L’economia siciliana è uscita dalla recessione già dalla seconda metà del 2015, anche se le famiglie continuano a ‘soffrire’ la crisi e le imprese non investono. Arrivano notizie positive , ma con un andamento lento, dal 45esimo Report Sicilia dal titolo “E quindi uscimmo a riveder le stelle”. Gli elementi positivi sono dovuti principalmente ad interventi extraregionali e ad una situazione internazionale favorevole.
Stando alle stime di consuntivo del Diste, nel 2015 il prodotto interno lordo ha registrato un incremento dello 0,6%, il primo dato positivo dopo otto anni di flessioni (+0,8% il Pil nazionale). L’apporto più consistente viene dall’agricoltura, con una crescita in termini reali del valore aggiunto del 7,7%. Si registra un rilancio dei servizi, anche se complessivamente l’attività mostra un recupero dello 0,3% e conserva un livello inferiore del 7% circa rispetto a otto anni prima. Il settore delle costruzioni mostra un limitato +0,7%. E’ il più colpito tra i grandi settori economici e vede l’attività quasi dimezzata nell’arco di otto anni (-44%). Prudente l’atteggiamento di famiglie e imprese sulla spesa. I consumi crescono dello 0,6%. Un modesto +6% si registra negli investimenti, quasi nulla rispetto al crollo del 42% negli ultimi otto anni. L’analisi previsionale dell’economia siciliana è stata realizzata da Diste Consulting per la Fondazione Curella e illustrata oggi, a Palermo, nei locali dell’Associazione siciliana della stampa, da Pietro Busetta, presidente della Fondazione Curella, Alessandro La Monica, presidente del Diste Consulting, e Antonio Giordano, giornalista di Milano Finanza. “Nel momento in cui si è fermata la recessione – spiega Pietro Busetta – abbiamo anche assistito ad un certo movimento anche sul fronte del mercato del lavoro. Abbiamo registrato un’occupazione che cresce del 2,3%, anche se qualcuno contesta che si tratta soprattutto tra gli autonomi, nei lavori precari e a scarsa redditività. Eccezionale risultato nel commercio, negli alberghi e nelle attività ricettive in genere, oltre che nella ristorazione dove l’aumento raggiunge il 6,5%”. Osserva Alessandro La Monica: “Il tasso di disoccupazione totale diminuisce di una piccola frazione di punto, a quota 21,4%. Il tasso di disoccupazione giovanile sfiora il 56%. Il tasso di mancata partecipazione, una sorta di tasso di disoccupazione allargato, che tiene conto oltre che del numero ufficiale dei disoccupati, 368 mila, delle quasi 600 mila persone residenti che non cercano attivamente ma sono disponibili a lavorare, raggiunge il 41,5% superando di oltre dieci punti il dato del 2007”. Davanti a questa fotografia si fanno i conti con la Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue che crea “una incertezza pericolosa” su tutto ciò che può generare l’evento. Nell’attesa che il quadro si schiarisca, il Diste ha elaborato le previsioni 2016-2017 senza ipotizzare ricadute più o meno gravi della Brexit, con una fase di recupero conforme alle stime enunciate per l’economia nazionale. Il prodotto interno lordo dovrebbe segnare una crescita prossima allo 0,8% e attorno a 1,1% nel 2017 (+1,3% il Pil dell’Italia). Per le famiglie si prevede una crescita dei consumi dello 0,9% quest’anno e dell’1,1% nel prossimo. Per le imprese, la spesa in beni strumentali passerebbe da un incremento in termini reali dello 0,6% del 2015 al 2,4% nel 2016 e 2,6% nel 2017. Per gli investimenti in costruzioni si prevede un incremento del 2% per quest’anno e del 2,5% per l’anno prossimo. L’occupazione segnerebbe una decelerazione della fase positiva avviata nel 2015, con un incremento che muterebbe dal 2,3% del 2015 a +1,1% nel 2016 e a +0,9% nel 2017.