Cosa nostra

Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani. Queste le vittime della strage di Capaci del 23 maggio 1992. Sono passati trent’anni da quei 500 kg di tritolo che uccisero cinque persone e che dilaniarono il Paese, alle prese con una secolare guerra a Cosa Nostra. Cosa é cambiato da allora? Quanti passi in avanti sono stati compiuti? Si susseguono in queste ore i commenti e le analisi sulle trasformazioni delle mafie e sul ruolo di assoluto valore che Giovanni Falcone ebbe nell’interpretarne le dinamiche e nello scoprirne le trame e i segreti. La verità su questa tragedia ancora non la si conosce tutta. Di sicuro sappiamo che Falcone fu ucciso perché aveva capito tutto o quasi, perché aveva inferto colpi micidiali alla criminalità organizzata e che altri ne avrebbe dati. Ricordiamone allora senza strumentalizzazioni l’opera, la sagacia, il coraggio, ricordando che ebbe molti nemici, nelle istituzioni, nella magistratura, in politica. E ringraziamolo perché da allora la mafia ha perso i suoi capi e la sua potenza. E un giorno non molto lontano, forse…

“S’intuisce che Cosa nostra possa essere stata il braccio armato di altri interessi: di una strategia politica; di tipo economico legati agli appalti pubblici; o di entita’ deviate rispetto alle proprie funzioni istituzionali. Purtroppo pero’ non e’ stato possibile trovare le prove. Gli elementi per raggiungerle sono a conoscenza solo dei vertici dell’organizzazione, che non hanno collaborato con la giustizia. Ne’ abbiamo avuto collaborazioni da altri settori, esterni a Cosa nostra”. Lo ha dichiarato, a 25 anni dalla fine del maxi-processo a Cosa nostra, l’allora giudice a latere Pietro Grasso, presidente del Senato, in un colloquio con il Corriere della Sera. “La storia di Cosa nostra e’ una storia di misteri irrisolti o solo parzialmente risolti. Non solo per le stragi, ma anche per i cosiddetti ‘omicidi politici’ di Michele Reina, Piersanti Mattarella, Pio La Torre, Carlo Alberto dalla Chiesa, che danno l’impressione di essere stati commessi non solo per le esigenze di Cosa nostra; anzi, l’hanno danneggiata”, dichiara Grasso. “Molti pentiti hanno fatto questo tipo di riflessioni, senza poter andare piu’ in la’. Perche’ soltanto i vertici potevano essere al corrente di certi contatti con entita’ esterne”. “Prima ancora del ’92 con Falcone e Borsellino abbiamo convissuto quotidianamente con il rischio della morte. A volte scherzandoci sopra”, racconta Grasso. Per essere sopravvissuto “certe volte viene quasi un senso di colpa. Una serie di circostanze e coincidenze fortunate hanno fatto si’ che io sia rimasto vivo, e questo non ha potuto che rafforzare l’impegno preso davanti alle bare dei miei amici; fare di tutto per accertare le responsabilita’ dei colpevoli”.

Iniziative il 28 e il 29 agosto a Palermo per ricordare il 25esimo anniversario della morte di Libero Grassi, l’imprenditore ucciso da Cosa nostra. Le promuovono i familiari e l’associazione Addiopizzo. Grassi venne assassinato nel 1991 per essersi ribellato ai suoi estorsori. La due giorni si articola in vari appuntamenti, uno dei quali dedicato alla memoria di Pina Maisano Grassi, vedova dell’imprenditore e scomparsa a giugno. Questi gli appuntamenti: domenica 28 agosto ore 10.00 Porta Felice – Ciclopedalata fino al Parco Acqua dei Corsari;
lunedì 29 agosto ore 7.45 via Vittorio Alfieri – Ricordo di Libero Grassi a venticinque anni dalla morte; ore 10.00 piazza Caboto – Intitolazione del Giardino a Pina Maisano Grassi; ore 21.00 Atrio Biblioteca Comunale Casa Professa – Proiezione docufiction ‘Io sono Libero’, in onda in contemporanea su Rai1.