Brexit

Volare oltre la Manica sara’ ancora possibile senza problemi anche nel 2020, nonostante la Brexit, per le migliaia di studenti italiani che sceglieranno il Regno Unito per una vacanza studio. L’uscita dall’Unione Europea, dunque, non incidera’ sul settore “Education” che rappresenta il terzo business della Gran Bretagna, con un giro d’affari di ben 23 miliardi di sterline il cui 40% e’ garantito proprio dagli italiani. E’ quanto afferma Stefano De Angelis, consigliere nazionale Astoi Confindustria e presidente del tour operator italiano Giocamondo. “Di una cosa si puo’ essere certi – sottolinea De Angelis – i britannici hanno ancora tutto l’interesse ad accogliere gli studenti europei e in particolare quelli italiani. E questo perche’ ci sono solide motivazioni che confermano questa chiave di lettura: basti pensare che, cifre alla mano, solo per i viaggi di studenti verso l’Inghilterra, si registra un giro d’affari di oltre 250 milioni di euro grazie proprio al mercato italiano. “E’ lo stesso Governo britannico – aggiunge il Ceo del Gruppo Giocamondo – a confermare, attraverso il proprio sito istituzionale, una grande apertura sul fronte del turismo studentesco anche per i prossimi anni, annunciando di voler accogliere fino a 600.000 ragazzi l’anno e di voler incrementare il fatturato relativo al mercato delle vacanze studio ad oltre 35 miliardi di sterline entro il 2030. Appare evidente, quindi, che il Regno Unito garantira’ ancora un ingresso agli studenti italiani senza difficolta’. E questo non solo per l’aspetto economico, ma anche per il prezioso contributo che i nostri ragazzi danno alla comunita’ britannica, portando nuove conoscenze, comprensione interculturale, amicizie globali e arricchendo l’esperienza educativa degli studenti locali”. E’ anche per questi motivi che per tutto il 2020 – conclude De Angelis – sara’ possibile andare a studiare in Gran Bretagna con la sola carta d’identita’, come avvenuto finora.

“Voglio essere corretta con la gente perché tutti noi dobbiamo guardare in faccia la realtà”. Sono le parole di Theresa May in merito alla Brexit e alle sue conseguenze economiche. Il premier britannico ne ha parlato a Londra, soffermandosi in particolare sulle future relazioni commerciali fra Londra e Bruxelles. “Lasceremo il mercato unico, le cose cambieranno – ha detto Theresa May. L’accesso ai rispettivi mercati sarà minore”. May ha anche esortato l’Unione europea a “garantire al Regno Unito relazioni commerciali più aperte di quanto abbia concesso ad altri”.

Il Regno Unito e l’Unione Europea potrebbero raggiungere entro le prossime tre settimane un accordo di massima sulla Brexit che metterebbe da parte le questioni piu’ controverse: lo anticipa il quotidiano “The Financial Times”, secondo cui avrebbe dato nuovo slancio alle trattative la disponibilita’ mostrata dalla premier britannica Theresa May ad aumentare l’offerta finanziaria per far fronte ai costi del divorzio; i rappresentanti delle due parti starebbero lavorando ad una “road map politica” che potrebbe essere pronta gia’ nella prima settimana di dicembre e permetterebbe di rompere lo stallo. Alti diplomatici europei citati dal giornale ammettono che in questo momento ci sono le migliori chance perche’ il vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue, che si terra’ a Bruxelles a meta’ dicembre, riconosca che si sono fatti “progressi sufficienti” e dia il via libera ad una “seconda fase” di negoziati commerciali.

Migliore spot per gli euroscettici non poteva essere organizzato e soprattutto gratis. Si, perché l’assegnazione alla città di Amsterdan dell’Ema, l’agenzia europea per il farmaco costretta a lasciare Londra per effetto della Brexit, oltre ad avere il sapore della beffa per la città di Milano -molto più titolata e con requisiti appositi per ospitarla – a causa della modalità di assegnazione, ossia per sorteggio, la dice tutta sul grado di efficienza e di meritocrazia che sovrintende le scelte di Bruxelles. Appare ridicolo che una scelta cosi importante per le ricadute che ha, sia stata presa dalla sorte e non da chi é pagato per assumersene la responsabilità. Gli euroscettici segnano un punto a loro favore: la credibilità di Bruxelles e dell’Unione europea é ai minimi. Con l’affaire Ema é scesa ancora di più.

“Abbiamo apprezzato le risposte positive alle principali preoccupazioni che le associazioni italiane mi avevano esposto nell’incontro, organizzato in settembre a Londra dall’ambasciatore Terracciano, sulla questione dei diritti dei nostri connazionali residenti nel Regno Unito”. Lo ha detto il sottosegretario alle Politiche e Affari Ue, Sandro Gozi, al termine dell’incontro a Roma con David Davis, Segretario di Stato britannico per l’uscita dall’Unione europea. “Avevo sollevato il tema col Ministro David Davis nella mia visita a Downing Street – ha continuato – e le risposte che abbiamo ricevuto sono state rapide e concrete. Questo è molto importante per la comunità italiana nel Regno Unito”. Per Gozi “quello di oggi è stato in generale un incontro costruttivo che conferma il buon rapporto che lega i nostri due paesi, anche alla luce del recente discorso del Primo Ministro Theresa May a Firenze”.

La Brexit e’ un esempio unico di globalizzazione, che colpira’ l’economia britannica indebolendo i legami commerciali con l’Unione Europea e portera’ a maggiori pressioni inflazionistiche anche dopo la fine dell’effetto del recente deprezzamento della sterlina. Lo ha detto il governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney, intervenuto quest’anno al Fondo monetario internazionale, a Washington, come relatore della conferenza “Michel Camdessus Central Banking Lecture”.
Carney, riferisce il “Financial Times”, ha spiegato che anche se l’intenzione non fosse quella di chiudere il Regno Unito rispetto al resto del mondo, inizialmente l’esito principale sara’ proprio una chiusura, perche’ i legami commerciali con L’Europa saranno danneggiati e ci vorra’ tempo per stringere nuove relazioni con altri paesi. Cio’ comportera’ prezzi piu’ alti per i consumatori e un probabile aumento dei tassi di interesse per tenere l’inflazione sotto controllo. “Sara’, almeno per un periodo di tempo, un esempio di deglobalizzazione”, ha sintetizzato il governatore della Banca d’Inghilterra.

Cresce la pressione sulla premier britannica Theresa May in merito alle modalità del divorzio con l’Unione europea. Mentre all’interno del gabinetto prende corpo l’opposizione verso una ‘hard-Brexit’, anche nella popolazione crescono i dubbi sulla strategia negoziale del governo di Londra. Secondo uno studio condotto dall’istituto ORB il 61% degli intervistati non è d’accordo con la politica della premier. Il mese precedente la percentuale era del 56%, a giugno del 46%. Inoltre solo il 37% crede che con la Brexit la situazione economica migliorerà per i britannici, mentre il 40% crede il contrario; solo il 23% degli intervistati ritiene che dopo il divorzio il Regno Unito avrà un miglior controllo dell’immigrazione.

La possibilità che l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea avvenga entro marzo del 2019 è “infinitamente piccola”. Lo ha detto l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, in un’intervista a Bbc Radio (Fonte Reuters, ripresa da La Presse). “Ci sono letteralmente migliaia di accordi separati a cui pervenire”, ha affermato e “se ognuno di questi deve essere discusso come una questione di fiducia sul terreno della Camera dei Comuni, la possibilità di concretizzare in 18 mesi è infinitamente piccola”, ha detto Welby riferendosi ai contrasti in politica interna che rallentano il percorso di uscita della Gran Bretagna dall’Ue.

Bank of America ha annunciato che il suo quartier generale nell’Unione Europea sarà Dublino. E’ la prima grande banca a dichiarare pubblicamente lo spostamento della sua sede Ue da Londra, nel post Brexit. A dirlo al Financial Times è stato l’amministratore delegato Brian Moynihan, che nella capitale irlandese ha incontrato il primo ministro del Paese, Leo Varadkar. Moynihan ha anticipato che il gruppo avrà certamente bisogno di “più” persone nella nuova sede; verranno spostati dipendenti dalla sede londinese, e nuovi posti di lavoro saranno creati, anche se per ora non è stato specificato quanti. Altri istituti come Citibank, Morgan Stanley e Deutsche Bank avrebbero scelto Francoforte, in Germania.

L’Unione europea potrebbe essere pronta ad accettare un compromesso sul principio della libertà di movimento dei cittadini, pur di garantire la permanenza del Regno Unito nel mercato unico. A dirlo è Tony Blair, convinto che una delle opzioni possibili per risolvere il nodo della Brexit, sia la permanenza della Gran Bretagna all’interno di “un’Unione europea riformata”. L’ex premier britannico in un’intervista alla Bbc ha spiegato che la sua previsione si basa su una serie di colloqui avuti in Europa e che le sue non sono parole “a caso”. Lo stesso concetto è stato espresso dall’ex premier in un articolo scritto per la sua fondazione politica, The Tony Blair Institute for Global Change, nel quale afferma che l’elezione in Francia di Emmanuel Macron, la situazione in Europa è cambiata rispetto a quando si votò per la Brexit. Il nuovo presidente francese, scrive Blair, ha in mente “riforme di ampia portata” per l’Europa e la stessa Ue ha in programma una serie di cambiamenti. Alla luce dei colloqui avuti a livello europeo, Blair ritiene che anche Francia e Germania siano oggi più sensibili sul tema dell’immigrazione, che fu centrale nel dibattito sulla Brexit. “I francesi e i tedeschi condividono alcune preoccupazioni britanniche, in particolare sull’immigrazione, e potrebbero accettare un compromesso sulla libertà di movimento”, scrive l’ex premier.