“Stiamo gestendo un patrimonio importante che è quello dei dati. È una merce che ci costa apparentemente poco o nulla ma che invece dobbiamo tutelare nel nostro interesse e in quello del singolo”. Per farlo nel modo corretto è “necessario un cambio culturale, non possiamo più fare finta di niente come stiamo facendo oramai da tanto tempo”. È il monito che arriva da Riccardo Imperiali, avvocato tra i massimi esperti in strategie aziendali e data protection che invoca la necessità di una maggiore consapevolezza in chi gestisce i nostri dati sensibili sia a livello pubblico sia privato. I dati personali “rappresentano un nuovo asset per un’azienda” ma è essenziale “anche il rispetto nei confronti del singolo, del cittadino, perché quei dati sono suoi”. “Tutto questo oggi – lamenta Imperiali – non è avvenuto o è avvenuto molto poco perché abbiamo fatto sempre i distratti rispetto alle normative che via via si proponeva di applicare. Oggi si parla prepotentemente del Gdpr” (il Regolamento generale europeo sulla protezione dei dati): si corre ai ripari con “l’informativa piuttosto che la clausola di consenso mettendo appeso un avviso vicino al muro. Non è quello il Gdpr, non è questa la disciplina, è proprio l’esatto opposto”. “Il problema – spiega l’esperto – è culturale: oggi si pensa di ricorrere a un consulente, a un manuale per poter risolvere l’aspetto formalistico della norma ma prima di arrivare a quell’aspetto formalistico, c’è da gestire un processo interno di formazione delle persone, capire di che cosa stiamo parlando, di perché il dato è importante”.