La donna come un gadget

‘Nessuno, di fronte alle donne, è più arrogante, aggressivo e sdegnoso dell’uomo insicuro della propria virilità’. (Simone de Beauvoir). Uomini-bestia bruciano i libri, uomini bestia bruciano, violentano, uccidono le donne, gli anziani, i bambini. L’orrore della violenza sugli indifesi e sui più deboli, la più atroce e vigliacca, fa un’altra vittima e non sarà l’ultima. Sara aveva 22 anni, il suo carnefice 27. Vincenzo, questo il suo nome, non aveva accettato di essere lasciato. E, se non poteva essere più sua, allora non sarebbe stata di nessun altro. Qui l’amore non c’entra nulla, è solo possesso e proprietà privata. Le donne, in questi casi, per questi uomini, sono gadget, accessori che solo il proprietario può sostituire mentre il contrario non è consentito. Si’, la responsabilità penale e’ personale, Vincenzo ha confessato, andrà in prigione. Ma qual è la cultura predominante nella nostra società? Chiediamocelo. Forse quella del rispetto reciproco, del dono e dell’ascolto? No. Esiste una responsabilità sociale collettiva, che indulge di fronte a certi atteggiamenti arroganti? Io credo di sì. È la cultura del sopruso, del relativismo etico e dell’indifferenza: la stessa di quegli automobilisti che non hanno aiutato Sara pochi attimi prima di morire. Che hanno voltato lo sguardo altrove, tappandosi gli occhi, le orecchie e la coscienza. Brucino anche loro, Dio li maledica.

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