Può sembrare anacronistico o retorico parlare di questione meridionale, oggi, nel 2021. La realtà ci dice invece che non lo é affatto e che tutti i mali, le inefficienze, i disservizi, le lacune, le ineguaglianze, che hanno contraddistinto le argomentazioni a favore di una questione meridionale, permangono. Il gap tra i territori del Mezzogiorno e quelli del centro-nord sono ben visibili e riguardano le infrastrutture materiali, ossia le strade, il sistema ferroviario, quello portuale. Gli investimenti che interessano le regioni del Nord sono ben diversi rispetto a quelli delle regioni del Sud e non solo per quanto attiene la loro consistenza ma anche se si considera la loro tipologia. E’ vero che non esiste una sola Italia ma almeno due. Al netto delle questioni storiche come quella della criminalità organizzata e di una certa politica evanescente nel Mezzogiorno, afflitto negli anni passati da clientelismo e assistenzialismo, oggi l’attenzione politica dello Stato e quella dell’Unione Europea nei confronti del Meridione d’Italia si rivela scarsa e quindi poco efficace. E’ mancato e manca tuttora un disegno complessivo, una visione di sviluppo nel rispetto delle vocazioni e delle specificità territoriali. Manca una strategia che restituisca energia e vitalità a province in cui si avverte l’assenza e il silenzio dello Stato in termini di risposta ai mali cronici della disoccupazione, della insicurezza sociale, di un welfare inadeguato. Il sistema imprenditoriale lamenta inoltra l’esiguità di investimenti in grado di riportare ad un livello minimo la competitività e l’attrattività di intere zone. Riuscirà il governo di Mario Draghi a invertire la rotta e riunire l’Italia?. E’ una delle sfide a cui é chiamato e non é tra le più semplici.