Mario Draghi

Può sembrare anacronistico o retorico parlare di questione meridionale, oggi, nel 2021. La realtà ci dice invece che non lo é affatto e che tutti i mali, le inefficienze, i disservizi, le lacune, le ineguaglianze, che hanno contraddistinto le argomentazioni a favore di una questione meridionale, permangono. Il gap tra i territori del Mezzogiorno e quelli del centro-nord sono ben visibili e riguardano le infrastrutture materiali, ossia le strade, il sistema ferroviario, quello portuale. Gli investimenti che interessano le regioni del Nord sono ben diversi rispetto a quelli delle regioni del Sud e non solo per quanto attiene la loro consistenza ma anche se si considera la loro tipologia. E’ vero che non esiste una sola Italia ma almeno due. Al netto delle questioni storiche come quella della criminalità organizzata e di una certa politica evanescente nel Mezzogiorno, afflitto negli anni passati da clientelismo e assistenzialismo, oggi l’attenzione politica dello Stato e quella dell’Unione Europea nei confronti del Meridione d’Italia si rivela scarsa e quindi poco efficace. E’ mancato e manca tuttora un disegno complessivo, una visione di sviluppo nel rispetto delle vocazioni e delle specificità territoriali. Manca una strategia che restituisca energia e vitalità a province in cui si avverte l’assenza e il silenzio dello Stato in termini di risposta ai mali cronici della disoccupazione, della insicurezza sociale, di un welfare inadeguato. Il sistema imprenditoriale lamenta inoltra l’esiguità di investimenti in grado di riportare ad un livello minimo la competitività e l’attrattività di intere zone. Riuscirà il governo di Mario Draghi a invertire la rotta e riunire l’Italia?. E’ una delle sfide a cui é chiamato e non é tra le più semplici.

Quale significato assume la scelta del presidente Sergio Mattarella che darà, con ogni probabilità, l’incarico di formare un governo a Mario Draghi? Sicuramente quello del ritorno della competenza per i ruoli istituzionali più importanti. Non é poco. Negli ultimi anni qualcuno, in modo strumentale e funzionale alla propria pochezza culturale e biografica, ha cercato di farci credere che la preparazione culturale, l’acquisizione di competenze ed esperienze professionali fosse un ingombro, un peso, un onere. Il risultato di questa impostazione lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle, con l’approssimazione e la superficialità di molti esponenti politici. Il contesto generale è drammatico: ci troviamo nel pieno di una emergenza sanitaria ed economico-finanziaria. Senza considerare le ripercussioni sul fronte occupazionale, con licenziamenti che sono prossimi e che non faranno che aggravare le tensioni sociali. Proprio per questo la chiamata alle armi di Mario Draghi risponde a questa esigenza. Ci attendono scelte difficili, impopolari. Dovranno essere individuate le migliori strategie per l’impiego delle risorse europee. Occorre competenza, coraggio, lungimiranza. E chi meglio di Mario Draghi?

Sebbene l’inflazione stia convergendo verso l’obiettivo a medio termine intorno al 2%, la Banca centrale europea “ha ancora bisogno di vedere ulteriori prove del fatto che le dinamiche si stanno muovendo nella giusta direzione”. Lo ha affermato il presidente della Bce Mario Draghi in una conferenza a Francoforte confermando di conseguenza una politica monetaria “paziente, persistente e prudente” con aggiustamenti “prevedibili” e che proseguiranno a un ritmo misurato. Draghi ha evidenziato comunque i progressi dell’economia dell’Eurozona anche se restano spazi di recupero. Ad esempio se gli investimenti delle aziende sono a un livello del 7% superiore a quello precrisi, per il settore costruzioni il gap resta del 17% “e solo ora ha iniziato a risalire”. Quanto al mercato del lavoro, “da metà 2013 l’occupazione è cresciuta di circa 7,5 miliardi di unità e tutta la perdita registrata durante la crisi è stata recuperata”. Quanto ai consumi, gli acquisti ‘non essenziali’ che “tendono a essere rimandati durante le recessioni, al momento sono solo del 2% superiori al livello precrisi indicando come questa spesa delle famiglie ha ancora spazio per sostenere la crescita”.

In Italia nel 2015 il jobs act ha creato “un aumento di quasi mezzo milione di persone occupate con un contratto di lavoro permanente, in gran parte perche’ le agevolazioni hanno incoraggiato le imprese ad assumere piu’ persone con il nuovo contratto a tempo indeterminato”. Lo ha dichiarato il presidente della Bce, Mario Draghi, durante una conferenza a Francoforte sulle riforme strutturali nell’area euro.
Draghi ha anche ricordato che alcuni Paesi “hanno attuato riforme negli ultimi anni che hanno contribuito a ridurre la disoccupazione, in modo piu’ visibile Spagna e Portogallo, ma anche l’Italia”.

Tra i fattori che continuano a frenare la ripresa dell’inflazione a livelli inferiori ma vicini al 2% nell’Eurozona c’è anche la grande diffusione di “contratti di lavoro temporanei”, che produce una pressione al ribasso sui salari. Lo ha spiegato il presidente della Bce Mario Draghi, in audizione davanti alla commissione Econ dell’Europarlamento. La dinamica dei salari “piuttosto debole”, ha detto Draghi, è uno dei principali “fattori sottostanti” che spiegano la debolezza persistente dell’inflazione nell’Eurozona, pur in presenza di una ripresa economica “robusta”. La dinamica dei salari, ha continuato, “è stata più debole in questa fase del ciclo economico di quanto non sarebbe stata in altre condizioni, e questo ha a che fare con il funzionamento del mercato del lavoro”. L’Eurozona, ha ricordato il presidente della Bce, viene da una lunga crisi, da “un periodo prolungato di fiacchezza del mercato del lavoro, che è una eredità del passato. La disoccupazione è probabilmente più elevata di quanto non dicano i dati ufficiali: molte persone hanno contratti di lavoro temporanei”, si trovano cioè in “una situazione che non li porta a chiedere uno stipendio più alto”.

‘In una intervista rilasciata al quotidiano Le Monde, l’ex presidente Sarkozy dichiara che nel 2011, in un momento in cui l’Italia era nel mirino dei mercati, arrivo’ a sostenere che il premier di allora, Silvio Berlusconi, era diventato un problema per i tassi di interesse italiani e che questo suo commento fece adirare Berlusconi che non glielo perdonò mai. Ebbene, la verità è un’altra, Sarkozy dice il falso: nel corso del G20 dell’Agricoltura nel giugno del 2011, partecipando in qualita’ di ministro delle Politiche Agricole, Sarkozy volle incontrarmi (una foto ritrae quel preciso momento) perche’ facessi pressione sul premier Berlusconi sulla rimozione di Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato esecutivo della Bce: italiano era gia’ il presidente della Bce, Mario Draghi, due italiani in Bce erano troppi” e per questo lo stesso Sarkozy ne chiedeva le dimissioni. Altre persone, tra l’altro, possono testimoniare questo episodio. Il presidente francese si adirò con Berlusconi proprio perchè non riusciva a convincere Bini Smaghi a dimettersi dal board della Bce e lo attacco’ strumentalmente sui tassi di interesse, argomento del quale, in realtà non gliene importava nulla’. On Saverio Romano, capogruppo Scelta Civica-Ala alla Camera dei Deputati

“Le prospettive economiche dell’area dell’euro stanno migliorando e i rischi al ribasso si stanno indebolendo. Tuttavia, questi segni positivi non dovrebbero distoglierci dalla necessità di una crescita economica più stabile ed elevata”. Lo ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi, intervenendo di fronte alla commissione Affari economici e monetario del Parlamento Ue. “In questo contesto – ha proseguito Draghi – è necessaria una maggiore crescita della produttività. La crescita della produttività richiede innovazione. Le riforme strutturali sono essenziali per creare un ambiente imprenditoriale che favorisca l’innovazione e un contesto normativo che si adatti adeguatamente”. Secondo il numero uno della Banca centrale europea le riforme devono essere accelerate sia a livello nazionale sia a livello europeo.

“Nel 2017 e’ probabile che l’incertezza politica si protragga. Tuttavia, continuiamo a confidare che la ripresa economica prosegua, sospinta dalla nostra politica monetaria”. Lo ha detto il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, nella prefazione al rapporto annuale 2016 dell’istituzione di Francoforte. “Il 2016 e’ stato sotto molti aspetti un anno difficile, ma e’ stato anche caratterizzato da segni di progresso”, ha spiegato Draghi, “sebbene l’anno fosse iniziato in un clima di incertezza economica, quando si e’ concluso l’economia poggiava su basi mai cosi’ solide dall’inizio della crisi”. Ma, secondo il presidente della Bce, lo scorso anno “mentre si attenuava l’incertezza economica, si intensificava l’incertezza politica. Abbiamo assistito a una serie di eventi geopolitici che influenzeranno il panorama delle nostre politiche negli anni a venire”. Il rapporto illustra “come la Bce ha navigato fra questi frangenti”, ha detto Draghi.

“Mario Draghi ha salvato l’Europa, e sta salvando l’Italia insieme all’Europa”. Lo ha detto l’ex presidente del consiglio Enrico Letta a margine della sua visita al Salone del Mobile di Milano, commentando l’ indisponibilita’ di Draghi ad accogliere le richieste della Germania su uno stop alla politica espansiva di alcuni stati europei. “Dobbiamo sostenere Draghi e la sua politica espansionistica con forza – ha spiegato Letta -. Draghi ha dimostrato di avere una visione d’Europa e che l’Europa avrebbe bisogno di leader come Draghi. Il sostegno a Draghi e alla sua politica mi sembra la cosa principale”.

“Nonostante i segni di miglioramento, è chiaramente troppo presto per dichiarare vittoria” sul fronte dell’inflazione e anzi “al momento c’è ragione per essere cauti nel valutare quanto le prospettive d’inflazione si siano stabilizzate”. Lo ha detto Mario Draghi, presidente della Bce, a una conferenza a Francoforte, aggiungendo che “la continuazione del sostegno (monetario, ndr) è fondamentale” per sostenere la dinamica dei prezzi. Il presidente della Bce sottolinea comunque che “la ripresa sta migliorando e guadagnando forza”. “La ripresa – evidenzia – sta traendo spinta da un circolo virtuoso fra consumi in rialzo, crescita dell’occupazione e redditi da lavoro”. “La crescita nominale ora sta aiutando” a ridurre il debito, e praticamente per la prima volta dall’introduzione dell’euro “la spesa sale mentre l’indebitamento scende”, ha detto Draghi spiegando che per “il contributo della crescita nominale è sempre stato decisivo per il successo” del ‘deleveraging’, cioè della necessaria riduzione di un debito eccessivo.