populismo

Non è facile immaginare l’esplosione del moderno populismo in tutte le sue varie declinazioni in assenza del mondo, anch’esso variegato, dei social media, da Facebook a Twitter sino ad Instagram. La crescita esponenziale dei vari leader che sulla demagogia populista hanno puntato tutte le fiches a loro disposizione non vi sarebbe stata senza questi strumenti di comunicazione di massa che veicolano in tempo reale slogan, ultimatum, diktat, flash mob, minacce, promesse, e quant’altro. I social media hanno consentito a leader carismatici di raggiungere il popolo, le masse, senza alcuna intermediazione, a loro stessi invisa e da loro stessi vilipesa. Da una parte il Capo, dall’altra le masse. In quest’ottica, il fatto che Facebook prima e Twitter dopo abbiano oscurato Donald Trump, ritenuto colpevole delle aggressioni avvenute al Congresso americano e della occupazione del medesimo da parte di suoi aficionados ha suscitato reazioni e commenti sulla legittimità di provvedimenti che, di fatto, tolgono il diritto di parola a esponenti politici. Non sembra convincere, del resto, la giustificazione in base alla quale l’uso di queste piattaforme deve sottostare a regole prefissate da parte di tutti gli utenti. Viene da chiedersi, infatti, se i controlli da parte di questi grandi gruppi vengano effettuati nei confronti di tutti i dittatori che esercitano il loro ruolo in vari paesi. In ogni caso, viene confermato il dato che vede nel binomio populismo-social media, una formula vincente con la quale dovremo fare i conti anche nell’immediato futuro.

Non ci possono essere dubbi: le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo previste per il 26 maggio 2019 rappresentano un momento decisivo per il futuro prossimo venturo. Si tratta di un appuntamento elettorale che assume un significato ancora più importante di quello intrinseco, per il significato politico che i suoi risultati non potranno che avere. Al di là delle appartenenze ideologiche e partitiche, la vera sfida è tra coloro che continuano a credere nella funzione sociale, culturale, economica e di garanzia delle libertà che l’Unione, con tutti i suoi difetti e le sue lacune, assolve e tra quelli che vogliono accedervi per metterla in discussione se non per disgregarla. Da una parte l’Internazionale sovranista che ha fatto del populismo e della demagogia, dell’odio sociale e della paura i suoi strumenti e dall’altra le forze politiche europeiste, popolari e liberali. La scelta che i cittadini europei dovranno in ultima analisi compiere non potrà che rispondere a questa discriminante che prevale su tutte le altre considerazioni. E’ per questo che queste Europee sono diverse da tutte le altre. Perché si decide del futuro del continente, delle sue aspettative di libertà, di prosperità, di pace e di sviluppo per i prossimi decenni.

Carriere politiche che nascono da bufale mai smontate, proclami di segretari di partito che si fondano sul Nulla, numeri e dati che vengono snocciolati come se fossero passi del Vangelo e che si rivelano autentiche castronerie senza alcun fondamento. E’ la gara sempre aperta alla quale in Italia, ormai da anni, assistiamo senza reagire. Non è tempo per verità scomode, per i sacrifici che la realtà impone con la sua complessità. Gli elettori premiano chi li fa sognare, promettendo paradisi di ogni genere, riuscendo a nascondere la polvere della crisi sotto il tappeto delle convenzioni, del calcolo e dell’apparenza. Il mestiere del populismo, del resto, in questo consiste: sparare cazzate a intervalli regolari, alimentare complotti e prefigurare nemici agguerriti e catastrofi imminenti. In un contesto come questo, ci sarebbero praterie immense per una informazione libera, indipendente e autorevole che voglia sgranchirsi le gambe per percorrerle in tutta agilità, distruggendo quel castello di fake news che la demagogia populista ci propina quotidianamente, anche e soprattutto sul web e attraverso i social media. C’è inoltre ancora spazio oggi per una politica moderata, competente, che argomenti e proponga una ricetta vincente? Si, ma è una battaglia difficile che richiede impegno e una chiamata alle armi di tutti coloro che, al di là del colore politico, vogliano unirsi contro l’ignoranza al potere, i razzismi e gli autoritarismi 

I due populismi italiani, quello di destra rappresentato dalla Lega e quello qualunquista e incompetente del M5S, insieme al governo. Le aspettative non sono buone, non fosse altro che per le promesse aritmeticamente irrealizzabili con cui hanno vinto le elezioni e per i proclami di guerra che lanciano in direzione dell’Europa, dell’euro e quindi dei mercati. Tutto da vedere inoltre il posizionamento dell’Italia nello scacchiere del mondo e le scelte in materia di geopolitica. Ma occorre comunque giudicare i fatti e l’azione di questo governo, presieduto da Giuseppe Conte, un premier di cui non si sa quasi niente, probabilmente perché non c’è nulla da sapere.

Trovo che sia meraviglioso che le prossime elezioni politiche possano rappresentare un derby non più tra M5S e Lega ma tra queste due forze politiche e tutte le altre, tra il populismo mascherato da democrazia diretta di cui entrambe sono espressione e la democrazia rappresentativa, il rispetto delle istituzioni e la divisione dei poteri che vorrebbero annullare. Valori, questi, che dovrebbero costituire la piattaforma politica condivisa da tutti gli altri partiti e movimenti. Un derby tra la violenza e l’odio sociale che M5S e Lega da una parte incarnano e la libera espressione del pensiero, la libertà di parola, la tolleranza dall’altra. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rivelato amore per l’Italia, coraggio, equilibrio, cultura, saggezza. Non gettiamo alle ortiche questo suo nobile esempio. Che le prossime elezioni politiche siano un derby tra la loro violenza demagogica e la nostra cultura liberale e democratica.

L’Europa e Mattarella non sono altro che un nemico e un alibi per il M5S e per la Lega. Perché il populismo di governo, costretto a passare dalla protesta alla proposta, dagli slogan ai provvedimenti legislativi, dalla semplificazione alla complessità, si scontra con le vere difficoltà nella gestione del potere che richiede mediazione, riflessione, equilibrio. Tutte doti che i populisti non possono permettersi perché perderebbero la propria identità. L’Europa – non esente da colpe e responsabilita’ – e’ per il duo populista un nemico sul quale scaricare tutto il male possibile. Sergio Mattarella, la Costituzione che tutela e le sue prerogative, rappresentano un alibi: ‘non siamo riusciti a formare un governo o a governare – potranno sempre dire – perché il Quirinale ce lo ha impedito e perché siamo ostili a questa Unione europea’. In questo modo viene mascherata l’incompetenza e l’inefficacia, oltre alla propria pochezza politica

Una politica a favore di telecamera, il trionfo della comunicazione ai danni della politica, della mediazione, del compromesso, del dialogo. I leader politici che non possono mollare la presa di un centimetro per non perdere un punto percentuale nei sondaggi interni, e il teatrino della politica ripete la sua scena all’infinito, con un pubblico sempre attento e sempre annoiato. Lo stallo in cui si trova il Paese é anche un effetto del prevalere delle logiche populistiche e della comunicazione che le sostiene. Non conta ciò che si fa ma solo ciò che si comunica e il modo in cui lo si comunica. Una lotta tra duri e puri, tra chi deve sostenere il peso della propria coerenza e delle promesse lanciate in campagna elettorale. I veti, i diktat, gli ultimatum, questo sono e non altro: la prevalenza degli attributi sulla capacità di sintesi. Assistiamo, inermi, alla continua ‘dichiarazia’ (dal titolo del bel saggio di Mario Portanova. edizioni Bur Rizzoli) dei politici, alla loro ineluttabile propensione alle dichiarazioni, ai commenti, alle riflessioni, a favore di telecamera. Il dire conta più di tutto il resto, il fare non porta consensi e crea problemi. Il populismo cerca il consenso sull’emozione e per questo basta la parola ad effetto, lo slogan, la minaccia, l’aut aut. I fatti non servono più anche perché, in tempo di fake news, possono sempre essere artatamente smentiti. Non formare un governo porta più consensi che formarne uno.

‘Ritengo sia possibile indicare una lista di caratteristiche tipiche di quello che vorrei chiamare l’Ur fascismo o il fascismo eterno. L’Ur-fascismo é ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. Sarebbe cosi confortevole, per noi, se qualcuno si affacciasse sulla scena del mondo e dicesse ‘voglio riaprire Auschwitz, voglio che le camicie nere sfilino ancora in parata sulle piazze italiane!’. Ahimé, la vita non é cosi facile. L’Ur-fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere é di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme, ogni giorno, in ogni parte del mondo’. Cosi Umberto Eco, in questo agile e stringato testo che La nave di Teseo ripropone, sembra guardare ancora oggi, dall’aldilà ai fascismi che si insinuano sotto varie forme e dietro molte maschere nei luoghi più lontani e più dissimili l’uno dall’altro. E ci mette in guardia, indicando le caratteristiche che legano questi fascismi: il contrasto alla libertà di stampa e di parola in tutte le loro forme, il machismo, il culto della violenza, il complottismo, il populismo, la paura della differenza, l’appello alle classi medie frustrate, il culto del tradizionalismo variamente inteso. Un libro da leggere perché ci aiuta a decifrare e a distinguere, ma soprattutto a non dimenticare.

“Quando la sinistra si divide non vince il centrosinistra ma vince il populismo o vince la destra. Credo bisognera’ da parte di tutti farsi un esame di coscienza. Il Pd si e’ messo a disposizione, ora da parte di tutti occorre buon senso”. Lo ha detto la presidente della Regione Fvg Debora Serracchiani rispondendo a una domanda sulle divisioni a sinistra, nel corso di un dibattito politico a Rai News24 “Da parte nostra – ha proseguito Serracchiani – abbiamo sempre tentato di dialogare con la nostra sinistra. Siamo per il dialogo ma ovviamente non puo’ essere un dialogo condizionato: non si puo’ dire ‘mi siedo solo se la riforma elettorale la scrivo io’, questo e’ un condizionamento al quale il Pd non vuole sottostare”. Serracchiani ritiene che “ci sia una divisione ulteriore in quella sinistra tra chi, come D’Alema, dice di evitare ogni dialogo, e Speranza il quale sa che ogni volta che ci dividiamo il popolo della sinistra soffre”.

“Il Movimento Cinquestelle e’ il nemico perche’ vuole portare l’Italia al populismo. La loro campagna sui vaccini dice piu’ di qualsiasi altra cosa: bene, se vogliamo fermare questo populismo e vogliamo che il Paese possa essere governato e che si salvi con l’Europa perche’ dell’Europa abbiamo bisogno, c’e’ la necessita’ di una convergenza tra moderati e progressisti”. Lo ha detto il leader dei Centristi per l’Europa e presidente della commissione di indagine sulle Banche Pierferdinando Casini. ”Oltretutto – ha aggiunto – vedo che D’Alema e Bersani stanno seguendo un loro destino diverso e credo che questo sia un’occasione perche’ vi sia un’alleanza che su un’impronta forte di governo europeo possa dare futuro al nostro Paese”.