Gli ultimi episodi di violenza e di razzismo verificatisi in occasione della partita di calcio di serie A Inter-Napoli, con l’uccisione di un tifoso della squadra milanese, investito da un Suv a poca distanza dallo stadio, e con i cori razzisti all’indirizzo del giocatore di colore del Napoli, Kalidou Koulibaly, ci dicono, in modo chiaro e netto, che il problema annoso della violenza dentro e fuori gli stadi non é stato mai risolto, nonostante i provvedimenti adottati dalla Federazione italiana gioco calcio e gli interventi legislativi, unitamente all’attività di repressione da parte delle forze dell’ordine. Nonostante tutti questi sforzi, si continua ad assistere a scene di guerra tra gruppi antagonisti di tifosi, all’uso di armi di ogni genere, al lancio di molotov, sassi, e al sequestro di coltelli. La celebrazione di una partita di calcio é ormai sempre più spesso equiparata, dalle frange più violente del tifo, come un appuntamento bellico durante il quale vendicare torti e oltraggi subiti, conquistare prede e bottini dei supporters avversari, far scorrere sangue nemico. Risulta evidente che all’inasprimento delle pene e all’impiego di maggiori unità di polizia e carabinieri serve anche una netta recisione di ogni legame tra le società calcistiche e il tifo organizzato, dentro il quale agiscono, indisturbate, squadre di delinquenti di ogni genere, legittimati nel ruolo di tifoserie e con una copertura alla realizzazione di ogni genere di reato. Sul fronte della lotta al razzismo si registra qualche segnale positivo, grazie alla posizione assunta dai giocatori e dalle società di calcio e i casi di cori contro giocatori di colore sono calati. I presidenti delle società di calcio prendano le distanze dagli ultras delle loro squadre e la smettano di foraggiare, a vario titolo, capi e capetti delle curve. Non ve ne é alcun bisogno.