La Stampa

“Le misure per noi più negative? Il taglio degli investimenti, e la conferma assolutamente politica del reddito di cittadinanza e di quota 100 per le pensioni. Che per noi sono operazioni elettorali e puramente assistenzialistiche, che non guardano allo sviluppo”. Lo dice Alberto Dal Poz, industriale dell’automotive e presidente di Federmeccanica, in un’intervista a ‘La stampa’. “Sapevamo che certo non c’era la possibilità di varare delle manovre di choc fiscale come quella realizzata negli Stati Uniti da Trump dopo pochi mesi dalla sua elezione. Saremmo stati però pronti a discutere insieme un piano di tagli alla spesa – aggiunge – Quando ci sono poche risorse, vanno mobilitate perché siano volano di crescita e di sviluppo. L’unico volano efficace da questo punto di vista è la creazione di lavoro da parte delle imprese: è un fatto che sostenendo le imprese, anche nelle fase di maggior difficoltà e recessione, si generano effetti moltiplicatori benefici per l’intera economia. Si vuole creare lavoro? È sulle imprese che bisogna puntare, perché creano ricadute virtuose che restano sul territorio. Nel Movimento Cinque Stelle qualcuno aveva balenato l’ipotesi che il reddito di cittadinanza potesse passare attraverso le imprese, nel processo di creazione di lavoro, ma non se n’è fatto nulla. E adesso si avvicina una fase economica non buona”.

Il presidente della societa’ di consulenza Eurasia Group, Ian Bremmer, in una intervista a “La Stampa” parla del nuovo governo gialloverde con molto scetticismo: “Non durera’ a lungo, per due motivi: primo, gli elettorati di M5S e Lega hanno interessi divergenti, e queste contraddizioni diventeranno ingestibili; secondo, gli obiettivi economici non sono realizzabili, perche’ mancano le risorse”. Bremmer, in una recente nota ai suoi clienti, ha scritto che la comune avversione per l’establishment non bastera’ a tenere insieme M5S e Lega: “Il loro approccio all’economia e’ la differenza piu’ significativa. Entrambi favoriscono l’espansione fiscale, la Lega tagliando le tasse, e M5S spendendo nel welfare. Ovviamente sono politiche che aiutano elettorati diversi. M5S, almeno in privato, e’ piu’ pragmatico e conscio dei limiti della politica fiscale; la Lega e’ piu’ bellicosa nella sfida all’Unione europea, che impone disciplina”. Le diverse demografie dei due partiti potrebbero far nascere una nuova coalizione populista, capace di governare l’Italia e diffondersi in altri Paesi europei: “E’ difficile, viste non solo le differenti strutture dei due partiti, ma anche i gruppi specifici e le persone che si aspettano benefici dalle loro politiche divergenti. Nel tempo, potrebbe accadere che uno dei due si adattera’, e avra’ piu’ successo. Ma e’ piu’ probabile che questi due elettorati finiscano per litigare sulle risorse sempre piu’ scarse, piuttosto che inventare un nuovo paradigma socioeconomico”.

“Cessano gli alibi per tutti. Se la politica non e’ in grado di dare un colpo di reni per fare una legge migliore di quella che scaturisce dalle sentenze, comunque si puo’ votare in tempi molto rapidi”. Lo afferma Roberto Giachetti, vicepresidente della Camera del Pd, in un’intervista a La Stampa, dopo la sentenza della Consulta. “In ogni caso – prosegue – adesso si puo’ entro l’estate. Come evidente, la responsabilita’ di sciogliere le Camere e’ in capo al presidente della Repubblica. Quindi i tempi ci sono per fare una buona legge o andare a votare con questa”. Non ci sara’ ora una resistenza per evitare il voto subito? “A leggere le dichiarazioni a caldo – risponde -, mi pare che siano nella stragrande maggioranza tutti per andare al voto. Ma sono gli stessi che di volta in volta sul tema della legge elettorale hanno cambiato opinione, talvolta ribaltandola, tre, quattro o anche cinque volte”: “I cinque stelle hanno cambiato idea quattro volte: mattarellum, democratellum, proporzionale e ora Italicum, che fino a sei mesi fa era una legge fascista, ora va bene. Sinistra Italiana ha firmato la mozione con me per il Mattarellum e ora vuole il proporzionale. Forza Italia ha scritto e votato l’ Italicum piu’ volte e ora vuole il proporzionale. La lega ha votato contro il Mattarellum e ora e’ a favore”.

‘ I media contro di noi per coprire Renzi’. Questa l’accusa di Beppe Grillo, leader carismatico del Movimento 5 Stelle. E’ convinto che l’attenzione degli organi di stampa nei confronti del M5S sia dovuta ad una precisa regia del premier. Si parla e si scrive della inadeguatezza del sindaco di Roma Virginia Raggi per distogliere l’attenzione dei cittadini-elettori dal governo e dalle sue eventuali pecche. E’ una vecchia storia quella dell’attacco al sistema dell’informazione. Non c’é leader politico, tranne qualche rara eccezione, che non abbia rivolto accuse e immaginato oscure trame ordite dai giornali e dalle tv. Ma la domanda da fare a Grillo é la seguente: ‘ma non é forse una notizia che il sindaco donna pentastellata, alla guida della capitale italiana, abbia con ogni evidenza mentito, che abbia nascosto la vicenda giudiziaria di Paola Muraro, assessore all’Ambiente, indagata per traffico illecito di rifiuti, abuso d’ufficio e truffa da ex consulente di Ama, l’azienda che gestisce i rifiuti a Roma? Non é forse una notizia la girandola di avvicendamenti nella giunta Raggi a poche settimane dalla sua elezione? Non é forse una notizia il fatto che il direttorio del Movimento e la Casaleggio associati abbiano tentato di portare sulla retta via la ‘sindaca’, che potrebbe causare – come ha già causato per alcuni sondaggisti – un calo dei consensi per i grillini? Se tutte queste non sono notizie allora ha ragione Grillo. Sul fatto che la stampa non si interessi a Renzi e al governo, al referendum, agli scarsi successi del premier sulle politiche del lavoro e alla mancata crescita del Pil, come su altri aspetti dell’azione di governo, stenderei un velo pietoso. Il premier gode di una stampa a lui vicina, ma contro di lui vi é uno schieramento molto forte di giornali e testate che gli sono evidentemente contrari. E’ la stampa, Grillo, é la democrazia. Fattene una ragione

“Purtroppo gran parte della sinistra e tutta la destra si rifiutano di vedere che c’è una guerra dichiarata, non ai governi occidentali bensì ai valori rivoluzionari dell’eguaglianza, della laicità e delle libertà civili”. E’ la riflessione di Paolo Flores d’Arcais in una intervista a La Stampa pubblicata oggi. Direttore di Micromega e autore di un saggio sul fondamentalismo islamico ‘la guerra del sacro‘ (edizioni Raffaello Cortina), Flores d’Arcais spiega le ragioni, a suo dire, di questa grave miopia su “una guerra dichiarata con la strage di Charlie Hebdo” e su cui “tutti hanno fatto finta di nulla” e afferma: “l’Occidente degli establishment è complice, visto che fa affari faraonici con l’Arabia saudita e gli Emirati: non si può combattere l’Isis, cioè il fondamentalismo islamico che vuole farsi Stato, quando si è alleati di Stati islamici già fondamentalisti, in cui vige la sharia”. Per cambiare passo servono “moltissimi soldi”, una “rigorosa laicità”, un “lavoro di intelligence” già nella cultura scolastica. E al potere: “una sinistra egualitaria e illuminista”.

“Se si continua in questo modo, con questa crescita delle disuguaglianze, senza politiche sociali, l’Europa salta per aria. E dopo si salvi chi può, perché forse l’Unione non è più possibile, ma è certamente necessaria: ogni staterello europeo, da solo, sarebbe alla mercé della speculazione internazionale e del gioco delle grandi potenze imperiali”. Cosi Massimo Cacciari in una intervista a La Stampa nella quale sottolinea che “l’unità politica europea sta tradendo le sue promesse fondative, perché tutti speravamo in un’unità basata su politiche di uguaglianza e solidarietà. La crescita delle disuguaglianze non data da oggi, è dall’inizio degli anni ’80 che aumenta. Le forze politiche che hanno fondato l’idea europea, quelle socialdemocratiche e quelle cattolico-popolari, che ragionavano su politiche tendenzialmente egualitarie, hanno fallito. Ora l’alternativa non è una nuova socialdemocrazia, ma Hofer, Le Pen, Salvini. O, quando va bene, Grillo. E poi ci sono stati altri errori. Il modo sciagurato con cui si sono realizzate politiche di espansione, date solo da esigenze di politica di difesa. Bisognava essere più prudenti. Dio non voglia che facciano la stessa cosa con la Turchia”. Secondo il filosofo ed ex sindaco di Venezia “non si è riusciti a modificare il modello di welfare socialdemocratico del Secondo dopoguerra. Creando l’unità europea bisognava ridurre il modello statalistico per ottenere risorse per le politiche sociali e la piena occupazione, invece si è fatto il contrario. Questo ha provocato la secessione dell’opinione pubblica dall’idea di unità politica europea: gli antichi romani la chiamerebbero una secessio plebis”.