Enrico Rossi

Quella della scissione “e’ un’ipotesi che non pongo neanche in discussione perche’ in politica bisogna avere una linea retta e su quella lavorare. Mi battero’ perche’ ci sia un regolare congresso, con tempi regolari di discussione, perche’ sono convinto che questo governo faccia alcune cose che sono necessarie al Paese e che quindi si discuta nel Pd dei problemi reali, e poi durante il congresso di alcune idee di rifondazione del Pd che ritengo necessario”. Cosi’ il presidente della Toscana e candidato alla segreteria del Pd, Enrico Rossi, oggi a margine dell’iniziativa ‘Puo’ nascere un fiore. Di nuovo, la sinistra’. Se non otterra’ quello che chiede, cosa fare?, hanno chiesto i giornalisti. “Continuero’ a dire la mia – ha replicato Rossi -. Se perdo continuero’ a stare nel Pd, dentro un congresso che abbia tempi necessari per poter discutere. Se e’ una corsa e’ basta, chi fa questo si assumerebbe la responsabilita’ di una spaccatura di cui non c’e’ bisogno. Non e’ il tempo di spaccare, e’ il momento di costruire”.

“Cerca la rivincita, e’ come un giocatore di poker disperato che raddoppia la posta dopo ogni partita persa. Dopo le amministrative, dopo il 4 dicembre, dopo la sentenza sull’ Italicum. Sempre una rivincita. Ricominciare a correre verso le urne e’ una scelta drammatica. Per il Pd e per il Paese”. Lo dice il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, in un’intervista a La Stampa. Rossi mette in chiaro: “Io mi candido contro Renzi. Per tirare una riga sul renzismo. Con me segretario, lui non sara’ mai piu’ premier”. A chi gli chiede cosa imputi al premier, Rossi risponde: “All’ inizio pensavo che la sua campagna nauseante fosse un errore di comunicazione. Lettura superficiale: l’errore e’ aver trasformato il Pd nel partito dell’establishment”. Quanto all’assemblea degli amministratori Pd a Rimini, Rossi aggiunge: “Vado ovunque si discuta. Anche Renzi mi ha invitato a Rimini, ma ho scoperto che dovrei parlare domani, quando lui se ne sara’ gia’ andato. Non mi pare un buon modo di discutere”.

“Non possiamo riproporre cio’ che e’ gia’ fallito”. “Esiste un rapporto della commissione diritti umani del Senato del febbraio 2016 che dimostra in modo scientifico e documentato come i Cie non servano assolutamente a dare effettivita’ ai provvedimenti di espulsione. Gli unici Cie che conosciamo sono luoghi disastrosi per i diritti umani”. Così il presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, secondo il quale “senza accordi bilaterali con i paesi d’origine, e soprattutto senza una normativa che differenzi le espulsioni con accompagnamento forzato dalle semplici intimazioni, che dovrebbero essere la norma secondo le direttive europee, non ci sara’ nessun incremento di sicurezza e di effettivita’ delle espulsioni. Si moltiplicheranno invece i problemi che hanno portato alla chiusura di molti Cie negli scorsi anni”. Quanto a chi incita alle espulsioni di massa “la paura e’ concreta, come il senso di insicurezza. Salvini da’ fiato alle trombe della destra populista. Ma l’equazione tra straniero clandestino e terrorista e’ una follia. Per questo bisogna continuare col modello che ha funzionato di piu’. Non certo con quello che ha fallito del tutto, come i Cie”. “Alle caserme di 1.400 persone, come a Cona, o ai Cara come a Foggia, la Toscana ha opposto il modello dell’accoglienza diffusa sul territorio. Piccoli gruppi da includere nelle comunita’ e anche da coinvolgere in lavori socialmente utili, come da molte parti si sta gia’ facendo”. Secondo Rossi siamo di fronte a “una mancanza di una politica generale per l’integrazione e la regolazione dei flussi. La riapertura dei Cie non e’ la risposta. Non si puo’ riproporre cio’ che e’ gia’ fallito. Ed e’ singolare che lo Stato rischi di trasformare i richiedenti asilo in clandestini da espellere. Forse c’e’ bisogno di un intervento legislativo. Il paradosso e’ che rischia di essere espulso chi lavora perche’ diventa clandestino”. “Mi pare – ribadisce Rossi – un errore riproporre i Cie in questo modo. Chiedo adesso al governo che le Regioni siano coinvolte nel necessario ripensamento di tutte le politiche dell’integrazione e della sicurezza”.

E’ nata a Roma l’associazione Democraticisocialisti. L’associazione ha come obiettivo la creazione di un’area politica interna ed esterna al Pd per sostenere la proposta della “Rivoluzione socialista” avanzata in questi mesi da Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana e candidato alla segreteria del Partito Democratico, in vista del prossimo congresso. L’assemblea ha visto la partecipazione di un centinaio di delegati provenienti da tutte le regioni del paese. Presidente di “Democraticisocialisti” e’ il giornalista Peppino Caldarola. Per il prossimo 28 gennaio, l’associazione promuovera’ a Roma un’assemblea nazionale per individuare idee per un Pd rinnovato con radici sociali e identita’ piu’ forti di quelle attuali. La proposta di Rossi riscontra, intanto, un interesse crescente. A testimoniarlo, si legge in una nota, un nuovo sondaggio che indica il presidente della Regione Toscana come la figura maggiormente in grado di rappresentare un’alternativa alla segreteria del Partito Democratico oggi in carica. “Dovremmo convocare il congresso, c’e’ bisogno di discutere” ha Rossi durante il suo intervento all’Assemblea Nazionale del Pd, nel corso del quale ha giudicato negativamente la relazione del segretario Matteo Renzi. “Non mi ha soddisfatto, non la condivido” ha spiegato Rossi: “Mi pare contenga un elemento di chiusura sul si’ che trovo pericoloso per le nostre prospettive”. Secondo il presidente della Toscana, dopo la vittoria del no, il Partito deve ripartire dall’apertura di un tavolo con le forze sociali e “li’ vada sminata la questione del Jobs Act”. Per Rossi, “Noi abbiamo bisogno di presentarci alla prossima campagna elettorale con un patto sociale per lo sviluppo del Paese e i protagonisti di un patto sociale sono le forze sociali”. “C’e’ bisogno – ha concluso – di un profilo politico-culturale diverso e piu’ netto ispirato agli ideali dell’umanesimo socialista e cristiano”.

“L’azione di governo di Renzi ha prodotto sicuramente cose interessanti, ma non bisogna fermarsi ad un riformismo debole”. Lo ha detto Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana e candidato alla segreteria nazionale del Pd, questa mattina in conferenza stampa a Pescara. “Orientarsi verso l’area del centrodestra non serve, come dimostrano i risultati delle ultime elezioni – ha proseguito Rossi – e’ invece necessario guardare a quelle fasce sociali in difficolta’, che costituiscono il nostro elettorato di riferimento e in favore delle quali bisognera’ mettere in campo azioni piu’ robuste”. L’aspirante segretario dei democratici ha poi illustrato la propria prospettiva politica: “Ci impegneremo per restituire al Pd un profilo piu’ netto, radicale e di sinistra, costruendo un’area socialista all’interno del partito. La parola socialismo nasce nel passato come grande idea di emancipazione, uguaglianza e redistribuzione della ricchezza – ha precisato Rossi – ma non rappresenta un ritorno al passato, quanto invece uno sguardo verso un futuro che contempli anche una seria critica al capitalismo, nei suoi aspetti piu’ distruttivi che sono alla base delle sofferenze di tante persone”.

Lo Stato deve entrare in Mps, mandare “a casa” il Cda, i vertici e abbassando gli stipendi dei dirigenti. Cosi Enrico Rossi, presidente della regione Toscana. “Noi siamo, e non da oggi, preoccupati moltissimo perché questa banca ha un forte intreccio con le imprese non solo toscane”, ha detto Rossi a Rai News 24. “Non da oggi siamo preoccupati perché questa banca ha un forte intreccio con le imprese, col tessuto economico non solo della Toscana. Quel che meraviglia è che circa un anno e mezzo fa fu bocciato il piano di riordino e fu imposto da Bruxelles che ci si associasse con un’altra banca, ma si sapeva già allora che con questa sacca di sofferenza sarebbe stato difficilissimo trovare qualcuno e così è avvenuto, non si è trovato nessuno”.