Wall Street Journal

Peter Navarro, uno dei consiglieri falchi di Donald Trump alla Casa Bianca, per girare un documentario sui pericoli per gli Stati Uniti della politica commerciale cinese, si e’ rivolto alla Nucor Corp, una societa’ siderurgica Usa. Lo rivela il Wall Street Journal, secondo il quale Nucor ha effettuato pagamenti per finanziare il film attraverso un’organizzazione no-profit di San Diego, guidata da un amico dello stesso Navarro. L’accordo, secondo quanto rivelano 3 ex dipendenti del no-profit, e’ stato esaminato come parte di una piu’ ampia indagine Fbi del 2012 sulle finanze del settore no-profit. Il WSJ precisa che non sono state presentate accuse. Navarro e’ ora un consulente commerciale di spicco della Casa Bianca e ha un ruolo decisivo nel portare avanti le proposte protezionistiche di Trump sul commercio. La sua connessione con Nucor, evidenzia il WSJ, sottolinea gli ampi legami storici tra i migliori consulenti commerciali di Mr. Trump e l’industria siderurgica statunitense, che beneficera’ delle tariffe imposte recentemente dall’amministrazione Trump. Anche il ministro del commercio Wilbur Ross, riferisce il WSJ,un veterano di Wall Street, ha speso oltre 1 miliardo di dollari per acquistare acciaierie in difficolta’ e le ha assemblate in una nuova societa’, la International Steel Group, che ha venduto per 4,5 miliardi di dollari alla famiglia Mittal nel 2004, Ross ha fatto parte del consiglio di amministrazione di ArcelorMittal fino a diventare segretario commerciale lo scorso anno.

Hacker al lavoro per conto del governo russo avrebbero sottratto all’Agenzia per la sicurezza nazionale statunitense (Nsa) una serie di dati relativi ai metodi impiegati dall’intelligence Usa per penetrare nelle reti informatiche di paesi esteri. Lo riferisce il “Wall Street Journal”, citando “molte persone al corrente della vicenda”. La violazione sarebbe avvenuta quando un contractor della Nsa ha trasferito i dati sensibili nel proprio computer personale. La persona in questione impiegava come antivirus un prodotto della nota azienda informatica russa Kaspersky Lab, gia’ sospettata di offrire “falle” utilizzabili dall’intelligence di Mosca, e questo ha permesso agli hacker di identificarlo e sottrarre i dati. Esperti consultati dal quotidiano hanno affermato che si e’ trattato di una delle piu’ significative violazioni della sicurezza negli ultimi anni, e confermerebbe che i russi utilizzano prodotti commerciali per spiare gli Stati Uniti. Secondo lo fonti del “Wsj”, l’incidente sarebbe avvenuto nel 2015, ma e’ stato scoperto soltanto nella primavera dell’anno scorso. Il materiale sottratto comprende dettagli sui metodi usati dalla Nsa per penetrare nelle reti informatiche straniere, i codici usati e i sistemi adottati per assicurare protezione alle reti negli Usa. Queste informazioni hanno reso i russi in grado di infiltrarsi nelle reti statunitensi e di altri paesi, e al contempo di proteggere i propri sistemi informatici da violazioni da parte dell’intelligence Usa. portavoce della Nsa, interpellato dal “Wall Street Journal”, non ha voluto commentare le presunta violazione di sicurezza. “Che sia vera o no l’informazione – ha detto – la politica della Nsa e’ di non fare commenti su questioni che riguardano gli affiliati o questioni personali”. Ha sottolineato che, comunque, il Dipartimento della Difesa, di cui l’agenzia fa parte, non impiega antivirus Kaspersky. Quest’ultima, in un comunicato, ha detto che ” non le e’ stata fornita alcuna informazione o prova che confermi il presunto incidente, e pertanto riteniamo che si tratti di un altro esempio di falsa accusa”.

“Ritorna uno sguardo diffidente sul mercato del debito dell’Italia” in quanto “i segnali di un cambio di politica della Bce ravvivano le preoccupazioni su come se la passera’ Roma”. E’ quando afferma in un’analisi il Wall Street Journal, secondo cui “la recente volatilita’ sul mercato dei titoli ha accresciuto vecchie paure in Europa”, in particolare gli effetti della fine del QE sui paesi periferici dell’eurozona come l’Italia. Infatti, anche se “per il momento non c’e’ nessun segno di panico o ragione di allarme”, gli investitori “sono diffidenti perche’ a un certo punto l’aumento degli yield sui bond italiani corrono il rischio di creare circoli viziosi nell’economia reale attraverso costi piu’ alti”. Secondo il Wsj, “il rischio reale a breve termine e’ che” la fine del QE della Bce “possa cristallizzare le paure sui rischi politici italiani in vista delle elezioni generali”, dove se vincesse il M5S “l’eurozona piomberebbe in una crisi da cui non c’e’ via di fuga evidente”. I rischi pero’ restano anche sul lungo termine, in quanto nonostante le ultime riforme in Italia e’ “inverosimile” che queste possano far salire le prospettive di crescita a “livelli che rimuoverebbero le preoccupazioni sulla sostenibilita’ del debito a lungo termine”. Per arrivare a questo, infatti, “l’Italia ha bisogno di un governo stabile impegnato a fare le riforme” e “finche’ non ne trova uno, lo spettro della crisi continuera’ a perseguitare l’Italia e l’eurozona”.

Wall Street Journal: non e’ ancora il momento di scommettere contro l’eurozona

L’eurozona e’ riuscita difficoltosamente a sopravvivere a sette anni di crisi economico-finanziaria, e quasi certamente fara’ lo stesso nel 2017, scrive l’opinionista Simon Nixon sul “Wall Street Journal”.Di questi tempi, sottolinea Nixon, nessuno appare interessato alle buone notizie provenienti sul fronte economico dal Vecchio continente. Tra investitori e policy maker, “il dibattito e’ monopolizzato dai rischi politici e da come questi ultimi possano reinnescare la crisi del  debito dell’eurozona”. Nei circoli politici britannici, dove “la fine imminente dell’eurozona costituisce un articolo di fede sin dal momento della sua nascita”, il dibattito relativo ai rischi politici e’ divenuto via via piu’ acceso ed entusiastico dopo il referendum sulla “Brexit” della scorsa estate. I sostenitori dell’uscita del Regno Unito dall’Ue, vittoriosi al referendum, sono convinti che la debolezza del progetto europeo forzera’ Bruxelles a un compromesso con Regno Unito durante i negoziati per il divorzio: si tratta di un argomento “dalla logica difficilmente comprensibile, che potrebbe essere basato soltanto su un auspicio”. Certo, ammette Nixon, “i rischi politici fronteggiati dall’Europa sono reali”, e la vittoria dei populisti in una delle elezioni politiche che si  terranno quest’anno getterebbe senza dubbio nel caos la politica comunitaria. Dopo gli shock del 2016, pero’, i rischi potenziali appaiono ad oggi “poco probabili”: in Francia, sottolinea l’opinionista, i sondaggi danno addirittura il Front National di Marine le Pen in ritirata. E se c’e’ una lezione trasmessa dagli eventi dello scorso anno, questa dovrebbe essere che “le economie sono piu’ resistenti di quanto si creda agli shock politici”. Gli ultimi indicatori macroeconomici confermano che nel Vecchio continente e’ in corso “una ripresa modesta, ma costante”, che dopo tre anni “potrebbe acquistare velocita’, trascinata da una maggiore spesa privata e pubblica e da un miglioramento del quadro globale, dai bassi tassi di interessa e dalla debolezza dell’euro”. L’ultimo dato relativo ai direttori agli acquisti del manifatturiero europeo e’ stato il migliore da maggio 2011, e quello relativo alla fiducia dei consumatori e’ ai massimi da marzo di quell’anno. la disoccupazione e’ in calo, e in Germania e’ ai minimi da dopoguerra: 4,1 per cento. La Spagna ha creato 1,6 milioni di nuovi posti di lavoro dal 2013, e in Francia l’output industriale nel quarto trimestre del 2016 e’ stato assai superiore alle aspettative. in Italia, prosegue Nixon, il reddito disponibile aumenta al ritmo maggiore dal 2001, e molti economisti si preparano a rivedere al rialzo le stime di crescita dell’eurozona per quest’anno. Si tratta certo di una ripresa debole, se valutata sulla base degli standard storici: la maggior parte dei paesi dell’eurozona non vedranno espandersi la loro economia piu’ dell’1,5 per cento, e quel che e’ peggio, il loro tasso di crescita sostenibile a lungo termine appare ancora inferiore a causa dei gravi problemi demografici del Continente e dello scarso aumento della produttivita’. L’eurozona deve anche prestare attenzione al rischio di bolle alimentate dalla ripresa, che spingerebbero in altro l’inflazione troppo rapidamente. Per il momento, fortunatamente, non esistono segnali concreti in questo senso, e difficilmente la Banca centrale europea rivedra’ la sua politica espansiva nel 2017.

“Italia: prossima fermata sulla marcia globale del populismo” e’ il titolo in prima pagina sul Wall Street Journal. “Il referendum rappresenta un voto di fiducia a Renzi e una possibile apertura per M5S” indica Wsj. “La popolarita’ di Renzi e’ in flessione – si legge – e i recenti sondaggi suggeriscono che il No prevarra’, anche se sono ancora molti gli indecisi. Un esito del genere sarebbe” una nuova vittoria “dei politici anti-establishment in un anno che ha visto la Brexit e la vittoria di Trump, e rafforzerebbe il M5S”. Nel ricordare che nel 2017 anche Francia, Germania e Olanda andranno al voto, Wsj indica che “in Europa come negli Usa gli elettori sono arrabbiati con le elite politiche e frustrati per la bassa crescita” e riassumendo la difficile situazione economica dell’Italia, in particolare al sud, si spiega che questo “profondo malessere economico ha alimentato M5S”. Inoltre, in un editoriale dal titolo “La sorpresa italiana”, (pagina 10) Wsj afferma che gli elettori italiani potrebbero esprimere “‘la sorpresa’ politica europea meno sorprendente dell’anno, se come prevedono i sondaggi” vincera’ il No. “Forse gli elettori decideranno che una costituzione riformata incoraggera’ l’emersione del giusto tipo di leader – si aggiunge – ma e’ una buona scommessa, che non sara’ la fine del mondo, se non lo fanno”.

“Per riformare l’Italia, Renzi dovrebbe dimettersi”. E’ il titolo di una analisi, firmata dallo storico argentino Pierpaolo Barbieri e pubblicata dal Wall Street Journal nella pagina delle ‘Opinioni’, in cui l’autore, enunciando un paradosso, afferma: “Vinca o perda il referendum di dicembre, il primo ministro dovrebbe ricordare agli elettori che vale la pena tenerlo”. Barbieri, direttore esecutivo di Greenmantle, societa’ di consulenza e analisi macroeconomica e geopolitica, e consulente presso l’Institute for New Economic Thinking ed il Berggruen Institute of Governance, parte dall’appello di Obama affinche’ il premier resti in carica indipendentemente dal risultato del 4 dicembre affermando che al contrario “dovrebbe dimettersi in ogni caso”. Dopo aver illustrato il contenuto della proposta di referendum costituzionale, Barbieri osserva che “gli oppositori sono molti” e tra questi elenca Mario Monti, Beppe Grillo e Massimo D’Alema che pero’ “non sono uniti da una avversione per la proposta messa al voto ma piuttosto da una profonda antipatia per Renzi”. “Nessun dubbio che ci voglia del tempo per apprezzare il giovane ed esuberante riformista. Ma le riforme del lavoro, dell’economia e del sistema giudiziario che il suo governo ha approvato dal suo arrivo al potere sono la cosa piu’ vicina ad una profonda riforma strutturale cui l’Italia sia mai arrivata da decenni. Qualcosa che ricorda la ‘agenda 2010’ che nel 2004 ha trasformato la Germania da ‘malato d’Europa’ alla potenza economica che e’ oggi” scrive Barbieri sul Wsj. Osservando che “il pasticcio fatto dal M5S con la giunta a Roma serve a ricordare che quello di governare non e’ un lavoro per dilettanti”. Barbieri poi afferma, portando una serie di motivazioni, che “l’Italia ha bisogno di Renzi” e che “anche l’Europa ha bisogno di Renzi” prima di sostenere che “paradossalmente e’ per questo che Renzi dovrebbe annunciare l’intenzione di dimettersi indipendentemente dal risultato del referendum”, un modo per “cristallizzare negli elettori il fatto che la scelta e’ tra riforme e stasi”. Barbieri conclude che “molti osservatori stranieri guardano con trepidazione” al referendum ipotizzando, in caso di vittoria del no, “la fine del riformismo in Italia”. “Ma non necessariamente e’ cosi’. Rendendo chiaro che intende dimettersi comunque vada, Renzi puo’ indebolire chi lo critica e alla fine rafforzare la sua posizione. In America un prsidente puo’ ‘resistere ancora un po” solo conquistando un secondo mandato. In Italia un primo ministro riformista per resistere deve, temporaneamente, lasciare”.

Il referendum costituzionale in Italia e’ ”cruciale”, probabilmente ”piu’ importante del voto sulla Brexit”. Lo afferma il Wall Street Journal in un’analisi sulla crescita dell’Europa, spinta dalla Germania e in cui l’Italia e’ indietro rispetto agli altri partner. ”I mercati guardano alle potenziali ricadute del voto, dato che il premier Matteo Renzi vi ha messo in gioco la sua reputazione. Il “costo reale” del referendum per l’Italia, nel caso in cui ”la riforma fosse respinta, sarebbe un’economia probabilmente bloccata in una bassa crescita”. ”Le azioni della Bce stanno sostenendo l’Italia, insieme agli altri membri dell’area euro. Ma e’ chiaro che la politica monetaria non puo’ spingere la crescita potenziale, la politica ha le chiavi per farlo. Il referendum potrebbe essere un altro punto di svolta per l’Italia e per l’Europa”.

Come annunciato nei giorni scorsi, Facebook scommette sempre di più sui video. L’idea è quella di invitare le celebrità a creare video per Facebook Live, il servizio di live streaming. A darne notizia è il Wall Street Journal. Citando alcune fonti, sostiene che la società ha già siglato 140 contratti per più di 50 milioni di dollari. Fra i firmatari ci sarebbero per gli editori Cnn, New York Times, Huffington Post; tra i vip personaggi come Kevin Hart e Gordon Ramsay . Diciassette dei contratti firmati supererebbero il milione di dollari.