanitario pubblico “è una caratteristica fondamentale” nella gestione della pandemia. E “l’adesione alla vaccinazione è un atto di fiducia nei confronti della sanità pubblica. Certo è oggetto di dibattito e ci sono anche vivaci minoranze che si esprimono, ma quando andiamo a guardare i numeri parliamo di 9 italiani su 10 che hanno aderito alle vaccinazione anti-Covid. Questa fortissima adesione ha consentito dei numeri che oggi possiamo illustrare” nel report dell’Istituto superiore di sanità appena pubblicato. Lo ha detto il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro, intervenuto all’evento ‘Sanità pubblica e privata: come ripartire’, healthcare talk di Rcs Academy. “La campagna vaccinale – ha sottolineato – ci ha visti, tra i Paesi occidentali, come maggiormente capaci di favorire la vaccinazione anti Covid. I tassi di copertura vaccinale nel nostro Paese sono tra i più elevati del mondo occidentale. E questo ha consentito di modificare le curve, sia per quanto riguarda le incidenze, ma soprattutto per quanto riguarda l’impatto nei decessi e nei ricoveri”. Poter affrontare pandemie come questa, ha aggiunto Brusaferro, “richiede un sistema. Noi abbiamo il sistema sanitario nazionale che si è rivelato preziosissimo per tutti noi. Oggi ha bisogno di essere rafforzato, ammodernato e arricchito da quelle competenze che si sono dimostrati essenziali in questi due anni”.

Dopo la brusca frenata del 2020, l’imprenditoria femminile torna a correre: nel 2021 si registrano 7.294 imprese attive in più (+0,6%), una crescita che riporta il totale di imprese rosa ai livelli pre-pandemia. Ma la crescita non è omogenea: commercio al dettaglio e ristorazione, tra i comparti più colpiti dalla pandemia, continuano a soffrire e perdono quasi 2mila attività in 12 mesi. È quanto emerge dalle elaborazioni condotte dall’Ufficio economico Confesercenti su dati camerali di natimortalità delle imprese in occasione della Giornata Internazionale della Donna. L’analisi territoriale mostra una crescita diffusa di imprese rosa, in aumento in 17 regioni su 20. L’incremento è stato più rapido in Trentino, Lombardia (rispettivamente +1,7% e +1,6%), Sicilia e Puglia (+1,2%), mentre tra le regioni che hanno registrato una riduzione delle imprese femminili, la discesa è risultata più rapida nel Lazio (-1,7%). Il ritorno alla crescita dell’imprenditoria femminile si accompagna ad una tendenza al consolidamento organizzativo. Ad aumentare sono infatti soprattutto le consistenze delle società di capitale (+4,1% a fine 2021) – con il settore dell’alloggio sopra la media nazionale (+5,5%) – mentre si riduce invece il numero di società di persone (-1,7% rispetto al 2020). La ripresa nasce dunque dalle società di capitali, tipologia di azienda più strutturata e “robusta” sotto il profilo organizzativo e gestionale. “Nonostante le difficoltà, le imprenditrici hanno dimostrato di sapere mettersi in discussione e creare opportunità per loro stesse e per gli altri, fornendo un contributo fondamentale alla ripresa e all’economia. Un contributo che si traduce non solo in un aumento del Pil, ma anche in una maggiore consapevolezza sui temi della responsabilità sociale e della sostenibilità, molto sensibili per le donne”, commenta la Presidente di Impresa Donna Confesercenti Barbara Quaresmini. “È però necessario fare di più per sostenere le imprese al femminile, che sono ancora solo il 22,6% del totale. Confesercenti sta studiando linee di credito dedicate alle donne, per rafforzare ulteriormente il servizio di accesso al credito dell’associazione, già ben strutturato e a disposizione dalle sedi territoriali. Ma sarà fondamentale anche utilizzare fino in fondo le risorse messe a disposizione dal PNRR per l’imprenditoria femminile, un fronte su cui Confesercenti sta profondendo il massimo impegno, non solo partecipando ai tavoli istituzionali, ma progettando anche iniziative ad hoc”.

‘Sto facendo fare delle verifiche a un notaio, ma pare che sia proprio così”. Claudio Baglioni compirà 70 anni il 16 maggio e, in un’intervista a Famiglia Cristiana, ironizza sul suo compleanno, ripercorrendo la sua carriera attraverso i versi delle sue canzoni. ”Non so com’è cominciata – afferma – forse ascoltando una radio. La mia prima maestra di canto è stata una radio a valvole che ho ancora. Per me era come una scatola magica con un occhio che si illuminava di verde quando raggiungeva la sintonia. La pratica poi l’ho fatta quando andavamo a trovare i nostri parenti in Umbria. A volte ci donavano qualche coniglio o qualche gallina e al ritorno in treno, per non farci accorgere della loro presenza, io, mio padre e mia madre cantavamo per tutto il tempo”. I ricordi di Baglioni risalgono agli anni dell’infanzia, al padre ”brigadiere che scrive poesie. Sì, qualcuna l’ha dedicata pure a me. Descriveva la gioia che provava tornando dal turno di notte quando trovava il suo ragazzino che ancora dormiva. Le ho lette molto tempo dopo, anche quando lui non c’era già più”. Il cantautore ricorda anche la madre, citando la sua canzone ”51 Montesacro’: ”Era una sarta, e io mentre cuciva andavo da lei. Nell”82, arriva ‘Avrai’ dedicata alla nascita del figlio Giovanni, anche lui musicista affermato: ”La musica è stata ed è un cemento molto importante nel nostro rapporto. Anche perché non sono stato sempre un padre molto presente”. Ancora, i temi sociali nei pezzi come ‘I vecchi’, ‘Uomini persi’, ‘Naso di falco’ e ‘Noi no’, quest’ultima, scritta dopo le uccisioni di Falcone e Borsellino, ”era una canzone su un generico desiderio di libertà. Qualche settimana dopo le stragi feci un concerto allo stadio La Favorita di Palermo. Il pubblico prima iniziò a cantare ‘Chi non salta un mafioso è’ e poi, con mia grande sorpresa, ‘Noi no’. La cosa si è ripetuta e ovviamente mi ha fatto molto piacere”. Il cantautore, che per dieci anni hai organizzato a Lampedusa O’ Scià, un festival nato per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’immigrazione clandestina, passa poi a parlare dell’ultimo naufragio nel Mediterraneo: buttare quintali di arance e quando chiedo spiegazioni mi rispondono con la legge della domanda e dell’offerta. Razionalmente lo capisco, ma nel profondo no: vedo solo tanta roba buona che viene distrutta. Di fronte a tante spiegazioni della politica e dell’economia, alzo le mani e confesso di non capire”. Tante volte mi sono chiesto che senso abbia fare un nuovo disco, tanto quelli di prima saranno sempre migliori, perché hanno una storia, perché contengono tutte le vite di chi li ha ascoltati. Ma gli ottimi riscontri che ha ricevuto il mio ultimo album mi hanno rincuorato e mi spronano ad andare avanti. Da un punto di vista umano, ora ho molto netta la sensazione che il futuro che mi aspetta non sia equivalente al passato che ho alle spalle. Alcune cose non torneranno più, se non attraverso i ricordi, attraverso una sana nostalgia. Per il resto, sono ancora un curioso della vita”.

La moda italiana è la prima nelle ricerche online dei russi secondo il motore di ricerca russo Yandex. L’Italia è la prima nazionalità associata alla moda in Europa con 15mila ricerche mensili online e il 34% delle richieste. Il Belpaese mantiene la leadership anche a livello mondiale tra i russi al terzo posto, dopo Turchia e Cina, relativamente più popolari per prezzi e qualità più bassi rispetto alla produzione Made in Italy. Dai dati del rapporto Fashion Consulting Group, Yandex e FashionSnoops l’isolamento da pandemia ha spinto 15 nuovi milioni di utenti russi ad acquistare online. Gli analisti prevedono che entro la fine dell’anno la quota delle vendite online potrebbe raggiungere il 20-25% del mercato al dettaglio. Secondo lo studio, il 28% degli utenti che ha effettuato acquisti online di vestiti, scarpe e accessori durante il periodo di isolamento è diventato più fedele allo shopping online. Il settore fashion del mercato digitale russo è uno dei più importanti e vale 296 miliardi di rubli, 4,6 miliardi di dollari. Gli analisti prevedono che il fatturato del segmento moda crescerà fino al 50% entro fine 2020. Gli acquisti online riguardanti l’abbigliamento e accessori riguardano il 23% degli acquisti presso le piattaforme online locali, mentre il 33% rappresentano gli acquisti transfrontalieri (presso siti esteri). All’inizio dell’anno, il pubblico dell’e-commerce in Russia era stimato in 60-65 milioni di persone e dopo la quarantena è cresciuto fino a 75-80 milioni di acquirenti. Si stima che la quota delle vendite online potrebbe crescere fino al 20-25% entro la fine dell’anno. L’ecommerce russo nel suo insieme è uno dei 10 con maggiore crescita al mondo e secondo Morgan Stanley raggiungerà un valore di 30 miliardi di dollari nel 2020 e di 52 miliardi di dollari nel 2023, vantando una crescita del +170% nel giro di pochi anni. “Negli ultimi anni l’ecommerce russo sta crescendo costantemente e questo si accompagna ad una maggiore fiducia dei consumatori nei pagamenti online e migliori consegne nel territorio russo – commenta Giulio Gargiullo, esperto del mercato digitale russo -. La pandemia ha chiaramente spinto nuovi utenti ad acquistare online maggiormente fashion e luxury ed è per questo sempre più importante per le aziende italiane ed estere investire nella presenza del mercato russo online che ha proprie piattaforme locali di vendita omline”, “per questo mercato, oltre ad utilizzare le piattaforme locali, è fondamentale sviluppare un sito per il proprio brand localizzato per la lingua e la cultura russa. Inoltre con la pandemia risulta chiaro che è sempre più importante coinvolgere i consumatori russi con nuove tecnologie: sfilate di moda in streaming, realtà virtuale, realtà aumentata e applicazioni di AI per migliorare l’esperienza dell’utente, soprattutto nell’ambito luxury. I buyer russi rimangono amanti del Made in Italy, sono meno impulsivi che in passato e ricercano prodotti di alta qualità”.