Ansa

Aumentano paure e timori di non essere in grado di riconoscere disinformazione e fake news. Il 76,5% degli italiani ritiene che le fake news siano sempre più sofisticate e difficili da scoprire, il 20,2% crede di non avere le competenze per riconoscerle e il 61,1% di averle solo in parte. Ma il 29,7% nega l’esistenza delle bufale e pensa che non si debba parlare di fake news, ma di notizie vere che vengono deliberatamente censurate e poi fatte passare come false. Si legge nel terzo Rapporto Ital Communications-Censis “Disinformazione e fake news in Italia. Il sistema dell’informazione alla prova dell’Intelligenza Artificiale”. Tra i negazionisti delle fake news – aggiunge il rapporto – ci sono in particolare i più anziani (35,8% tra gli over sessantaquattrenni), e chi ha un basso livello di scolarizzazione (il 40,4% di chi ha al massimo la licenza media è d’accordo). Comunque l’ 89,5% degli italiani pensa che sia necessario creare un’alleanza stabile tra tutti gli stakeholder che hanno interesse a far circolare un’informazione attendibile e di qualità, per diffondere una maggiore consapevolezza sui pericoli della cattiva informazione e innalzare le competenze della popolazione. Per il 34,7% c’è troppo allarme sul riscaldamento globale, il 16,2% nega che esista: il riscaldamento globale è un argomento di cui si parla tanto e in modo confuso, alimentando cattiva informazione, catastrofismo e persino negazionismo. Il 34,7% degli italiani è convinto che ci sia un allarmismo eccessivo sul cambiamento climatico e il 25,5% ritiene che l’alluvione di quest’anno sia la risposta più efficace a chi sostiene che si sta progressivamente andando verso la desertificazione. I negazionisti, che sono convinti che il cambiamento climatico non esista, sono il 16,2% della popolazione. Percentuale che sale al 18,3% tra i più anziani e al 18,2% tra i meno scolarizzati. Per quasi tutti almeno una fonte informativa, l’83,5% ricorre anche al web. Oggi circa 47 milioni di italiani, il 93,3% del totale, si informa abitualmente (con una frequenza come minimo settimanale) almeno su una delle fonti disponibili: l’83,5% usa anche il web e il 74,1% media tradizionali. Sul versante opposto, sono circa 3 milioni e 300mila (il 6,7% del totale) gli individui che hanno rinunciato ad avere un’informazione puntuale su ciò che accade, mentre 700mila italiani non si informano affatto. Dalla ricerca emerge come sia cresciuta la consapevolezza degli effetti devastanti della disinformazione, che può essere arginata da professionisti della comunicazione accreditati come fonti autorevoli e garanti dell’affidabilità e della qualità delle notizie. Di fronte alle insidie che possono venire dal web e dall’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, per distinguere la buona dalla cattiva informazione servono competenze solide sulle nuove tecnologie e regolazioni più stringenti. Il 64,3% degli italiani utilizza un mix di fonti informative, tradizionali e online, il 9,9% si affida solo ai media tradizionali e il 19,2% (circa 10 milioni di italiani in valore assoluto) alle fonti online. Social media, blog, forum, messaggistica istantanea sono espansioni del nostro io e del modo di vedere il mondo: è il fenomeno delle echo chambers, cui sono esposti tutti quelli che frequentano il web e soprattutto i più giovani, tra i quali il 69,1% utilizza la messaggistica istantanea e il 76,6% i social media per informarsi. Il 56,7% degli italiani è convinto che, di fronte al disordine informativo che caratterizza il panorama attuale dell’informazione, sia legittimo rivolgersi alle fonti informali di cui ci si fida di più. L’Ai e la qualità dell’informazione: il 75,1% della popolazione ritiene che con l’upgrading tecnologico verso l’Intelligenza Artificiale sarà sempre più difficile controllare la qualità dell’informazione, mentre per il 58,9% l’Ai può diventare uno strumento a supporto dei professionisti della comunicazione. In generale l’85,8% degli italiani ha paura di farsi trovare impreparato di fronte a un cambiamento tecnologico che, presumibilmente, regolerà nuovamente il modo di vivere, studiare, lavorare e anche di produrre e accedere alle informazioni, e  ritiene che ci sia bisogno di far conoscere di più ai cittadini i vantaggi e i limiti dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale. È una consapevolezza trasversale alla popolazione, ma che, significativamente, trova d’accordo “solo” il 74,2% di chi ha un titolo di studio basso contro l’86,5% dei laureati, a testimonianza di una carenza di consapevolezza dell’impatto cruciale che nel futuro avranno questi sistemi nella vita degli italiani proprio da parte di chi ha meno strumenti di lettura e interpretazione della realtà. Fonte: Ansa

Sara’ un anno che, oltre al completamento della riforma della Curia, comprendera’ focus particolari come quelli sulle famiglie e sui giovani, e ancora importanti viaggi all’estero e in Italia. Il 2018 di Francesco si preannuncia con un calendario sempre denso di eventi mentre, nonostante le resistenze da piu’ parti e qualche inciampo di troppo, prosegue il cammino ‘riformatore’ dell’attuale pontificato, verso una Chiesa – come vuole Bergoglio – ancor piu’ proiettata verso una dimensione universale e decentrata e dallo spiccato accento pastorale, ‘accogliente’ e missionario. Mentre si attende per lunedi’ 8 gennaio, appena concluso il ciclo natalizio, il discorso del Papa al Corpo diplomatico, gia’ uno dei piu’ significativi dell’anno, per tracciare la linea dell’azione e della visione internazionale della Chiesa, Francesco gia’ una settimana dopo, lunedi’ 15 gennaio, partira’ per l’importante trasferta in Cile e Peru’ (fino al 22), ancora nella ‘sua’ America Latina per la quale continua ad auspicare la soluzione delle gravi discrepanze sociali e il riscatto della corruzione. Per ora, per l’anno appena cominciato, non ci sono altre visite all’estero ufficialmente confermate, ma il Papa dovrebbe andare anche all’Incontro Mondiale delle Famiglie che si svolgera’ a Dublino dal 21 al 26 agosto: un’occasione che, oltre a tirare le fila della ricezione della Amoris Laetitia, avrebbe anche una rilevante valenza politica per la possibilita’ che Bergoglio si rechi pure in Irlanda del Nord giungendoci dalla Repubblica dell’Eire, fatto mai accaduto prima. Restano al momento in ballo altri viaggi di cui si e’ fatta voce (Paesi baltici? Si puo’ riparlare del Sud Sudan, dopo il viaggio ‘saltato’ l’anno scorso? A quando l’attesissima visita in Uruguay e nella natia Argentina?), ma mancano indicazioni di alcun tipo mentre gli unici indizi possono essere i ‘vuoti’ nel calendario della Casa pontificia, come quelli nella prima settimana di giugno (annullata l’udienza generale di mercoledì 6, per cui il Papa dovrebbe essere fuori) o alla fine di settembre (annullato l’Angelus di domenica 23). Visite papali avranno comunque luogo anche in Italia: sabato 17 marzo nelle Pietrelcina e San Giovanni Rotondo di Padre Pio, mentre non e’ ancora ufficializzata la data della trasferta a Venezia per l’incontro con le Chiese del Nordest. Quanto ai temi al centro dell’agenda papale, oltre alla definizione degli ultimi aspetti della riforma della ‘Pastor bonus’ per l’organizzazione della Curia romana (prossimo appuntamento del ‘C9′ dal 26 al 28 febbraio) e ai sempre piu’ delineati accorpamenti nel sistema dei media vaticani, a quello della famiglia si aggiungera’ quello dei giovani, su cui va avanti il lavoro preparatorio – compresa anche la valutazione dei questionari compilati online entro il 31 dicembre appena trascorso – del Sinodo in programma dal 3 al 28 ottobre prossimi. E sempre in ottobre, almeno dalle ipotesi che si fanno in sede di postulazione e presso la diocesi di Brescia, potrebbe svolgersi un altro grande evento: la canonizzazione di papa Paolo VI, Pontefice particolarmente caro a Bergoglio e per il quale e’ stato individuato il secondo miracolo, utile alla proclamazione della santita’. Non e’ affatto escluso che nell’anno possa anche arrivare la canonizzazione di mons. Oscar Romero e che Francesco possa andare ad officiala in Salvador. Possibile, infine, un nuovo Concistoro per la creazione di cardinali, mentre in campo internazionale sono sempre attivi i canali di negoziato con la Cina per il possibile accordo sulla nomina dei vescovi. (Ansa)

I delegati dei 120 Paesi associati all’organizzazione mondiale della strada e i maggiori esperti mondiali che si occupano di sicurezza stradale partecipano al meeting internazionale sulla sicurezza stradale organizzato dall’Anas e dall’Associazione mondiale della strada (World Road Association), la più antica associazione internazionale della strada nata per studiare e approfondire le questioni relative alla mobilità, ai trasporti e alla sicurezza stradale. L’incontro riguarda le politiche e i programmi degli Stati in materia di sicurezza stradale ed è anche l’occasione per fare il punto sui programmi di sviluppo delle smart road per le auto senza conducente in Italia. Nel corso del convegno anche premiazione del concorso “Giovani Videomakers per la Sicurezza stradale”, che ha visto la realizzazione, da parte di ragazzi dai 14 ai 20 anni, di video sul tema della sicurezza stradale che evidenziano maturità e sorprendente efficacia.

L’indagine annuale dell’istituto Reuters di studi sul giornalismo rivela che diminuisce la fiducia nel sistema dei media e che prende posizione il web. Repubblica.it si conferma al primo posto tra i brand dell’informazione. L’Ansa è il terzo sito italiano per utilizzo settimanale e come fonte di notizie su Internet nel Paese: il sito dell’agenzia è utilizzato settimanalmente dal 23% degli intervistati, mentre è considerato principale fonte di notizie dall’8%. Davanti all’Ansa ci sono proprio Repubblica.it, utilizzato dal 33% degli intervistati e considerato come fonte principale dall’11%, e TgCom24 con rispettivamente il 28% e il 10%. SkyTG24 è terzo a pari merito con l’ANSA per utilizzo settimanale e quarto nella classifica delle fonti principali con il 7%. Quinto Il Corriere della Sera con il 21% e il 4%. L’indagine, condotta da YouGov su 50 mila persone di 26 Paesi di tutto il mondo, analizza anche il quadro aggregato di tv, radio e carta stampata. La Rai (Tg1, Tg2, Tg3, TgR) è largamente in vetta con il 64% e il 23%. Segue Mediaset (Tg4, Tg5, Studio Aperto) con il 53% e il 19%, SkyTg24 con il 36% e l’11%, RaiNews24 con il 36% e il 6%, TgLa7 con il 32% e il 6%, TgCom24 con il 30% e il 5%, La Repubblica con il 30% e il 4%, Ballarò con il 29% e l’1%, Il Corriere della Sera con il 25% e il 3%; Porta a Porta con il 21% e lo 0%, Quinta colonna con il 21% e il 2%, La Stampa con il 21% e il 4% e Il Sole 24 Ore con il 18% e l’1%. La situazione generale, delineata dal rapporto, è quella di un Paese in cui la tv resta di gran lunga la fonte principale di notizie, nonostante il lento declino delle reti generaliste. Tra il 2010 e il 2014 i media tradizionali hanno perso il 12% in termini di ricavi. E’ la carta stampata a soffrire maggiormente e, in un paese già caratterizzato da una scarsa propensione alla lettura, a perdere ulteriormente terreno. Il calo dei ricavi, sempre tra il 2010 e il 2014, è di ben il 30%. Sale invece l’uso di Internet, anche se le risorse raccolte non sono in grado di compensare le perdite derivate dall’attività tradizionale. Il 16% degli intervistati sostiene di pagare per le notizie online, ma in realtà si tratta di acquisti una tantum di singole edizioni, perché solo il 4% ha sottoscritto abbonamenti digitali con un esborso annuale medio di circa 40 euro. Basso in generale il livello di fiducia nei media: il 42% si fida delle notizie che legge, il 43% delle aziende editoriali e solo il 33% dei giornalisti.