Film

”Rimasi piacevolmente spiazzato. Tutti mi avevano detto che era esageratamente perfezionista, competitiva, rompiscatole e invece scoprii una donna simpaticissima, aperta, giocosa che aveva la mia stessa concezione del mestiere, inteso innanzitutto come divertimento. Sul set infatti ce la siamo spassata anche grazie a quel burlone di Scola che durante le scene più drammatiche ci gettava addosso le sigarette accese”. Così Giancarlo Giannini in un’intervista al Messaggero nella quale ricorda Monica Vitti, conosciuta nel 1970 sul set del ‘Dramma della gelosia’. ”Non so se fosse consapevole”, aggiunge, di essere stata la prima attrice comica in un mondo dominato dai mattatori: ”Non l’ho mai capito. Ma un fatto è sicuro: la rivoluzione l’ha fatta davvero. Aveva dei tempi scenici straordinari – racconta l’attore che con la Vitti in seguito girò anche ‘A mezzanotte va la ronda del piacere’ di Marcello Fondato – non a caso si era formata all’Accademia con i giganti del teatro. Mi piaceva anche la sua voce roca: un tempo veniva considerata come un handicap, ma Monica la rese un suo punto di forza insieme alla bellezza non convenzionale”. Giannini afferma poi che l’attrice non sapeva di essere una donna affascinante, “era insicura del proprio corpo, aveva molta resistenza a mostrarlo perché lo riteneva imperfetto. Non sarei un gentiluomo se rivelassi nei dettagli le sue ansie in questo senso… Insomma, era attentissima alla sua immagine, se ne preoccupava costantemente. Voleva il controllo totale sulle sue foto. Non soltanto pretendeva di approvare gli scatti che sarebbero stati pubblicati, ma per sicurezza arrivava a tagliare con le forbici i negativi di quelli scartati. Credo glielo avesse insegnato Michelangelo Antonioni. Sul set voleva il controllo dei suoi primi piani e prima di ogni inquadratura faceva un lungo studio con il direttore della fotografia, che in ‘Dramma della gelosia’ era il suo compagno di allora, il grande Carlo Di Palma. Che io ricordi, soltanto Anna Magnani aveva la stessa ossessione di voler mostrare il suo lato migliore”. Sul set di ‘A mezzanotte va la ronda del piacere’ ”ricordo ancora tante risate – dice Giannini – C’erano anche Vittorio Gassman e Claudia Cardinale. Ma la mia posizione era cambiata: non ero più schiacciato dai mostri sacri, questa volta facevo un farabutto e trattavo malissimo Monica, bravissima anche nell’interpretare la donna vessata. Tanti anni fa – rivela l’attore – Monica mi invitò nella sua casa sulla collina Fleming dove viveva con Roberto Russo e mi intervistò per un documentario che volevano girare sulla sua vita. Mi colpì l’affiatamento tra i due, si vedeva che si amavano molto. Poi, si sa, nel nostro mestiere le strade si dividono con facilità. Non ci siamo più visti, quindi Monica si è ritirata dalle scene ma io continuavo a pensare a lei con affetto e riconoscenza per le mille cose che, come attore, mi aveva insegnato”.

 

Dopo la tappa del Festival di Venezia, il film ‘È stata la mano di Dio’ sta per arrivare in sala. E Paolo Sorrentino, già premio Oscar, presenta il suo film già Leone d’Argento alla Mostra e candidato per l’Italia alla notte d’oro di Los Angeles, a Napoli. Protagonista viva e pulsante come gli altri personaggi dell’opera ispirata alla sua dolente storia personale. “In questo film si ride e si piange. E io sono emozionato come al mio matrimonio“. Un film coraggioso, diverso dalle altre pellicole sorrentiniane ma fino a un certo punto perché lo stile dell’autore de La Grande Bellezza è inconfondibile. La morte di entrambi i genitori quando Sorrentino era ancora un adolescente è un dolore che non potrà passare: “Questo era un film che non si poteva raccontare come gli altri: bisognava far parlare i sentimenti e le emozioni. Ho lasciato gli attori più liberi, alla ricerca della verità. E poi mi sono chiesto: vediamo se posso essere come altri miei colleghi che ottengono molto lavorando poco”. A chi gli chiede quanta quota della sua vita reale sia entrata nel film, Sorrentino scherza: “Le percentuali non ve le darò ma c’è tanta verità. Sentimenti e intenzioni sono assolutamente reali, c’è solo qualche forzatura cronologica perché non volevo raccontare un arco temporale di 20 anni”. Il coraggio di farlo è arrivato con la maturità: “Forse l’ho fatto adesso perché ho l’età giusta per farlo: ho compiuto 50 anni l’anno scorso e mi è parso che ero abbastanza grande e maturo per affrontare un film personale“. Se c’è un riferimento è al Troisi regista. Finisce come un film di Troisi. Il mio nume tutelare in questo film è Troisi”. Come ormai molti sanno il titolo è dovuto non solo all’amore del regista per “il giocatore più grande di tutti i tempi” (citato anche quando fu premiato con l’Oscar) ma perché Diego Armando Maradona in un modo come solo a Napoli sarebbe potuto succedere gli salvò la vita. Fu proprio per andare a vedere Empoli-Napoli a impedirgli di essere con i suoi genitori in montagna quando entrambi morirono per esalazioni di monossido di carbonio. Il Pibe de oro, così importante per il regista, non potrà mai vedere questo film: “Io l’ho visto un’unica volta a Madrid ma lui era distratto. Aveva passato una notte insonne ed aveva avuto dei guai. Del film non sono mai riuscito a parlargli. Non era un uomo facilmente accessibile. Il mio grande rammarico è non poterglielo far vedere“. Il film ha per protagonista un adolescente che già sa che vorrà fare cinema: “Spero che ai ragazzi che lo vedranno arrivi il fatto che il film contiene un’idea di futuro. Il non abdicare mai ad un’idea di futuro. Questo futuro c’è sempre, anche se è invisibile a 17-18 anni”. Il film sarà in sala il 24 novembre grazie a Lucky Red e il 15 dicembre su Netflix . Dopo le rassegne è il tempo del giudizio del pubblico: “Ho passato già tre mesi a presentarlo in giro per festival e parlarne sempre ha fatto in modo che il dolore stia diventando noioso. E questo è di grande aiuto. Annoiarsi di una cosa è una buona scorciatoia per non occuparsene più. Purtroppo – aggiunge sorridendo – a fine film mi tocca ascoltare le storie di lutti simili vissute dagli spettatori”. Poi sarà il momento di iniziare la corsa verso il giudizio dell’Academy che già una volta lo ha portato sul palco del Dolby Theater: “Il mio atteggiamento non è cambiato rispetto a 7 anni fa. Ho solo più consapevolezza del fatto che una quantità di variabili debbano coincidere per vincere un Oscar. La marcia è lenta. Si vive alla giornata. Tu puoi solo lavorare al meglio e sperare che queste variabili si mettano tutte nella direzione giusta”. Prodotto da Lorenzo Mieli e dallo stesso Paolo Sorrentino per The Apartment, società del gruppo Fremantle, il film ha tra le sue stelle il sempre mimetico Toni Servillo.

Il regista turco Ferzan Ozpetek, con la sua ultima fatica La Dea Fortuna, ritorna felicemente sui temi preferiti ma in modo originale, con una trama stavolta diversa e convincente. Il messaggio ‘politico’ rimane invariato: una coppia omosessuale ha le stesse criticità e frustrazioni di una coppia eterosessuale; la famiglia amicale, allargata e di quartiere può supplire alle defaillances della famiglia comunemente intesa nella forma di un welfare sociale; una coppia omosessuale può crescere, benissimo, ed educare dei figli, purché vi sia vero amore. Prova magistrale di Stefano Accorsi: sensibile ed efficace la sua interpretazione. Sua la frase del film per me più significativa ‘io lo amo, io so chi è’. Jasmine Trinca si conferma una ‘signora’ del cinema italiano con la sua non comune eleganza e la sua fortissima espressività. Barbara Alberti, nel ruolo della nonna dispotica, risulta odiosa, come in tutte le sue apparizioni televisive. Perfetta per quel ruolo: nessuno sforzo recitativo. Edoardo Leo in una delle sue prove più riuscite ed è evidente la sua crescita professionale, artistica, recitativa.
PS: il film veicola il pensiero che nelle coppie gay il tradimento seriale sia regola inevitabile e comunemente accettata. Sarà vero?

Dopo il grande successo di pubblico e critica il film “Il traditore” di Marco Bellocchio concorrerà agli Oscar rappresentando l’Italia nella nuova sezione International Feature Film, una volta detta ‘film straniero’. La decisione è stata presa dalla Commissione di Selezione per il film italiano da designare istituita dall’Anica lo scorso giugno, su incarico dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, riunita davanti a un notaio e composta da Roberto Andò, Laura Bispuri, Stefano Della Casa, Daniel Frigo, Gianni Quaranta, Mario Turetta, Alessandro Usai, Anne-Sophie Vanhollebeke, Alessandra Vitali. Unico film italiano in concorso alla 71esima edizione del Festival di Cannes, tratteggia, per la prima volta nella storia del cinema, la figura, peculiare a dir poco, di Tommaso Buscetta; ad interpretare il boss dei due mondi l’apprezzatissimo Pier Francesco Favino. Il regista Marco Bellocchio ha più volte raccontato la genesi di questo film, anche a Palermo, sottolineando la scoperta di sfaccettature di quest’uomo, per certi versi affascinante, non dimenticando mai la portata delle sue azioni violente. La pellicola, produzione internazionale girata tra Palermo e il Brasile, è un racconto fatto di violenze e di drammi, che inizia con l’arresto e l’estradizione di Buscetta in Italia, passando per l’amicizia con il giudice Falcone e gli irreali silenzi del Maxi Processo alla mafia. Tutte le tappe “storiche” vengono ripercorse: dallo stermino della famiglia di Buscetta, che non si riteneva un traditore, alla bomba di Capaci, passando per la rivelazione cruciale che fece comparire il nome di Andreotti: un tragico boomerang che lo costringerà a fuggire dall’Italia per sempre. Il film dal cast artistico di tutto rispetto, annovera le musiche di Nicola Piovani, e tra gli altri attori Luigi Lo Cascio nei panni di Totuccio Contorno, Fausto Russo Alesi (Giovanni Falcone), Vincenzo Pirrotta (Luciano Liggio), Gabriele Cicirello (figlio di Buscetta), Rosario Palazzolo (Giovanni De Gennaro) e Ludovico Caldarera (Salvatore Cangemi) e la giovane rivelazione Ada Nisticò che interpreta la figlia di Buscetta.

Dal 7 gennaio sarà nelle sale ‘Gli uccelli’ di Alfred Hitchock in versione restaurata.
“Questo film – il più compiuto, il più meditato, il più profondo di Hitchcock, insieme a Psycho – si legge sul sito Anica che annuncia l’arrivo nelle sale cinematografiche dal 2019- è l’austera riflessione di un uomo che si interroga sui rapporti tra l’umanità e il mondo. Rapporti considerati da tutte le possibili angolazioni, tanto quella metafisica, occulta, filosofica, scientifica, psicanalitica (in questo film la psicanalisi è fondamentale) quanto semplicemente quella naturale. Riflessione pessimista, apocalittica. È la più grave accusa contro la nostra società materialista, alla quale non accorda che poche speranze prima della catastrofe”. Nel cast Tippi Hedren
Rod Taylor, Jessica Tandy, Susan Pleshette.
Di Alfred Hitchock; Genere: drammatico; nazionalità: Usa; Anno: 2019; Distributore: Cineteca di Bologna Distribuzione

Enrico Vanzina farà un film sullo “sfascio della politica italiana.” Lo ha annunciato lo stesso regista parlando ai cronisti a Firenze, a margine di un evento della Figc. “Voglio fare un film sulla situazione politica – ha detto – Si continua a dire spessissimo in Italia ‘’sembra un film dei Vanzina’. Con mio fratello abbiamo raccontato molto l’Italia. Ecco, adesso i Vanzina fanno un film su quelli che ci dicono ‘sembra un film di Vanzina’. Ed ha aggiunto: “Deve uscire presto, penso sarà entro novembre”.
Si tratterà “una commedia”, ha continuato il regista, spiegando che “in questo caso vogliamo fare una specie di divertente riassunto sullo sfascio totale, non solo di questi politici più giovani, ma in generale, per mostrare come è comica la politica italiana. Sarà anche un film un po’ farsesco”.
Sul cinema italiano il regista ha detto che “è un disastro. La colpa è di tutti, anche nostra. Il cinema italiano vive una situazione aberrante: la gente non va a vedere i film, ma si producono 220 film all’anno. Non capisco davvero cosa stia succedendo”.

Roma Golpe Capitale è un film che racconta, dipana e scoperchia il dramma politico e umano che fa da sfondo al caso Marino, sindaco di Roma nel 2013.

Il film di Francesco Cordio, che sarà nelle sale da lunedì 19 marzo, arriva al grande pubblico all’indomani della sentenza d’appello che ribalta l’assoluzione in primo grado dell’ex sindaco Ignazio Marino sul tema degli scontrini. Nel 2013, Roma sceglie Marino come sindaco. chirurgo di fama internazionale, divenuto nel 2006 senatore della Repubblica da indipendente nelle liste dei Democratici di Sinistra (oggi Partito Democratico), vince le primarie del centrosinistra ed è poi designato Sindaco. A Roma il 30 ottobre 2015 Marino viene costretto alle dimissioni dai consiglieri del suo stesso partito che si dimettono in massa con un atto privato davanti ad un notaio. Quali sono le cause di un atto così grave? Al sindaco cosa viene contestato?

Il docufilm Roma Capitale racconta gli anni 2013-2015 con interviste e testimonianze

Il docufilm raccoglie interviste di importanti firme del giornalismo italiano, magistrati, personalità politiche ed istituzionali che hanno assistito da vicino alle vicende fra il 2013 e il 2015 avendo dalla loro anche una profonda conoscenza sul prima e il dopo di questo periodo storico per la Capitale e non solo. Federica Angeli, giornalista del quotidiano la Repubblica, costretta a vivere sotto scorta per via del suo impegno alla lotta contro la criminalità del litorale romano. Il magistrato Gian Carlo Caselli. Roberto Tricarico, ex capo gabinetto del Sindaco Ignazio Marino. L’architetto Giovanni Caudo, ex assessore all’urbanistica della Giunta Marino, attualmente Professore Associato di Urbanistica presso l’Università degli Studi di Roma Tre. Francesca Danese, ex assessore al welfare e politiche sociali della Giunta Marino, oggi Portavoce Forum Terzo Settore. Loredana Granieri, ex capo staff Assessore Cattoi della Giunta Marino. Francesco Luna, giornalista e blogger per Il Giorno e l’AGI. Massimiliano Tonelli, giornalista e direttore di Artribune e co-fondatore del blog Roma fa schifo. Lila Yawn, Professore Associato di Storia dell’Arte presso la John Cabot University.

Il film è stato realizzato con il supporto di artisti, sia musicali che visuali, che hanno voluto offrire il proprio contributo al lavoro. Tra questi Arturo Annecchino, Willian Kentridge, Le Nuove Tribù Zulu. Hanno inoltre collaborato e contribuito alla colonna sonora una serie di brani editi dalla casa editrice e discografica Flipper Music.

La scheda: Regia, soggetto e sceneggiatura: Francesco Cordio; Fotografia: Mario Pantoni; Montaggio: Giulio Tiberti; Casa di produzione: Own Air; Distributore Own Air; Genere documentario, Nazionalità: Italia, Anno 2018; Grafiche e locandina a partire da un’opera di William Kentridge donata per il film. Durata: 100 minuti

Ha avuto quattro nomination agli Oscar il film Chiamami col tuo nome del regista italiano Luca Guadagnino: miglior film, miglior attore protagonista (iTimothée Chalamet), migliore sceneggiatura non originale (James Ivory) e miglior canzone originale (Sufjan Stevens – Mistery of love). Il titolo inglese del film è Call me by your name. Guadagnino è nato a Palermo nel 1972. Produttore, sceneggiatore e regista, Guadagnino ha iniziato la sua attività nel 1996 come documentarista.

Tre manifesti a Ebbing, Missouri, vince la 75esima edizione dei Golden Globe. Due dei protagonisti, Frances McDormand e Sam Rockwell, si aggiudicano i premi rispettivamente come miglior attrice e come miglior attore non protagonista. I riconoscimenti americani per il cinema e le serie tv, considerati antesignani degli Oscar, sono stati consegnati la scorsa notte al Beverly Hilton Hotel di Beverly Hills, Los Angeles, in California.
Tre manifesti a Ebbing, Missouri, film drammatico di Martin McDonagh batte La forma dell’acqua del messicano Guillermo Del Toro a cui viene assegnato il premio per la miglior regia. Miglior commedia al femminile, Ladybird, diretto dalla regista Greta Gerwig con Saoirse Ronan, protagonista, che riceve un riconoscimento come migliore attrice in una commedia. Gary Oldman ottiene il Golden Globe come miglior attore drammatico per L’ora più buia in cui interpreta il Cancelliere Winston Churchill.
Nicole Kidman, Laura Dern e Elisabeth Moss sono premiate per la serie tv Big Little Lies che racconta di una storia di mamme di Monterey che condividono storie di violenze domestiche. La 75esima edizione dei Gloden Globes sarà ricordata soprattutto per il red carpet che ha accolto le donne di Hollywood in abiti neri, in segno di protesta contro gli abusi sessuali. Molte star hanno postato i loro commenti su Twitter con l’hashtag #whywewearblack.

Dal romanzo di Agatha Christie, Assassinio sull’Orient Express il film di Kenneth Branagh, dal 6 dicembre al cinema, racconta la storia di tredici estranei bloccati su un treno, in un viaggio di lusso, dove ciascuno di loro è un sospettato di un misterioso delitto. Un uomo dovrà combattere contro il tempo per risolvere l’enigma prima che l’assassino colpisca ancora.
nel cast: Johnny Depp, Daisy Ridley, Michelle Pfeiffer
film di Kenneth Branagh; genere: giallo; nazionalità: Usa; anno 2017; distributore: 20th Century Fox Italy. (trailer: www.appuntamentoalcinema.it)