Arci

‘E’ un bollettino di guerra. Gli episodi di violenza maschile contro le donne si ripetono giorno dopo giorno. Stupri e femminicidi hanno ormai raggiunto numeri impressionanti”. Così Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci, denuncia in una nota l’escalation della violenza sulle donne, invocando “una grande operazione culturale, che convinca gli uomini, ma anche molte donne, che lo stereotipo della loro debolezza congenita e del dominio maschile deve saltare. Molte, che questo modello culturale hanno rifiutato, hanno pagato un prezzo troppo alto. Ma insieme, come è successo con le manifestazioni mondiali dello scorso 8 marzo, un mondo nuovo e migliore possiamo davvero costruirlo”. “Si calcola che gli stupri, e parliamo di quelli denunciati, perché in molti casi la vittima non denuncia il suo aggressore, soprattutto se si tratta di un familiare, siano quasi 11 al giorno – ricorda Chiavacci – Quasi 7 milioni di donne hanno vissuto una qualche forma di violenza, dallo stalking all’insulto verbale, fino alla violenza sessuale vera e propria subita, secondo l’Istat, da un milione e 157mila donne. Ma i numeri reali sarebbero molto maggiori, con una parte considerevole di ‘sommerso’. Pensiamo soltanto a quante bambine tengono nascosta la violenza per un senso di ‘vergogna’. Altissimo – sottolinea la presidente Arci – anche il numero dei femminicidi: uno ogni tre giorni, 120 nel 2016, per lo più perpetrati da chi con la vittima ha un legame sentimentale o sessuale”. “Molto scalpore giustamente suscitato le violenze di questi giorni a Rimini, di cui i colpevoli presunti sarebbero stranieri. Questo – osserva – ha immediatamente dato adito alle più vili strumentalizzazioni, per cui il problema principale non sarebbe più il reato commesso ai danni di una donna ma la nazionalità presunta di chi l’ha commesso. A uccidere sono soprattutto italiani, e a essere uccise sono anche donne straniere: lo ripetiamo per chi, anche su episodi così dolorosi – conclude – vuole fare della speculazione politica.

“Una sentenza che molti non esitano a definire storica. Per la prima volta viene riconosciuta anche in Italia a due uomini la possibilità di essere considerati padri di due bambini nati negli Stati Uniti grazie alla maternità surrogata”. Così in una nota Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci, commenta la decisione della Corte d’Appello di Trento. “Ancora una volta sono le aule di tribunale a riscrivere il diritto di famiglia, di fronte a una politica perennemente in ritardo, incapace di leggere i cambiamenti che avvengono nella società e di dare risposte adeguate – denuncia – Una politica che sceglie compromessi al ribasso piuttosto che condurre con determinazione battaglie di piena uguaglianza”. La sentenza “stabilisce un principio importantissimo e cioè l’assoluta indifferenza delle tecniche di procreazione cui si sia fatto ricorso all’estero rispetto al diritto del minore a veder riconosciuto il suo stato di ‘figlio’ nei confronti di entrambi i genitori che se ne sono presi cura sin dalla nascita nell’ambito di un progetto di genitorialità condivisa. L’ordinanza – ricorda Chiavacci – si rifà a una recente sentenza della Corte di Cassazione che esclude che nel nostro ordinamento l’unico modello di genitorialità previsto sia quello fondato sul legame biologico tra il genitore e il bimbo nato, mentre è prevalente il concetto di responsabilità genitoriale che si manifesta nella consapevole decisione di allevare con cura ed amore il bambino”.La sentenza, prosegue la presidente nazionale dell’Arci, “salvaguarda quindi il diritto del minore all’unità familiare, il diritto alla cura, ad essere amato e cresciuto da due genitori, indipendentemente dal loro sesso. E’ la vita reale che a poco a poco avanza, sono i volti di tante famiglie che chiedono riconoscimento e tutele. E’ un chiaro invito alla politica a riscrivere l’impianto giuridico del diritto di famiglia, dando rappresentanza alle nuove famiglie e considerando prioritario l’interesse del minore a crescere in una famiglia unita, con i genitori che sin dalla nascita se ne sono presi cura e l’hanno amato”. “Oggi non possiamo che gioire per questa sentenza, insieme alle tante famiglie arcobaleno che chiedono tutele e riconoscimento. Ma questa sentenza – conclude Chiavacci – ci dice anche quanta strada ci sia ancora da fare per avere una legislazione che tuteli davvero i diritti e la libertà delle persone”.