“Il trio delle cicciottelle sfiora il miracolo olimpico”, questo il titolo de Il Resto del Carlino, che si riferiva alle tre ragazze della nazionale italiana del tiro con l’arco – Guendalina Sartori, Lucilla Boari e Claudia Mandia – sconfitte alle Olimpiadi. Si é molto parlato di questa caduta di stile e della opportunità della rimozione del direttore della testata. Il giornalismo é fatto di parole e le parole, per gli addetti ai lavori quali noi siamo, presuppongono responsabilità, attenzione e coscienza professionale. Definire ‘cicciottelle’ tre ragazze, sottolineandone solo in apparenza l’aspetto pacioso e rotondo, con la scusa dell’affettuosità, é inopportuno e offensivo. Giuseppe Tassi, direttore di «Qs», rimosso giustamente dall’incarico per il titolo sulle tre arciere azzurre, si é giustificato così «Non c’era intenzione discriminatoria o sessista. Il termine aveva una connotazione affettiva. Ripulire il nostro linguaggio è un traguardo, ma senza ipocrisie». Ma di quale ipocrisia parla il giornalista? Ipocrita, a mio parere, sarebbe stato sorvolare, far finta di nulla. Offendere una donna per il suo aspetto é oltremodo grave, e nessuna attinenza ha con l’evento sportivo e con il tema trattato. Siamo responsabili, tutti, delle azioni che compiamo e delle parole che pronunciamo. Noi giornalisti ancora di più. E non abbiamo alcuna attenuante. Solidarietà alle tre atlete da un cicciottello cronico quale io sono sempre stato. Alfonso Lo Sardo