Sapori

Dal 16 al 18 settembre a Palermo si terrà la decima edizione de “L’Isola del Tesolio”, manifestazione dedicata all’olio extra vergine di oliva siciliano, organizzata e promossa dal Consorzio della filiera olivicola (Cofiol) e che vede la partecipazione di produttori, buyer e stampa specializzata. La Sicilia produce circa 50 mila tonnellate all’anno di olio extravergine d’oliva, di queste soltanto il 10% è destinato all’esportazione. Con il riconoscimento dell’Igp Sicilia (Indicazione Geografica Protetta), si punta a rilanciare l’export. Sabato 17 settembre all’hotel La Torre di Mondello si terrà il convegno “Olio IGP Sicilia e aggregazione di filiera”. Previste premiazioni, tavole rotonde con rappresentanti delle istituzioni e imprenditori. Domenica visite guidate alle aziende della filiera olivicola Cofiol.

Come si assaggia questo formaggio Dop che richiede 550 litri di latte per ogni forma e l’impegno costante di allevatori e maestri casari che risale a 9 secoli fa?
Il Consorzio del Parmigiano Reggiano suggerisce la procedura dell’assaggio nel proprio sito ufficiale. Iniziamo da un “adeguato addestramento” di vista, udito, olfatto, gusto e tatto. L’aspetto esteriore è garanzia della buona conservazione del prodotto, dunque guardiamo la forma, le dimensioni, l’aspetto e il colore. Gli stimoli sonori che avvertiamo nella degustazione ci fanno apprezzare la friabilità della pasta, mentre durante la masticazione ne captiamo gli odori e gli aromi.
La lingua, la bocca e la gola sono gli strumenti per assaporare il formaggio. “La lingua – si legge sul sito – è un sensore importantissimo sia per le percezioni tattili, sia per quelle chimiche (sapori). I gusti fondamentali sono quattro: dolce, salato, acido e amaro che si manifestano in successione temporale”.
E infine c’è il tatto, che ci consente di comprendere la struttura e la consistenza del prodotto. “In questo modo si possono valutare le caratteristiche di compattezza, durezza, elasticità, granulosità, friabilità e di temperatura che possono influenzare il gradimento del formaggio”.
Ecco di seguito i passaggi consigliati dal Consorzio per assaggiare il Parmigiano Reggiano: osservare la scaglia o il campione di Parmigiano Reggiano; prenderlo fra le mani e tastarlo; spezzarlo e annusarlo valutandone gli odori; mordere il pezzetto e deformarlo con i denti; masticarlo, facendolo ruotare in tutto il cavo orale; espirare l’aria dal naso e valutare aroma e persistenza globale; valutare l’intensità dei sapori fondamentali; distinguere le caratteristiche della struttura del formaggio percepite in bocca; deglutire il campione e valutare l’eventuale comparsa di retrogusti (sensazione olfattiva e/o gustativa che si percepisce in bocca dopo la deglutizione di un alimento, diversa da quella percepita al momento dell’assaggio).
Zona di origine del Parmigiano Reggiano: Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova destra fiume Po, Bologna sinistra fiume Reno. (Immagine: sito www.parmigianoreggiano.it)

In Sicilia nei mesi estivi fare colazione con granita e brioche è quasi un’abitudine. La granita è un dolce freddo, che trae origine dalla dominazione araba nell’isola, quando la neve dell’Etna veniva conservata e mescolata con frutta e fiori. Il dolce si realizza con acqua, zucchero e frutta, un composto che viene ghiacciato e mescolato continuamente fino ad ottenere una cremosità e densità unica. Una delizia che sta a metà tra un gelato da gustare con il cucchiaino e una bevanda da sorseggiare. In questo concentrato di dolcezza si inzuppa la brioche calda o “brioscia”, come la chiamano in Sicilia. Meglio se è quella con il “cappello”. I gusti della granita sono tanti: limone, mandorla, gelsi, fragola, pistacchio, caffè con o senza panna, tutto dipende dalla fantasia del maestro gelatiere che la prepara.
A Messina la granita al caffè è un marchio tutelato. Servita nel bicchiere di vetro, e tradizionalmente conosciuta come “la mezza con panna”, a marzo è stata inserita tra i marchi di denominazione comunale De.Co. L’idea di un riconoscimento è nata per “censire e valorizzare la produzione tipica locale legata alla storia, alle tradizioni e alla cultura del territorio comunale, quale strumento di promozione dell’immagine del territorio e della città”.
Il registro del marchio di denominazione comunale ha due elenchi in cui vengono classificati i prodotti: uno commerciale e l’altro culturale. I prodotti tipici e dell’artigianato alimentare locale rientrano nel primo gruppo, mentre al secondo appartengono le ricette, le feste i saperi e i luoghi.

Piatti a base di meduse. L’iniziativa è di Enzo Donato, delegato dell’associazione ambientalista Marevivo, che ha organizzato una degustazione di meduse della specie Pelagia Noctiluca a Lipari in provincia di Messina. L’idea è nata dopo l’appello dell’associazione a non fare morire le meduse sulle spiagge, ma a proporle come risorsa alimentare, perché ricche di proteine e collagene. Chef stellati si stanno cimentando nella preparazione di questi piatti. A darne notizia è la Federazione italiana cuochi (Fic) . “Un’iniziativa interessante, sotto vari punti di vista”, commenta Alessandro Circiello, presidente Fic Lazio e responsabile di Media & Pubblic Affairs della federazione. Spiega Circiello, nella nota dell’ufficio stampa Fic: “Innanzitutto perché la medusa potrebbe diventare un alimento per sfamare il mondo, inoltre è ricca di sostanze nutritive. Potrebbe essere utilizzata allo stesso modo delle cavallette in Cina”. E continua: “La medusa in effetti viene già utilizzata nella cucina orientale. Il sapore potrebbe richiamare quello di specifici molluschi, e quindi potrebbe essere cucinata in tanti modi, bisogna solo cimentarsi e approfondire, fare ricerca. Una ricerca motivata sia dagli allarmi sulla fame nel mondo lanciato dalla Fao, sia dalla volontà di rendere i nostri mari più sostenibili”.

Dopo diversi anni di egemonia della dieta iperproteica, la prossima Olimpiade di Rio 2016 sancirà la rivincita dei carboidrati nell’alimentazione dello sportivo. Saranno infatti 2.700 i kg di pasta italiana in Brasile per atleti e addetti ai lavori. Sufficienti a preparare più di 1.000 piatti al giorno per i 16 giorni di gare. Della lunga rincorsa dell’alimentazione mediterranea e della pasta in particolare, diventata ormai la base di tutte le diete degli sportivi si è discusso nel convegno ‘Pasta olimpica – il ruolo dei carboidrati nell’alimentazione dello sportivo’ organizzato da Aidepi (Associazione delle Industrie del Dolce e della pasta italiane) a Piazza di Pietra a Roma. Presenti all’incontro Michelangelo Giampietro, nutrizionista e medico dello sport, degli atleti Flavia Pennetta, campionessa dello Us Open, Giuseppe Vicino, canottiere campione del mondo, dell’amministratore delegato di Pasta Garofalo, Massimo Menna, della responsabile marketing de ‘La Molisana’, Rossella Ferro, e del responsabile delle relazioni esterne di Barilla, Luca Di Leo. “Il fabbisogno di carboidrati aumenta proporzionalmente al crescere delle ore settimanali e all’intensità degli allenamenti -spiega Giampietro-. Per la popolazione generale è di 2-3 grammi per ogni chilo di peso corporeo ma nel caso degli atleti triplica ed è ancora superiore nei giorni precedenti alla gara per maratoneti, nuotatori di fondo, triatleti e ciclisti arrivando fino a 10-12 grammi per kg. Pasta e cereali non devono mai mancare nei menù degli atleti perché rendimento in gara e durata delle prestazione dipendono molto anche dal contenuto di glicogeno muscolare ed epatico e quindi dall’apporto di carboidrati con la dieta”.

La Nutella Ferrero, con il Parmiggiano Reggiano, è nella top ten dei marchi più influenti in Italia. La crema spalmabile si trova al quinto posto della classifica, il Parmiggiano Reggiano al nono. Sono gli unici due brand presenti nel settore dell’alimentazione. Lo rileva una indagine Ispos svolta in 21 paesi, dal titolo “The Most Influential Brands”, realizzata per comprendere il rapporto dei consumatori con le marche nella vita quotidiana.
Sono cinque le caratteristiche che rendono un marchio e un prodotto appetibile al pubblico: “Fiducia e affidabilità; engagement; impegno e ruolo sociale; innovazione; presenza”, spiega Jennifer Hubber, ceo di Ipsos Italia. Da lì il consumatore si muove per orientare le proprie scelte. La passione per la Nutella non ha età. Ha dato gusto alle colazioni e alle merende di intere generazioni e continua a farlo, senza che si sappia qualcosa sulla ricetta. Che è “segreta”, spiegano sul sito di Nutella. Si conoscono gli ingredienti: zucchero, olio di palma, nocciole, cacao, latte, lecitina, vanillina. Ma è una storia di successo che ha origine in una piccola pasticceria fondata nel 1944 ad Alba da Pietro Ferrero e che poi traghetta un marchio nel mondo.Popoli, storie e tradizioni si sono incontrati almeno una volta sotto il nome di questo barattolo. Nel 2005, il 29 maggio, 27.854 persone si sono radunate a Gelsenkirchen, in Germania, per partecipare alla più grande colazione continentale mai realizzata. E nel 2007, il 5 febbraio, si è svolto il primo Nutella day, organizzato da Sara Rosso, blogger italo-americana, per condividere la passione per questa crema.
Le origini della Nutella nascono da un problema da risolvere, proprio come accade nelle storie che poi si rivelano di successo. In principio, Pietro Ferrero, piemontese, vuole creare un prodotto per rimediare alla scarsità di cacao al termine della seconda guerra mondiale. Realizza così una pasta composta di nocciole, zucchero e poco cacao e le dà una forma di panetto da poter tagliare e gustare sul pane. La chiama “Giandujot”, pensando ad una famosa maschera del carnevale torinese. Il 14 maggio 1946 viene fondata la ditta Ferrero e la pasta “Giandujot” si trasforma in un prodotto spalmabile, la SuperCrema. Dopo diverse prove, nel 1964 Michele Ferrero segue le orme del padre e inventa il primo vasetto a base di nocciole e cacao. Lo chiama Nutella, e resterà la crema spalmabile conosciuta in tutto il mondo. Nel 2014 per celebrare i 50 anni di presenza sul mercato, il sito nutellastories.com ha raccolto 76.403 storie di vita quotidiana vissute in compagnia di questa crema che è passata dalle tavole di 114 Paesi. Immagine: www.nutella.com 

Il Prosecco ha fatto registrare dati record e per la sua produzione non sono più sufficienti gli ettari di territorio agricolo destinati alla coltivazione delle uve da cui viene prodotto quest’illustre vino italiano. Il Consorzio del Prosecco DOC, per far fronte a questo problema, ha approvato l’ampliamento delle superfici vitate con uve destinate alla vinificazione del Prosecco di ben tremila ettari.
Frizzante e brioso il Prosecco prosegue la sua scalata tra le vette delle vendite. Vino mosso, dal fine perlage, il Prosecco è uno dei prodotti dell’enologia Italiana in assoluto tra i più apprezzatiti e conosciuti nel mondo. Dall’aperitivo all’accostamento con delicati piatti a base di pesce, da ingrediente base per noti cocktail a bevanda da stappare per festeggiare eventi speciali, il vino Prosecco sta vivendo in questi ultimi anni dei momenti a dir poco gloriosi. La sua produzione è in netto aumento negli anni e così pure le vendite delle bottiglie prodotte. Ad oggi il territorio agricolo destinato alla produzione delle uve atte alla vinificazione di Prosecco non è più sufficiente così per colmare le crescenti richieste del mercato è stato approvato un ampliamento.
Con la prosperosa crescita dell’export del trascorso 2015, e con le previsioni di ulteriori sviluppi del mercato, il Consorzio del Prosecco DOC ha ritenuto necessario destinare altri tremila ettari di terreno agricolo alla coltivazione di uve per la produzione del più noto dei vini mossi italiani. Infatti, per il futuro la crescita del Prosecco non è desinata ad arrestarsi! Una recente indagine, commissionata dal Consorzio al Cirve e a Nomisma, ha rilevato che i vini spumante, in genere, dovrebbero avere una tendenza positiva fino al 2021. Questi dati così ben augurosi sono stati un ulteriore motivo di spinta per far si che si ampliassero i limiti territoriali per la produzione delle uve. Entro il 2017 i nuovi tremila ettari di superficie verranno ripartiti in maniera proporzionale tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, e di questi, 1.500 ettari saranno destinati ai produttori storici mentre la restante metà sarà distribuita ai giovani imprenditori agricoli ed alle coltivazioni Biologiche.
Una notevole svolta per l’antagonista e temutissimo avversario del più blasonato Champagne. Il Prosecco grazie alle sue notevoli qualità organolettiche, alla sua versatilità ed al notevole rapporto qualità prezzo è diventato il prodotto enologico di punta dell’export nazionale. Le vendite di Prosecco in questi anni hanno concretizzato notevoli crescite, tanto da non far bastare più la superficie vitata destinata alla produzione di questo vitigno. L’export già rigoglioso del prosecco è cresciuto nel 2015, in termini di valore del 24,5 per cento e in termini di quantità del 23 per cento. Il 70 per cento dell’imbottigliato viene venduto all’estero, rispettivamente destinato per il 74 per cento in Europa, per il 20 per cento in Nord America e per il 6 per cento fra Asia, Africa, Australia e Sudamerica. Le produzioni di Prosecco nel 2015 hanno registrato un aumento del 15,8 per cento rispetto l’anno precedente, pari a 355 milioni di bottiglie. In termini di volumi la produzione è aumentata dai 2,2 milioni di ettolitri del 2014 ai 3,4 milioni del 2015, pari ad un movimento economico totale intorno agli 1,7 miliardi di euro. Leggendo questi dati non resta che alzare i calici e far tintinnare i cristalli con un coro di Prosit!

Roberto Di Trapani

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