Ucraina

Che in ogni guerra la verità fosse la prima vittima lo sappiamo da sempre. Aveva ragione Eschilo. Oggi possiamo dirlo ancora con maggiore cognizione di causa. Le attività di propaganda e di disinformazione in questo conflitto russo-ucraino non conoscono sosta perché si ha la consapevolezza che gran parte dell’esito di questa guerra dipenda da come verrà raccontata, dalla capacità di condizionamento che verrà esercitata sugli alleati più o meno palesi, dall’influenza e dalle pressioni che agiranno sull’opinione pubblica mondiale e, quindi, sui governi. Inutile negare, in tal senso, il ruolo nevralgico della tecnologia digitale nelle attuali dinamiche del conflitto, soprattutto come strumento per attacchi informatici e per amplificare gli effetti negativi dell’opera di disinformazione. Una specie di inedito cyber-conflitto dalle complesse dinamiche e dagli effetti incontrollabili. Le notizie che giungono in tempo reale dal teatro di guerra, l’impatto del virtuale sul conflitto, offrono un quadro che va interpretato ed è in questi spazi che si innesta il dibattito sulle ragioni e sui torti, sugli eccessi, le responsabilità e le colpe di un fronte sull’altro. In questo contesto proliferano, senza alcuna forma di controllo, campagne di disinformazione per quella che in molti hanno definito la prima guerra di Internet con l’avvento dell’era dei social media, proprio per evidenziare l’impatto che il virtuale sta assumendo sull’evoluzione del conflitto. Putin da una parte e Zelensky dall’altra, a contendersi i favori dei social media. In tutto questo, il controllo delle informazioni da parte del Cremlino e la chiusura di emittenti nazionali indipendenti, cosi come la sospensione dei servizi giornalistici resi dalla stampa internazionale. La libera stampa si conferma non solo come l’elemento che, più di altri, connota uno Stato, il suo livello di libertà e di democrazia, ma anche come lo strumento grazie al quale un governo può condizionare in un senso o nell’altro, il dibattito e il confronto tra i vari attori e la formazione di una pubblica opinione.

“Al crescente isolamento del Presidente Putin, dobbiamo opporre l’unità della comunità internazionale. L’Ucraina ha il diritto di essere sicura, libera, democratica. L’Italia – il Governo, il Parlamento, e tutti i cittadini – sono con voi, Presidente Zelensky”. Lo ha affermato il premier Mario Draghi, chiudendo il suo intervento in Aula alla Camera dopo le parole del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. “Le sanzioni che abbiamo concordato insieme ai nostri partner europei e del G7 hanno l’obiettivo di indurre il Governo russo a cessare le ostilità e a sedersi con serietà, soprattutto con sincerità, al tavolo dei negoziati. Davanti alla Russia che ci voleva divisi, ci siamo mostrati uniti – come Unione Europea e come Alleanza Atlantica’ – ha aggiunto il premier. ‘Finora, queste sanzioni hanno colpito duramente l’economia e i mercati finanziari della Russia, e i patrimoni personali delle persone più vicine al Presidente Putin. In Italia abbiamo congelato beni per oltre ottocento milioni di euro agli oligarchi colpiti dai provvedimenti dell’Unione Europea”.

L’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe sovietiche e l’attacco militare scandito dalle bombe contro Kiev sono il frutto di una visione imperialista da parte di Putin ma anche, purtroppo, la conseguenza della debolezza della diplomazia internazionale e di quella politico-militare della Nato e della Ue. Si sta giocando una partita a scacchi e lo zar Wladimir può contare sulle paure degli Usa e sulla contraddittoria strategia dell’Unione Europea che stavolta sembra parlare una sola voce ma risulta inoffensiva e scarsamente credibile. La minaccia di sanzione economiche Putin l’aveva messa nel conto e ha attaccato l’Ucraina nella consapevolezza che sarebbero puntualmente arrivate. Evidentemente non sono bastate e non basteranno a fargli cambiare idea e piani. L’obiettivo é quello di annettere l’Ucraina e di non avere il fiato sul collo di un paese democratico e filo-Nato confinante con Mosca. Tutto il resto e relativo e variabile. I calcoli sono stati fatti e, evidentemente, i benefici sono, al momento, maggiori delle eventuali perdite. L’Unione Europea, l’Onu, gli Usa si facciano un esame di coscienza. Si interroghino su tutto ciò che é stato fatto per scongiurare una guerra ‘telefonata’, di cui si conoscevano persino i tempi e le modalità di avvio. Si chiedano di quali strumenti dispongano per invertire una rotta che sembra esiziale. Le conseguenze di questo conflitto possono essere tremende e coinvolgere tutto il mondo. Come una pandemia. Peggio di una pandemia e con molti più morti.

Moldova, Ucraina e Georgia hanno chiesto al Parlamento europeo quali siano le loro reali possibilita’ di adesione all’Unione europea. Lo ha annunciato il presidente del parlamento di Chisinau, Andrian Candu, il quale ha presentato una dichiarazione congiunta firmata con gli omologhi di Ucraina e Georgia. I tre paesi chiedono al Parlamento europeo di approvare una risoluzione con cui venga offerta una prospettiva chiara sull’adesione prima del vertice del Partenariato orientale, in programma per novembre 2017. Il Partenariato orientale e’ stato lanciato nel 2009, al fine di favorire la promozione dell’associazione politica e dell’integrazione economica tra l’Ue e i sei stati partner dell’Europa Orientale: Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina.

Intervento massiccio delle forze dell’ordine francesi per contrastare le azioni violente di tifosi dell’Ucraina e della Polonia prima dell’incontro di calcio che vedrà sfidarsi le due nazioni. Ultrà con i colori delle due nazionali si sono scontrati nel centro storico di Marsiglia, costringendo la polizia a intervenire. Dopo un fitto lancio di bottiglie, sono stati sparati dei gas lacrimogeni e due persone sono state arrestate. Anche in questo caso la polizia francese non é riuscita a prevenire e ad allontanare le due tifoserie che possono ‘vantare’ altri scontri in tutta Europa.