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A novembre appuntamento pesante con il fisco: tra gli acconti e le addizionali Irpef, l’Ires, l’Iva, l’Irap e le ritenute di imposta, i lavoratori dipendenti, gli autonomi, le imprese e i possessori di altri redditi saranno chiamati a versare all’erario 55 miliardi euro. Lo comunica in una nota l’Ufficio studi della Cgia di Mestre.

FISCO: LE SCADENZE DI NOVEMBRE. IL CALENDARIO CGIA

<<L’imposta più impegnativa da onorare entro la fine del prossimo mese sarà l’acconto Ires in capo alle società di capitali (Spa, Srl, Società cooperative, etc.) – osserva la Cgia – Queste ultime dovranno versare 14 miliardi di euro. L’Iva dovuta dai lavoratori autonomi e dalle imprese ammonterà a 13 miliardi di euro, mentre i collaboratori e i lavoratori dipendenti, attraverso i rispettivi datori di lavoro, daranno al fisco ritenute per un importo di 10,9 miliardi di euro. L’acconto Irpef darà luogo a un gettito di 7,7 miliardi, l’Irap, invece, costerà alle aziende 6,8 miliardi di euro. Le ritenute Irpef dei lavoratori autonomi e l’addizionale regionale Irpef, infine, peseranno in ognuno dei due casi per 1 miliardo di euro.

LE IMPRESE LE PIU’ PENALIZZATE DAL FISCO ITALIANO

Uno dei contribuenti più penalizzati dal fisco italiano sono le imprese. <<Il carico di imposte e contributi previdenziali su queste ultime, infatti, non ha pari nel resto d’Europa>>, sostiene l’Ufficio studi di Mestre.La percentuale in grado di dimensionare questo fenomeno è l’incidenza delle tasse pagate dalle aziende sul gettito fiscale totale. Se nel 2015 (ultimo dato disponibile) in Italia tale percentuale è stata del 14,9, in Irlanda ha toccato il 14,8, in Belgio il 12,9, nei Paesi Bassi il 12,7, in Spagna l’11,8, in Germania e in Austria l’11,6. La media dell’Unione europea è stata pari all’11,5 per cento. <<Sebbene alle nostre imprese sia richiesto lo sforzo fiscale più impegnativo d’Europa – dichiara il Segretario della Cgia, Renato Mason – la qualità dei servizi erogati dallo Stato, invece, è spaventosamente inadeguata. Ricordo, ad esempio, che il debito commerciale della nostra Pubblica amministrazione nei confronti dei propri fornitori è, secondo le ultime stime della Banca d’Italia, di 64 miliardi di euro, di cui 34 riconducibili ai ritardi dei pagamenti>>.

La sanità italiana ha un debito con i fornitori di 22,9 miliardi di euro. Lo sostiene l’ufficio Studi Cgia di Mestre. “Sebbene negli ultimi anni lo stock sia in calo – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo, riferendosi all’ultimo dato che risale al 2015 – L’ammontare complessivo del debito commerciale del nostro servizio sanitario non è ancora stato ricondotto entro limiti fisiologici. Purtroppo, soprattutto nel Mezzogiorno, le nostre Asl continuano ad essere in affanno con i pagamenti, mettendo così in seria difficoltà moltissime Pmi”.
Ma quali sono le cause? “Se è noto che le Asl pagano da sempre con molto ritardo – prosegue Zabeo – è altrettanto vero che in molti casi le forniture continuano ad essere acquistate con forti differenze di prezzo tra le varie regioni. Se, come ha avuto modo di denunciare la Fondazione Gimbe (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze), nella sanità italiana si annidano circa 22,5 miliardi di euro di sprechi, è verosimile ritenere che una parte dei ritardi nei pagamenti sia in qualche modo riconducibile alle distorsioni sopra descritte”.  Cgia debiti sanità
Puntualizza il segretario della Cgia, Renato Mason: “Nonostante l’ammontare degli sprechi, sarebbe sbagliato generalizzare. E’ importante sottolineare che la nostra spesa sanitaria pubblica è inferiore di un punto percentuale di Pil rispetto a quella francese e di 0,5 punti rispetto a quella britannica”.
Tornando ai dati della ricerca, diffusi sul sito della Cgia, la sanità regionale più indebitata è quella del Lazio, con 3,8 miliardi di euro. Seguono Campania (3 mld di euro), Lombardia (2,3 mld), Sicilia e Piemonte entrambe con (1,8 mld).
Se, invece, rapportiamo il debito alla popolazione residente, il primato spetta al Molise, con 1.735 euro pro capite. Seguono il Lazio con 644 euro per abitante, la Calabria con 562 euro pro capite e la Campania con 518 euro per ogni residente. Dal 2011 però il debito complessivo è in costante calo ed è sceso di 15 miliardi di euro (-39,7 per cento). A livello regionale le contrazioni più importanti si sono verificate nelle Marche (-69,5 per cento), in Campania (-55,4 per cento) e in Veneto (-51 per cento). Solo nel Molise e in Umbria la situazione è peggiorata: nel primo caso la crescita è stata del 39,7 per cento, mentre nel secondo caso del 57,7 per cento.
Le aziende sanitarie più virtuose sono state l’Usl Umbria 1 e l’Azienda sanitaria universitaria di Trieste. Nel primo caso gli impegni economici assunti sono stati onorati con 24 giorni di anticipo, nel secondo caso di 13. Per quanto concerne i tempi medi di pagamento praticati nel 2016 e riferiti alle sole forniture di dispositivi medici (fonte Assobiomedica), in Molise il saldo della fattura è avvenuto mediamente dopo 621 giorni, in Calabria dopo 443 giorni e in Campania dopo 259 giorni. Se teniamo conto che la legge in vigore stabilisce che i pagamenti delle strutture sanitarie debbano avvenire entro 60 giorni dall’emissione della fattura, nessun valore medio regionale rispetta questo termine.

Sono 27.500 gli evasori denunciati nel 2016 grazie all’attivita’ di controllo e di verifica fiscale effettuata dalla Guardia di Finanza. Il dato viene fornito dalla Cgia di Mestre, secondo il cui Ufficio studi l’azione di contrasto ha consentito di “sottrarre” ai trasgressori 55,7 miliardi di euro di imponibile: un importo piu’ contenuto rispetto a quello registrato nel 2015 (61,1 miliardi), ma comunque in linea con i dati conseguiti dal 2012 in poi. “L’ottimo risultato raggiunto anche nel 2016”, osserva il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, “e’ riconducibile alla politica adottata in questi ultimi anni dalla nostra Amministrazione finanziaria che ha intensificato l’azione di contrasto soprattutto nei confronti dei grandi evasori. Finalmente si e’ capito che il recupero di quote importanti di evasione lo si ottiene attraverso il controllo delle operazioni estero su estero, oppure tramite una minuziosa azione di monitoraggio sulle grandi aziende sempre piu’ inclini a praticare forme molto sofisticate di elusione fiscale”. Negli ultimi 16 anni, ricorda ancora la Cgia, l’attivita’ degli uomini delle Fiamme gialle contro l’evasione fiscale ha consentito di “portare a galla” oltre 562 miliardi di euro di imponibile evaso e di “scovare” quasi 537.000 evasori. “Se eseguiamo una media trilussiana”, segnala il segretario dell’organizzazione, Renato Mason, “possiamo affermare che dal 2001 la Guardia di Finanza ha sottratto ogni giorno agli evasori 96,2 milioni di euro di imponibile. Un risultato che la dice lunga sulla bonta’ del lavoro eseguito in tutti questi ultimi 16 anni”.

Novembre è il mese delle tasse. Tra l’Iva, gli acconti Irpef, l’Irap, l’Ires, le addizionali Irpef e le ritenute di imposta l’erario incassera’ 55,3 miliardi di euro da imprese, lavoratori dipendenti e possessori di altri redditi. Lo osserva l’Ufficio studi della Cgia, sottolineando che in Italia il gettito tributario (imposte, tasse e tributi supera i 490 miliardi di euro l’anno. L’imposta piu’ “pesante” da onorare entro novembre sara’ l’acconto Ires in capo alle societa’ di capitali, quali Spa, Srl, Societa’ cooperative, e altro, che pagheranno 14,6 miliardi di euro. L’Iva versata dai lavoratori autonomi e dalle imprese ammontera’ a 12,8 miliardi di euro. I collaboratori e i lavoratori dipendenti, attraverso i rispettivi datori di lavoro, consegneranno al fisco le ritenute per un importo di 11,5 miliardi di euro. L’acconto Irap, invece, costera’ alle aziende ben 6 miliardi di euro, mentre le ritenute Irpef dei lavoratori autonomi e l’addizionale regionale Irpef “pesera’” in entrambi i casi 1 miliardo di euro.

Nel 2015 l’incidenza percentuale delle commissioni nette sui ricavi delle banche italiane (pari al 36,5%) è stata la più elevata d’Europa. Tra i principali paesi Ue, in Francia la quota si è attestata al 32,9%, in Austria al 27,5%, in Germania al 26,2% e nei Paesi Bassi al 17%. L’anno scorso i ricavi netti derivanti dalle commissioni bancarie hanno sfiorato i 30 miliardi di euro, quasi 5 miliardi in più rispetto al 2008. In particolare, l’Ufficio studi della Cgia, segnala che negli ultimi 7 anni (2008-2015) la crescita dei costi dei conti correnti, delle carte di credito e degli altri servizi bancari ha subito in Italia un’impennata che non ha avuto eguali nel resto d’Europa. Se ‘incremento è stato del 20% in Italia, nel Regno Unito si è fermato all’11,5%, in Francia all’ 11,1%, in Spagna al 6,5%, mentre in Germania (-4,6%), in Belgio (-7%) e soprattutto nei Paesi Bassi (-27%) c’è stata una forte diminuzione. Paolo Zabeo dell’Ufficio studi della Cgia rileva: “se teniamo conto che con la crisi economica sono cresciute a dismisura le sofferenze in capo alla clientela e la contrazione dei tassi di interesse ha ridotto ai minimi termini i margini di redditività delle nostre banche, queste ultime, appesantite da costi fissi ancora troppo elevati hanno ritenuto più conveniente ridurre gli impieghi, e quindi i rischi, e aumentare i ricavi dalle commissioni sui conti correnti, sui servizi bancomat/carte di credito, i servizi di incasso/pagamento e dalle attività extra creditizie, come la vendita di titoli, valute e strumenti di capitale”.

Attraverso l’ attività di controllo e di verifica fiscale, nel 2015, la Guardia di Finanza ha sottratto agli evasori 61 miliardi di euro di imponibile: un risultato mai raggiunto in passato dagli uomini delle Fiamme gialle. Lo ricorda la Cgia di Mestre sottolineando che sempre l’anno scorso, tra evasori totali, paratotali, lavoratori in nero e irregolari sono state scoperte oltre 32.000 posizioni irregolari. Complessivamente negli ultimi 15 anni l’attività della Guardia di Finanza contro gli evasori ha consentito di portate a “galla” quasi 506,5 miliardi di euro e di “scovare” oltre 509.000 evasori. Non va comunque dimenticato che una cosa è l’imponibile accertato e un’altra cosa è la riscossione effettiva, ovvero quanto viene effettivamente incassato dal fisco dopo i vari livelli di giudizio. Secondo gli ultimi dati messi a disposizione dalla Corte dei Conti nella “Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2015”, negli ultimi anni l’incidenza della riscossione sull’accertato di competenza è in costante aumento: nel 2015 ha raggiunto il picco massimo del 14,8 per cento (in termini assoluti corrisponde ad un “incasso” di circa 9,8 miliardi di euro).

Le banche piu’ care? Quelle italiane. Negli ultimi anni scendono ricavi e prestiti ma crescono le commissioni. I costi strutturali del sistema bancario italiano rimangono i più elevati d’Europa. Lo rivela la Cgia di Mestre secondo la quale se si calcola l’incidenza delle spese operative riferite al 2014 (pari a 49,5 miliardi di euro), sul totale delle attività (che al 31-12-2014 ammontavano a 2.701 miliardi di euro), il risultato si attesta all’1,83%. Dato nettamente superiore a tutte le incidenze percentuali riferite alle prime 10 economie bancarie presenti nell’Unione europea. Al secondo posto l’Austria con 1,62% quindi la Spagna con 1,40, la Francia con 1,36 e la Germania con 1,33%. Sul fronte dei ricavi, invece, nel 2014 i margini di interesse, i guadagni provenienti prevalentemente dall’erogazione del credito, sono scesi a 39,3 miliardi di euro, quelli delle commissioni bancarie nette sono salite a 27,6 miliardi e quelli riconducibili ad altri ricavi, cioè da attività extra-creditizie o di trading finanziario (vendita di titoli, valute, strumenti di capitale) hanno toccato quota 11,4 miliardi. Se tra il 2008 e il 2014 il totale dei ricavi del nostro sistema creditizio è rimasto pressoché lo stesso (78,3 miliardi), la contrazione dei margini di interesse è stata pari a 12,3 miliardi (-23,8%); le commissioni bancarie, invece, sono aumentate di 2,8 miliardi (+11,5), mentre gli altri ricavi sono saliti a 9,4 miliardi (+474%).