Riina

“Erano diversi i canali di comunicazione tra Riina-Dell’Utri-Berlusconi. E’ lo stesso Riina che lo racconta mentre è intercettato in carcere senza sapere di essere ascoltato”. Lo ha detto il pm Nino Do Matteo, proseguendo la sua requisitoria al processo sulla trattativa tra Stato e mafia. E recita alcune delle frasi intercettate in carcere al capomafia: “Ma noi altri abbiamo bisogno di Giovanni Brusca per cercare Dell’Utri? Questo Dell’Utri è una persona seria…”, diceva Riina al codetenuto Alberto Lorusso. E ancora: “…Berlusconi in qualche modo mi cercava… si era messo a cercarmi… mi ha mandato a questo… Gli abbiamo fatto cadere le antenne – diceva Riina in un’altra intercettazione del 2013 – e non lo abbiamo fatto più trasmettere”. (AdnKronos)

E’ morto a 83 anni Bernardo Provenzano. E’ stato uno dei boss mafiosi piu’ pericolosi e sanguinari di Cosa Nostra. Autore di decine di omicidi, latitante per 43 anni, figlioccio di Luciano Liggio e compare di Toto’ Riina. Catturato nel 2006 in un casolare, ha trascorso gli ultimi dieci anni della sua vita in carcere, alle prese con una malattia che gli ha tolto la capacità di ragionare e la lucidità. Chissa’ se i giovani e ambiziosi mafiosi che desiderano emularne le gesta riusciranno a guardare alla sua vita e a trarne delle conclusioni. Che vita ha fatto Provenzano? Carcere, sangue versato, una vita in fuga, sempre a guardarsi le spalle, con l’incubo di essere arrestato o ucciso. Una vita nell’anonimato, lontano dai propri figli, tra disagi e guerre di mafia. Luciano De Crescenzo, attore, e regista filosofo, nello straordinario monologo del film ‘Cosi parlò Bellavista’ dinnanzi a un camorrista, cosi recita e le sue parole potrebbero essere destinate a Bernardo Provenzano ‘…Perché penso io: Gesù sì, fate pure i miliardi, guadagnate, però vi ammazzate tra di voi, poi anche quando non vi ammazzate tra di voi, ci sono le vendette trasversali, vi ammazzano le mamme, le sorelle, i figli… Ma vi siete fatti bene i conti? Vi conviene? E poi, tutto sommato, non è che fate una vita di merda?”

Non si placano le polemiche per l’episodio dell’inchino della processione di San Giovanni Evangelista, che si é avuto a Corleone, davanti alla casa del boss Toto’ Riina, in via Scorsone 24, mentre sua moglie Ninetta Bagarella era affacciata al balcone. E’ l’ennesimo caso di processioni religiose sotto la regia oscura di proseliti di boss del paese in questione, nonostante le precauzioni e i controlli posti in essere dalle forze dell’ordine e le grida di protesta che provengono dalla Chiesa. Si tratta, con ogni evidenza, di situazioni che non si riesce a governare, e che dovrebbero testimoniare – da parte della mafia locale – il controllo del territorio e la commistione tra religiosità e potere mafioso. La Cassazione intanto, conferma la pericolosità sociale del Capo dei Capi, Riina, e la sua “capacità” di “mantenere i contatti con la cosca, a motivo della conferma del carcere duro per l’ex capo di Cosa Nostra. Queste le motivazioni con cui la Suprema Corte ha respinto il reclamo di Riina contro l’ordinanza del tribunale di sorveglianza di Roma, che il 18 aprile 2014 aveva convalidato il decreto del carcere duro emesso dal Guardasigilli il 26 novembre 2013: il decreto prorogava l’applicazione del 41 bis.