violenza sulle donne

Quella sull’aumento del numero dei casi di violenza sulle donne non è solo una percezione maturata nell’opinione pubblica a fronte del puntuale resoconto mediatico. No. Si tratta realmente di un fenomeno che non accenna a diminuire e nei confronti del quale si ha la sensazione di non riuscire a contrastarlo nel migliore dei modi. A confermarlo sono i numeri: ebbene, nei primi 10 mesi del 2017 sono state 114 le donne vittime di omicidio volontario, ed è un trend che conferma l’andamento registrato nel 2016. Lo evidenzia il quarto rapporto di Eures sul femminicidio in Italia, diffuso in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che si celebra il 25 novembre. Tra il 2015 e il 2016 il numero di femminicidi in Italia è tornato ad aumentare, passando da 142 a 150 (+5,6%), soprattutto a causa di una forte crescita del fenomeno nelle regioni del Nord e del Centro. Sempre nel 2016 a livello di regioni il numero più alto di femminicidi lo si è registrato in Lombardia (25 vittime), seguita dal Veneto (17, ma in forte aumento rispetto ai 7 dell’anno precedente), terza la Campania (nonostante un calo dei casi, passati 31 a 16), e quarta l’Emilia Romagna (13). Nello scorso anno il 76,7% dei femminicidi è maturato in un contesto familiare e affettivo, con una forte connotazione negativa data da possesso e gelosia, ma anche dall’isolamento e dal disagio. Sul banco degli imputati l’uomo, la sua concezione proprietaria della donna, la sua pochezza, la sua rozzezza.

“In questi giorni, assistiamo all’enorme ondata di mobilitazione femminile e femminista cui ha dato l’avvio la denuncia di Asia Argento contro il produttore che le ha fatto violenza quando aveva appena vent’anni”. Lo dichiara il coordinatore di Articolo Uno – Mdp Roberto Speranza in una nota stampa. “Moltissime donne – prosegue – hanno raccontato in poche righe su Twitter e su Facebook, con gli hashtag #metoo e #quellavoltache, i ricatti, gli abusi, le pressioni e le umiliazioni subite dagli uomini. Ne viene fuori un quadro impressionante, davanti al quale un uomo resta ammutolito e scosso, e vorrebbe dire con fermezza “io no”. Le statistiche dicono che 1 milione e 400 mila donne in Italia subiscono questo tipo di molestie violente, ma la percezione e la consapevolezza cambiano quando si ascolta la testimonianza diretta e libera di così tante donne. Queste voci ci dicono che la disparità di potere, di salario, di libertà è tuttora assai rilevante nel mondo del lavoro, in famiglia ed in tutta la società, a dispetto delle leggi. Ci dicono anche che politica e istituzioni sono ancora sorde e non fanno abbastanza. È ora di una vera e propria scossa”. “La capogruppo al Senato di Articolo Uno – Mdp, Maria Cecilia Guerra – aggiunge Speranza -, scrive oggi su il Manifesto che il mancato ascolto di queste proteste e delle proposte del movimento delle donne è un aspetto rivelante della crisi della rappresentanza, invitando tutti noi ad aprire momenti di confronto, di riflessione e di collaborazione con le femministe e con le associazioni delle donne. Dal canto mio, nel rispetto assoluto dell’autonomia di questi movimenti, voglio dire che questa proposta mi appare molto importante e che noi troveremo i modi, i tempi e le forme per renderla concreta e fruttuosa”, conclude.

“Sulla violenza contro le donne di vario genere come governo non possiamo fare moltissimo, perché è innanzi tutto una battaglia culturale, sociale, politica con la p maiuscola”. Lo ha detto il presidente del Consiglio Matteo Renzi, commentando a Unomattina i recenti episodi di Napoli e Rimini. “Il nostro impegno – ha assicurato – è massimo per cercare di fare tutto ciò che serve, anche mettendo a disposizione più soldi per i centri antiviolenza. Questa è una battaglia che deve riguardare anche gli uomini, la violenza contro le donne non è un fenomeno inestirpabile, se l’Italia accetta di fare questa battaglia tutti insieme, possiamo restituire alle nostre mogli, sorelle, figlie, compagne una possibilità di diverso avvenire per il Paese. Faremo tutto quello che è possibile fare, anche se questa una sfida difficilissima”.

‘Nessuno, di fronte alle donne, è più arrogante, aggressivo e sdegnoso dell’uomo insicuro della propria virilità’. (Simone de Beauvoir). Uomini-bestia bruciano i libri, uomini bestia bruciano, violentano, uccidono le donne, gli anziani, i bambini. L’orrore della violenza sugli indifesi e sui più deboli, la più atroce e vigliacca, fa un’altra vittima e non sarà l’ultima. Sara aveva 22 anni, il suo carnefice 27. Vincenzo, questo il suo nome, non aveva accettato di essere lasciato. E, se non poteva essere più sua, allora non sarebbe stata di nessun altro. Qui l’amore non c’entra nulla, è solo possesso e proprietà privata. Le donne, in questi casi, per questi uomini, sono gadget, accessori che solo il proprietario può sostituire mentre il contrario non è consentito. Si’, la responsabilità penale e’ personale, Vincenzo ha confessato, andrà in prigione. Ma qual è la cultura predominante nella nostra società? Chiediamocelo. Forse quella del rispetto reciproco, del dono e dell’ascolto? No. Esiste una responsabilità sociale collettiva, che indulge di fronte a certi atteggiamenti arroganti? Io credo di sì. È la cultura del sopruso, del relativismo etico e dell’indifferenza: la stessa di quegli automobilisti che non hanno aiutato Sara pochi attimi prima di morire. Che hanno voltato lo sguardo altrove, tappandosi gli occhi, le orecchie e la coscienza. Brucino anche loro, Dio li maledica.