Inflazione attorno allo zero e prestiti in calo alle imprese. Lo sostiene l’Ufficio studi Cgia di Mestre, che ha realizzato un bilancio del ‘Quantitative Easing (Qe)’, l’operazione avviata da Francoforte il 9 marzo del 2015 per riportare il tasso di inflazione al 2 per cento e dare fiato all’economia. “Dopo oltre un anno e mezzo dall’avvio dei massicci acquisti di titoli da parte della Banca Centrale Europea”, si legge nel comunicato del Centro Studi, “in tutta l’Eurozona l’inflazione rimane attorno allo zero e i prestiti alle imprese, in particolar modo in Italia, sono in calo”. Il Centro Studi osserva che, nell’ultimo anno e mezzo, nell’area dell’euro la Bce ha comprato titoli per oltre 1.248 miliardi, in particolare del settore pubblico oltre 1.061 miliardi di euro” e, nonostante questa grande immissione di liquidità, “I risultati del Qe sono stati deludenti specie se si considera che, nell’ultimo anno, il livello medio dei prezzi nell’Area dell’euro è cresciuto di appena lo 0,2 per cento mentre i prestiti alle società non finanziarie europee sono scesi di 0,5 punti percentuali”. Anche in Germania e in Francia, sostiene l’Ufficio Studi, dove le previsioni di crescita economica per il biennio 2016-2017 sono più favorevoli e i prestiti alle società non finanziarie in aumento, “l’inflazione è prossima allo zero”. La fotografia dell’Italia mostra l’inflazione, con riferimento agli ultimi 12 mesi, “attestata al -0,1 per cento”, mentre “gli impieghi alle imprese (società non finanziarie e famiglie produttrici) sono scesi del 2,9 per cento”. E questo accade, si legge nella nota della Cgia sebbene “la Bce abbia acquistato più di 176,2 miliardi di titoli di stato italiani”, (dati compresi tra il 9 marzo 2015 e il 30 settembre 2016). Dice il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo: “L’acquisto di titoli del debito pubblico dei paesi dell’Euro ha contribuito a garantire una certa stabilità finanziaria ma è evidente come questa grossa iniezione di liquidità non stia raggiungendo i risultati sperati”. E continua: “Una quota rilevante di questi 176 miliardi di euro sono finiti agli investitori istituzionali ovvero alle banche che, però, hanno preferito trattenerseli, aumentando così il livello di patrimonializzazione come richiesto dalla Bce, anziché impiegarli nell’economia reale”. L’analisi sulle regioni italiane segnala, per i dati relativi agli impieghi totali alle imprese nel periodo luglio 2015-luglio 2016, un calo di 26,4 miliardi di euro (- 2,9 per cento). Le contrazioni sono più pesanti nelle regioni: Marche (-10,1 per cento), Lazio (-7 per cento), Veneto (-6,6 per cento) e Molise (- 6,3 per cento). Solo il Piemonte (+4%) ha dimostrato una leggera inversione di tendenza rispetto al trend nazionale. (I dettagli nel comunicato dell’ufficio Studi Cgia di Mestre).