Ironicamente, Winston Churchill affermava ‘ho dato le mie dimissioni, ma le ho rifiutate’. Ha 29 anni ed é il ministro svedese della Scuola e della Formazione, la piu’ giovane della storia del paese scandinavo. Era. Perche’ l’esponente del partito socialdemocratico, musulmana, arrivata come profuga dalla Bosnia Erzegovina per sfuggire alla pulizia etnica, e fermata dalla polizia nella città di Malmoe, risultata positiva all’etilometro con 0,2 grammi di alcol per litro di sangue, ha deciso di lasciare l’incarico. ‘E’ stato il piu’ grosso sbaglio della mia vita’, cosi ha dichiarato in conferenza stampa – e me ne assumero’ la responsabilità’. Perché suscita scalpore questa notizia? Semplice: i criteri di comportamento dei politici di fronte ad infrazioni, negligenze o reati, sono i piu’ vari e rispondono ad un etica della responsabilità e ad una coscienza che spesso latitano se non in rari casi come questo. Ricoprire un incarico pubblico, gestire il denaro dei contribuenti, assumere decisioni da cui dipendono i destini e la vita di milioni di persone, richiedono non solo ‘lucidita’ – sarebbe proprio il caso di dire – ma anche e soprattutto consapevolezza del proprio ruolo, della necessità di dare l’esempio. La fiducia nella classe dirigente dipende dalla loro credibilità, dal loro comportamento e dal sapere essere consequenziali, assumendosi la responsabilità delle parole che pronunciano, delle azioni che pongono in essere, e delle omissioni di cui dovessero essere colpevoli. In Italia non funziona così: molto spesso non é sufficiente neanche la flagranza, e lo sappiamo bene. Purtroppo.