nucleare

Il direttore della Cia, Mike Pompeo, in attesa della conferma in Senato della sua nomina a segretario di Stato, avrebbe incontrato segretamente il leader nordcoreano Kim Jong-un. La notizia è stata diffusa dal Washington Post, secondo quanto riporta l’Ansa, con la precisazione che la visita di Pompeo a Pyongyang sarebbe avvenuta nel fine settimana di Pasqua. L’incontro dovrebbe aprire la strada ai colloqui che si terranno tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e Kim Jong-un. Al centro dell’incontro la soluzione sul programma nucleare di Pyongyang. Si tratta di un faccia a faccia di più alto livello tra i due Paesi dal 2000, quando l’ex segretario di Stato Madeleine Albright si incontrò con Kim Jong-Il, il padre di Kim Jong-un. Un incontro tra Trump e il leader coreano è dato per probabile a giugno.

Senza un’Unione europea forte sarebbe stato impossibile l’accordo sul nucleare iraniano: lo dice oggi l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, intervenendo con un messaggio alla Ventesima conferenza Edoardo Amaldi sulla “Cooperazione internazionale per rafforzare la sicurezza, la salvaguardia e la non proliferazione nucleare”, organizzata a Roma. “Le nostre madri e i nostri padri fondatori credevano che solo un’Europa unita potesse sopravvivere in un mondo di superpotenze. Credevano – ha sottolineato Mogherini – che senza un’unita’ europea saremmo stati irrilevanti sulla scena internazionale”. A sessant’anni di distanza, ha sottolineato il capo della diplomazia Ue “sappiamo che avevano ragione”.

Pyongyang non intende negoziare, “in nessuna circostanza”, il suo programma nucleare bellico. Lo ha detto a Manila il ministro degli Esteri nordcoreano Ri Yong Ho, secondo il quale il suo paese non minaccia nessuno “eccetto gli Stati Uniti”. “In nessuna circostanza porremo sul tavolo del negoziato il nucleare e i missili balistici -ha detto Ri al forum dell’Asean in corso a Manila- non arretreremo di un centimetro sulla strada da noi scelta del rafforzamento delle forze nucleari fino a quando non verrà eliminata la politica ostile e la minaccia nucleare degli Stati Uniti verso la Corea del Nord”. Secondo Ri, è Washington che obbliga Pyongyang a difendersi. “A causa del comportamento arbitrario degli Stati Uniti, la situazione nella penisola coreana sta diventando estrema con il crescente pericolo di un conflitto”, ha proseguito il capo della diplomazia nordcoreana. Siamo “una potenza nucleare responsabile -ha aggiunto- non intendiamo minacciare o usare le nostre armi nucleari contro altri paesi che gli Stati Uniti, a meno che altri paesi si uniscano alle azioni militari americane contro la Corea del Nord”. La crisi coreana è al centro dell’attenzione al forum Asean di Manila, dove il segretario di Stato americano Rex Tillerson ha chiesto oggi a Pyongyang di metter fine ai test missilistici come prova della sua buona volontà di tornare al tavolo del negoziato. L’argomento è stato anche al centro degli incontri avuti da Tillerson con i colleghi australiano, Julie Bishop, giapponese, Taro Kono, e sudcoreano, Kang Kyung Wha. Ieri il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato all’unanimità un rafforzamento delle sanzioni contro Pyongyang.

Il settore energetico iraniano sta assistendo ad una vera e propria espansione dopo l’entrata in vigore dell’accordo sul nucleare iraniano nel gennaio 2016. L’intesa, raggiunta nel luglio 2015, e’ considerata uno dei grandi successi diplomatici dell’amministrazione del presidente Hassan Rohani e della sua visione “pragmatica” della politica estera iraniana, nettamente differente da quella del suo predecessore Mahmoud Ahmadinejad. In queste settimane diversi funzionari iraniani, in vista delle elezioni presidenziali del prossimo 19 maggio, hanno descritto i primi risultati dell’accordo sul nucleare e della relativa cancellazione delle sanzioni, cercando di sfatare i dubbi e le critiche espresse dalle frange piu’ conservatrici della politica iraniana, fortemente contrarie alle aperture di Rohani, il quale si e’ ricandidato per un secondo mandato. Il vice presidente della Compagnia nazionale iraniana per le perforazioni (National Iranian Drilling Company, Nidc), Mohammad Reza Takaydi, ha dichiarato che vari paesi stranieri, tra cui Stati europei, hanno espresso interesse ai progetti riguardanti il settore del petrolio e del gas dopo l’entrata in vigore nel gennaio del 2016 dell’accordo sul nucleare iraniano firmato nel luglio 2015 a Vienna dai delegati di Teheran e dai rappresentanti dei paesi del gruppo 5+1 (Cina, Francia, Regno Unito, Russia, Stati Uniti piu’ la Germania). Intervistato dall’agenzia di stampa “Irna”, Takaydi, ha dichiarato: “Durante l’epoca delle sanzioni abbiamo subito alcuni problemi tecnici, la mancanza di connessione ai paesi avanzati occidentali e problemi nell’approvvigionamento di attrezzature. Tuttavia dopo l’entrata in vigore del Piano globale d’azione congiunto (Jcpoa) siamo riusciti ad instaurare contatti diretti con le imprese occidentali, giungendo fino ad un accordo diretto con una societa’ scozzese”.

Tensioni alle stelle e minacce non accennano a placarsi tra Usa e Corea del Nord che avverte l’America che è pronta a “cancellarla dalla faccia della Terra”, accusandola di pianificare un attacco con armi chimiche contro il Paese. Il monito è contenuto in un documento pubblicato ieri sul Rodong Sinmun, il quotidiano ufficiale del Partito dei Lavoratori, in cui Pyongyang afferma che Washington vuole “infliggere sulla nazione coreana un orribile disastro senza precedenti”. Nel documento, intitolato ‘Piano di guerra biochimica contro la nazione coreana sotto attacco’, il regime sostiene che le forze americane stazionate in Corea del Sud di recente hanno portato nel porto di Busan “attrezzature per cercare di portare avanti il Piano Giove (Jupiter Plan), uno scenario (che prevede) una guerra biochimica contro il nord”. Tuttavia, prosegue il documento, la Corea del Nord “non sarà mai uno spettatore inerte alle mosse degli Usa volte a provocare una guerra biochimica ma concluderà lo stallo con gli Usa, l’impero dei mali, cancellandoli dalla faccia della Terra”

Con la Corea del Nord “l’era della pazienza strategica è finita”. Lo ha affermato il vicepresidente americano Mike Pence aggiungendo che per proteggere la Corea del Sud e stabilizzare la regione, gli Usa e i loro alleati utilizzeranno “mezzi pacifici o in ultima analisi qualsiasi mezzo necessario”. Il vicepresidente Usa ha visitato una base militare vicino alla Zona demilitarizzata coreana (Dmz), una tappa che non era esplicitamente indicata nel programma ufficiale del viaggio di Pence in Corea del Sud. La zona in cui ha fatto tappa Pence è una striscia di terra istituita nel 1953 in accordo con le Nazioni Unite che attraversa la penisola coreana per i 250 km del confine tra il Nord e il Sud. Visitando il luogo il vicepresidente degli Stati Uniti ha definito “corazzata” l’alleanza tra Washington e Seul e ha confermato la pressione su Pyongyang affinché si sbarazzi delle armi nucleari e del programma missilistico.
Pence ha anche detto che Trump spera che la Cina usi le sue “leve straordinarie” per fare in modo che Pyongyang abbandoni il suo programma missilistico e nucleare.

“Risponderemo a una guerra totale con una guerra totale, e a una guerra nucleare con il nostro stile di un attacco nucleare”: Choe Ryong-hae, secondo alcuni analisti il secondo più potente ufficiale della Corea del Nord, ha detto che il Paese è pronto ad affrontare qualsiasi minaccia posta dagli Stati Uniti. Parlando in occasione della grande parata militare in corso a Pyongyang per festeggiare il 105mo anniversario della nascita del padre della patria Kim Il-sung, Choe ha criticato il nuovo governo degli Usa sotto il presidente Donald Trump per “la creazione di una situazione di guerra” nella penisola coreana con l’invio di mezzi militari strategici nella regione. Presente alla parata anche Kim Jong-un, che però non ha parlato prima che la tv di Stato nordcoreana interrompesse le trasmissioni in diretta dalla piazza. Kim, leader 30enne salito al potere alla fine del 2011, ha sempre enfatizzato come le armi nucleari siano il fondamento della sua strategia di difesa nazionale.

L’Alto rappresentante della politica estera Federica Mogherini torna in Europa dopo “incontri eccellenti” con l’amministrazione Trump e ottiene “l’impegno degli Stati Uniti al pieno rispetto dell’accordo” sul nucleare siglato dall’Iran e le principali potenze mondiali tra cui gli Usa nell’estate del 2015. Mogherini ha spiegato che con gli Usa ci sono questioni su cui si può lavorare su un terreno comune, come sul rispetto dell’accordo sul nucleare iraniano, ma non ha negato che ci sono temi su cui invece ci sono diverse vedute. Mogherini ha riconosciuto “l’intenzione forte di lavorare insieme” anche se ci sono diverse vedute con gli Usa sul processo di pace in Medio Oriente, la crisi migratoria globale, il libero scambio e il cambiamento climatico. “Non sta a me definire l’agenda Usa”, ha aggiunto. “Io mi limito a mettere sul tavolo, con chiarezza e in amicizia, l’agenda Ue per trarre il massimo dalla partnership tra Ue e Usa”.

In seguito ai pericoli determinati da un possibile smarcamento militare del nuovo presidente statunitense Donald Trump, Roderich Kiesewetter (Cdu) ha recentemente dichiarato che la Germania dovrebbe valutare l’ipotesi di dotarsi di un deterrente atomico, come Francia e Regno Unito. Anche secondo l’editore della “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, Berthold Kohler, la Germania dovrebbe avere un suo armamento nucleare contro le minacce della Russia. Per farlo in modo legale, Berlino dovrebbe uscire dal trattato di non proliferazione nucleare, come la Corea del Nord, o modificarlo con il consenso degli altri Paesi. Cio’ trasmetterebbe un segnale forte a taluni paesi (Turchia, Arabia Saudita). Ma sarebbe realmente utile avere armi nucleari? Secondo un editoriale del settimanale “Der Spiegel”, la risposta e’ certamente no. Gia’ le posseggono Gran Bretagna e Francia, come contemplato dal trattato di Ottawa del 1974 e dalla dichiarazione di Varsavia. La Germania ha una leadership politica ed economica in Europa, ma quella militare non sarebbe ben vista dai vicini europei. Sarebbe ben poco plausibile che vicini come la Polonia o l’Italia venissero posti sotto un ombrello nucleare tedesco, senza considerare i pericoli legati alla proliferazione delle armi nucleari nella Ue. Tuttavia, sostiene il settimanale, sarebbe opportuno un nuovo dibattito sulla direzione della politica della sicurezza europea e tedesca, e in tale contesto “anche l’impensabile andrebbe ponderato”.