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Che cosa rimane delle minacce del governo gialloverde nei confronti dell’Unione europea? Che cosa rimane dei loro ultimatum, dei loro ‘no euro’ e ‘no Europa’? In un’epoca che consuma le notizie, gli annunci e gli slogan a gran velocità, la perdita della memoria a breve termine la fa da padrone. La verità é che questo round lo ha vinto l’Europa. Un’Europa malconcia, che ha perso molto del suo smalto e che deve ritrovare le ragioni del proprio ruolo e un obiettivo per il futuro, se non vuole cedere spazio e voce ai populismi che nel continente avanzano. All’Unione europea non è piaciuta per niente la manovra appena varata dal governo Lega-M5S. Il rischio di una apertura della procedura di infrazione ha fatto il resto. La percentuale dal 2,4% di deficit é scesa al 2,04 e ciò vorrà dire 10 miliardi in meno per le spese che l’Esecutivo italiano aveva immaginato. Molte della promesse fatte dalle due formazioni politiche in campagna elettorale resteranno lettera morta. L’Unione europea ha vinto questa partita e ci piace pensare che a vincerla sia stata anche la buona politica, il buon senso, il rispetto per le istituzioni democratiche e per la competenza. Anzi, ne siamo sicuri

La delegazione Usa in trasferta in Cina ha chiesto a Pechino di tagliare di 200 miliardi di dollari il deficit commerciale bilaterale che caratterizza gli scambi tra i due Paesi, di ridurre le tariffe e gli aiuti alle industrie nei settori avanzati. E’ quanto si legge in un documento, rivelato dal Financial Times, che la delegazione Usa ha fatto pervenire alle autorita’ di Pechino in vista del negoziato sul commercio. Sulle tariffe la richiesta e’ che la Cina imponga dazi non maggiori di quelli stabiliti dagli Usa sulle stesse merci. Il documento invita inoltre la Cina a tagliare le sovvenzioni legate al piano di politica industriale “Made in 2025” destinato a promuovere lo sviluppo di industrie avanzate, compresi i veicoli elettrici e l’intelligenza artificiale. Il documento, fatto pervenire alle autorita’ cinesi prima dell’avvio dei negoziati, richiede anche la rimozione delle restrizioni agli investimenti che interessano le societa’ statunitensi operanti in Cina, inclusi i tetti alle quote azionarie. I 200 miliardi di dollari di riduzione del deficit commerciale degli Usa con la Cina vanno comparati con un deficit complessivo che l’anno scorso e’ stato di 337 miliardi di dollari.

“Con un deficit al 3% l’Italia non sarebbe in grado di ridurre il suo altissimo debito pubblico”. Lo ha detto il commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, in un’intervista all’Ansa. Per Moscovici l’Italia “ha invece bisogno di continuare a seguire quello che il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, chiama il ‘sentiero stretto’ tra la riduzione del deficit e il sostegno della crescita”. Secondo il commissario Ue, “il 3% è stato concepito come un limite, non un obiettivo”, ma “la buona notizia è che l’economia italiana è finalmente in ripresa e questo faciliterà la riduzione del debito”, la cui ampiezza “resta il principale punto debole” delle finanze pubbliche del Paese, ha aggiunto.

“L’idea di Renzi di riportare il rapporto deficit-Pil ai livelli di Maastricht e usare la conseguente crescita per l’abbattimento del debito pubblico mi sembra opportuna, valida e lungimirante”. Ad affermarlo e’ Maurizio Bernardo, deputato Pd e presidente della Commissione Finanze della Camera. “Il percorso alternativo di ridurre progressivamente il deficit fino al pareggio di bilancio, oltre a mantenere l’enorme macigno del debito pubblico sulle spalle dei cittadini italiani, ha anche lo svantaggio di essere un percorso lento e incerto e che rischia, in mancanza di una politica che sostenga la crescita, di deprimere il Pil”, aggiunge Bernardo che conclude: “Mi rendo conto che siamo al termine della legislatura e che questo tipo di manovre necessitano di un governo forte e di prospettiva. Tuttavia cominciare a parlarne non e’ un delitto di lesa maesta’ ma un preciso dovere di chi fa politica nell’interesse del Paese e della stessa Europa”.