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“C’è chi propone l’abolizione totale dell’Iva, chi delle tasse universitarie, chi promette la scuola gratis a tutti, chi una soglia di tassazione talmente bassa che non troverebbe posto nemmeno nel libro dei sogni: è il Far West della politica, dove molti protagonisti si sfidano a colpi di pistola come se fossero in un saloon”. Così Flavio Tosi, candidato al Senato per Noi con l’Italia. “Io, molto più realisticamente, mi impegnerò perché il prossimo parlamento inserisca in Costituzione un tetto massimo alle tasse oltre il quale la pressione fiscale diventi illegale – spiega Tosi -. E’ un provvedimento di buonsenso e realizzabile in tempi brevi, se ci sarà la volontà di tutti. Ma chi avrà il coraggio di opporsi? Quanto alla soglia massima di tassazione sarà tutto il centrodestra a concordarla, tenendo come punto di riferimento il 23% indicato da Berlusconi nelle ultime settimane”.

A novembre appuntamento pesante con il fisco: tra gli acconti e le addizionali Irpef, l’Ires, l’Iva, l’Irap e le ritenute di imposta, i lavoratori dipendenti, gli autonomi, le imprese e i possessori di altri redditi saranno chiamati a versare all’erario 55 miliardi euro. Lo comunica in una nota l’Ufficio studi della Cgia di Mestre.

FISCO: LE SCADENZE DI NOVEMBRE. IL CALENDARIO CGIA

<<L’imposta più impegnativa da onorare entro la fine del prossimo mese sarà l’acconto Ires in capo alle società di capitali (Spa, Srl, Società cooperative, etc.) – osserva la Cgia – Queste ultime dovranno versare 14 miliardi di euro. L’Iva dovuta dai lavoratori autonomi e dalle imprese ammonterà a 13 miliardi di euro, mentre i collaboratori e i lavoratori dipendenti, attraverso i rispettivi datori di lavoro, daranno al fisco ritenute per un importo di 10,9 miliardi di euro. L’acconto Irpef darà luogo a un gettito di 7,7 miliardi, l’Irap, invece, costerà alle aziende 6,8 miliardi di euro. Le ritenute Irpef dei lavoratori autonomi e l’addizionale regionale Irpef, infine, peseranno in ognuno dei due casi per 1 miliardo di euro.

LE IMPRESE LE PIU’ PENALIZZATE DAL FISCO ITALIANO

Uno dei contribuenti più penalizzati dal fisco italiano sono le imprese. <<Il carico di imposte e contributi previdenziali su queste ultime, infatti, non ha pari nel resto d’Europa>>, sostiene l’Ufficio studi di Mestre.La percentuale in grado di dimensionare questo fenomeno è l’incidenza delle tasse pagate dalle aziende sul gettito fiscale totale. Se nel 2015 (ultimo dato disponibile) in Italia tale percentuale è stata del 14,9, in Irlanda ha toccato il 14,8, in Belgio il 12,9, nei Paesi Bassi il 12,7, in Spagna l’11,8, in Germania e in Austria l’11,6. La media dell’Unione europea è stata pari all’11,5 per cento. <<Sebbene alle nostre imprese sia richiesto lo sforzo fiscale più impegnativo d’Europa – dichiara il Segretario della Cgia, Renato Mason – la qualità dei servizi erogati dallo Stato, invece, è spaventosamente inadeguata. Ricordo, ad esempio, che il debito commerciale della nostra Pubblica amministrazione nei confronti dei propri fornitori è, secondo le ultime stime della Banca d’Italia, di 64 miliardi di euro, di cui 34 riconducibili ai ritardi dei pagamenti>>.

“Ci sara’ un motivo per cui la Costituzione, all’art. 75 che detta i principi sul referendum esclude le leggi tributarie: e’ evidente che, se un cittadino viene chiamato ad esprimersi sulle tasse, dichiarera’ che non le vuole. Era scontato che sarebbe andato cosi’ col referendum consultivo Lombardo-Veneto, un magnifico spottone elettorale che ha visto protagonisti i due testimonial piu’ “istituzionali”, Maroni e Zaia, di cui poteva disporre la Lega. Il quesito politico era equivalente: “volete che le risorse provenienti dalle vostre tasse restino a casa vostra o accettate che ne possano disporre anche al sud?”. Il rapporto Regioni/Stato centrale va ridiscusso, certo, cosi’ come non va sottovalutato il “sentiment” del popolo veneto e lombardo. Ma senza dimenticare che la regola del gioco e’ fissata dalla Costituzione che impone principi come la solidarieta’ e la progressivita’ del sistema tributario. Il che vuol dire che chi piu’ ha piu’ paga per sovvenire anche chi non ha”. Lo afferma il presidente del gruppo Misto alla Camera Pino Pisicchio.

Ci saranno più tasse per gli italiani con il decreto fiscale? No, per il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan.
“Al contrario – risponde il ministro al Tg1- le tasse stanno calando, già con questa misura toglieremo l’aumento dell’Iva”, azione prevista dalle cosiddette clausole di salvaguardia. Secondo Padoan, che ha risposto da Washington, “famiglie ed imprese continueranno continueranno a ricevere il sostegno attuale”.

Nel 2017 la pressione fiscale ufficiale è attesa al 42,5%. Il peso delle tasse sui contribuenti fedeli al fisco, invece, sarà oltre i 6 punti: la pressione fiscale reale, infatti, è prevista al 48,8% del Pil. Lo afferma la Cgia.
““Con un peso reale del fisco italiano tra i più elevati in Europa – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – da un lato è difficile fare impresa e dall’altro chi lavora come dipendente percepisce uno stipendio netto pari alla metà di quanto costa al proprio titolare”.
La Cgia ha analizzato la ragione per cui esiste questo differenziale tra i dati ufficiali e quelli realmente sopportati dai contribuenti onesti. Come è previsto a livello europeo anche il nostro Pil include l’economia non osservata ascrivibile alle attività irregolari. Per l’Istat nel 2014 l’economia non osservata ammontava a 211 mld (13% Pil): 194,4 del sommerso economico,16,9 delle attività illegali. In questa analisi, la Cgia ha ipotizzato, che l’incidenza dell’ economia sommersa e delle attività illegali sul Pil 2015-2017 non abbia subito variazioni rispetto al 2014. Ricordando che la pressione fiscale ufficiale è data dal rapporto tra le entrate fiscali ed il Pil prodotto in un anno, nel 2017 è destinata ad attestarsi al 42,5 per cento.
Se, però, – continua la Cgia – dalla ricchezza del paese (Pil) “rimuoviamo” la quota riconducibile al sommerso economico e alle attività illegali che, almeno in linea teorica, non producono alcun gettito per le casse dello Stato, il prodotto interno lordo diminuisce (quindi si “contrae” il valore del denominatore) e aumenta così il risultato che emerge dal rapporto tra il gettito fiscale e il Pil. Pertanto, la pressione fiscale reale che grava su lavoratori dipendenti, sugli autonomi, sui pensionati e sulle imprese che si comportano correttamente nei confronti del fisco è superiore a quella ufficiale di 6,3 punti. Per l’anno in corso, infatti, è destinata a collocarsi al 48,8 per cento. “Anche se in calo rispetto agli anni precedenti, il peso complessivo del fisco rimane comunque ad un livello insopportabile” aggiunge la Cgia.

“Ragionevole uno scambio fra le aliquote e il cuneo fiscale Ma resta l’ ipotesi del taglio Irpef. Gli aumenti agli statali ci saranno. C’ e’ continuita’ con Renzi”. E’ quanto afferma al Messaggero, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. All’osservazione che sulla riduzione dell’ Irpef, promessa dal governo Renzi, nel Def non c’ e’ traccia, Padoan replica: “La legge di bilancio per il prossimo anno e’ tutta da discutere. Il Def contiene solo un quadro generale. L’ ipotesi non e’ stata esclusa, non siamo ancora alla fase delle misure esplicite”. Tutte le scelte sono rinviate all’ autunno? “Non direi che e’ una linea attendista ma di continuita’. I capitoli sono gli stessi che sono stati al centro dell’ attenzione del governo in questi anni: spingiamo la crescita sostenendo investimenti privati e pubblici e attraverso le riforme, in un contesto di consolidamento della finanza pubblica, che deve continuare”. Sul fatto che su Pil e deficit c’ e’ prudenza, il ministro osserva: “Dipende dal fatto che proprio i margini di finanza pubblica si stanno restringendo, perche’ dal punto di vista tecnico ci avviciniamo alla chiusura dell’ output gap, l’ indicatore che segnala quanto un Paese e’ distante dalla sua crescita potenziale: in questa situazione la richiesta di aggiustamento, secondo le regole europee, e’ piu’ forte. Anche gli anni scorsi nel Def si delineavano i grandi numeri, rinviando alla legge di Stabilita’ le manovre specifiche. E’ nella natura della programmazione. Stiamo usando lo stesso metodo ma i margini sono piu’ stretti e il clima politico piu’ complicato perche’, per cosi’ dire, siamo in un punto diverso del ciclo elettorale”. “E’ vero – aggiunge poi -, il Quantitative easing si sta restringendo e lo vediamo nei tassi di mercato che gia’ incorporano questa tendenza. Ma la gestione del debito in questi anni di tassi bassi e’ stata molto efficiente, abbiamo accumulato fieno in cascina. Il costo del debito andra’ aumentando ma non ci sara’ una drammatica inversione di tendenza”.

“Finche’ Uber non paghera’ le tasse in Italia non sara’ mai un interlocutore credibile. Le imposte si pagano dove si fanno i profitti”. Lo scrive su Twitter Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera. “Il tribunale di Roma ha accolto la richiesta di sospensiva dell’ordinanza che richiedeva l’interruzione dei servizi di mobilita’ Uber, potranno quindi continuare a fornire i propri servizi, a fare profitti sul territorio italiano e continueranno indisturbati ad eludere il fisco. Sono favorevole ad una maggiore concorrenza ma questa deve essere sempre una concorrenza leale. Se un’azienda come Uber fa business nel nostro Paese non vedo perche’ non debba anche pagare le imposte come ogni altro cittadino italiano. La politica ha il dovere di porre rimedio a questa palese e grave mancanza di equita’ fiscale”.

“La flat tax è una cosa positiva, finalmente una legge chiara, che non ha interpretazione né cavilli, con la quale ci si è adeguati al Portogallo, all’Inghilterra e alla Spagna. E’ la prima volta che c’è qualcosa di intelligente fatta dal governo”. Lo ha detto Flavio Briatore a Rai Radio1, nella trasmissione ‘Un Giorno da Pecora’ condotta da Geppi Cucciari e Giorgio Lauro. Con l’introduzione della flat tax, Briatore potrebbe pensare di tornare a vivere in Italia? “Non ci penso nemmeno – ha dichiarato l’imprenditore – Sono 25 anni che sono all’estero, ho tutte le mie attività fuori, sto bene dove vivo, tra l’Inghilterra e Montecarlo. Non saprei cosa fare in Italia. Ci posso tornare in vacanza, perché credo che l’Italia sia il paese più bello del mondo”.

“Per quanto riguarda il Pil in termini grezzi, c’è un piccolo miglioramento rispetto alle stime del Governo, che erano ferme a +0,8%. Bene, quindi, ma non basta per scongiurare la necessità di dover fare una manovra correttiva”. Ad affermarlo in una nota è Massimiliano Dona (nella foto), il presidente dell’Unione Nazionale Consumatori commentando i dati diffusi oggi dall’Istat. “Se c’è la volontà politica, comunque, si possono far quadrare i conti senza tassare nuovamente i cittadini, aumentando la pressione fiscale che ha già raggiunto livelli insostenibili. Si tratta di agire sul lato delle spese e degli sprechi che ancora abbondano come attestano i dossier dei vari commissari alla spending review”, sottolinea ancora Dona. “Le famiglie continuano ad essere in affanno e non potrà essere altrimenti finché non verranno messe in atto concrete ed incisive politiche per la ripresa occupazionale”, sottolineano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, Presidenti di Federconsumatori e Adusbef. Di fatto, rilevano, “la nostra economia continua ad essere intrappolata in una spirale depressiva che non accenna a spezzarsi. I cittadini, soprattutto i più giovani, hanno bisogno di una politica che restituisca loro prospettive, speranze e futuro: sono infatti ancora troppe le famiglie che sostengono economicamente figli e nipoti senza occupazione”. Investimenti per la ricerca, per lo sviluppo tecnologico, per la messa in sicurezza antisismica, per la realizzazione e la modernizzazione delle infrastrutture e per la valorizzazione dell’offerta turistica, sottolineano, “sono indispensabili per il rilancio della nostra economia. Basti pensare che, secondo le stime dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, sarebbe sufficiente far tornare la disoccupazione ai livelli pre-crisi (quindi ad un 6% comunque eccessivo a nostro parere) per aumentare il potere di acquisto delle famiglie aumenterebbe di circa +40 miliardi di Euro l’anno”.

Un secco no all’aumento delle tasse. La richiesta che impegna il governo è arrivata sotto forma di mozione da parte di un gruppo di deputati del Pd, primo firmatario il renziano Eduardo Fanucci. Il documento pare abbia colto di sorpresa il ministero dell’Economia, tanto da alimentare voci di tensioni tra i dem e l’esecutivo.
Il governo dovrebbe prevedere una revisione delle accise su tabacchi e carburanti e determinati tagli di spesa. I firmatari della mozione chiedono invece che le risorse siano reperite dal “taglio della spesa pubblica improduttiva e dalla lotta all’evasione fiscale”. A sottoscrivere la mozione, tra gli altri, Marco Di Maio, David Ermini, Luigi Famiglietti, Goram Gutgeld, Alessia Morani, Dario Parrini e altri renziani. Da Palazzo Chigi ieri hanno definito “infondata e fantasiosa qualsiasi reazione alla mozione Pd”.