populismi

“Voglio comunicare a tutti una mia scelta personale. Resto sempre convinto che il mio partito si chiama Palermo pero’ ho deciso di comunicare la scelta di votare per il Partito Democratico e di aderire al Pd”. Cosi’ il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, a pochi giorni dalla chiusura delle liste per le Politiche, nel corso di una conferenza stampa, a Palazzo delle Aquile. “Il Pd – sottolinea Orlando – e’ un partito contro i populismi, al contrario ovviamente del M5S e di Berlusconi. Chiedo a tutta la squadra di dare un seguito agli impegni presi a giugno”. “Si apre un dibattito sul programma – aggiunge il sindaco -. Puo’ anche essere che qualcuno non si senta attrezzato per questa sfida politica e quindi da’ un contributo da cittadino, da tecnico. Se la domanda e’ se ci puo’ essere una rimodulazione della giunta la risposta e’ si’, ma non lo faremo stasera – precisa il primo cittadino di Palermo – abbiamo tempo per lavorare serenamente e bene”. Assieme a Leoluca Orlando c’e’ Fabio Giambrone, il presidente di Gesap conferma la sua scelta di aderire al Pd: “La scelta l’ho fatta anch’io – dice Giambrone – sono a disposizione per fare tutto cio’ che serve. Io aderisco oggi al Partito democratico. Il resto non lo decido io ma altri”.

“Tutti dicono di voler cambiare l’Unione Europea, ma bisogna poi avere il coraggio di battere i pugni sul tavolo quando si devono raggiungere gli obiettivi”. Così il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio intervistato da Rtl 102.5. Riguardo alla vittoria di Macron alle presidenziali francesi e al progetto politico M5S, Di Maio osserva: “E’ chiaro che si sta dicendo che e’ stato sconfitto il populismo in Francia, ma io penso che ci debba essere dato atto che in tutti questi anni abbiamo preso le distanze da queste forze politiche emergenti in Europa che vengono definite populiste, da AFD, dalla Le Pen, a Podemos, alla stessa UKIP, noi vogliamo sempre rimarcare le differenze perche’ questi sono partiti ideologizzati che si ritengono di destra o di sinistra”. Per il parlamentare pentastellato: “Continuare a parlare di destra e sinistra in un Paese in cui i cittadini adesso vogliono delle soluzioni – che siano di destra o sinistra non importa, basta che siano di buon senso – e’ perdente”. Aggiunge Di Maio: “In questo momento il Movimento Cinque Stelle continua ad andare avanti e crescere perche’ ha smesso di credere a destra e sinistra, siamo una forza politica non ideologizzata in un Paese in cui la destra ci ha fatto Equitalia e la sinistra ci ha abolito l’articolo 18, qualcosa non va piu’ nelle vecchie ideologie”.

“Non e’ facile trovare la via d’uscita dalla falsa alternativa tra elitaria presunzione di superiorita’ e rincorsa demagogica dei populisti sul loro stesso terreno. Quasi un secolo fa, Antonio Gramsci parlava della differenza tra sentire, sapere e comprendere. I due estremi da evitare erano pertanto ‘la pedanteria e il filisteismo da una parte e la passione cieca e il settarismo dall’altra’. Oggi diremmo, semplicemente, elitarismo e populismo. Ecco che cosa deve intendere il Pd quando parla di primato della politica: il primato della comprensione, che e’ insieme un sentire e un sapere, intellettuale e popolare”. E’ quanto sostiene la mozione Renzi per il congresso del Pd. “Per contrastare i populismi – sostiene la mozione – e’ indispensabile l’azione di forze politiche popolari, capaci di elevare la qualita’, la trasparenza e la responsabilita’ delle scelte democratiche. Di fronte a un problema, i populisti cercano subito un colpevole, mentre i riformisti, testardi, cercano soluzioni. Soluzioni che devono essere concrete e realizzabili, semplici ma non semplicistiche. Il Pd deve rivendicare la fatica della costruzione di scelte democratiche, la costruzione del compromesso possibile, inteso non al ribasso ma come aspirazione alla concreta costruzione di soluzioni stabili in quanto condivise”. “La politica – conclude – deve mirare al tempo stesso piu’ in alto e piu’in basso: deve puntare a incidere sulle dinamiche sovranazionali, sui processi economici globali, sulle grandi questioni internazionali, ma anche sulla vita quotidiana delle nostre comunita’. E deve farlo perche?la crescente diseguaglianza delle societa’ occidentali non e’ solo un problema economico”.

“Siamo di fronte a uno schema nuovo: populisti contro responsabili; una sfida da affrontare di petto, con i valori, con le idee per il futuro”. Lo ha detto il ministro della Cultura, Dario Franceschini, intervenendo alla tre giorni del Lingotto. “Se il populismo e’ trasversale, e guardate Grillo, anche noi, in modo intelligente, dobbiamo essere trasversali e Matteo ha indicato questa strada. A loro le paure e a noi le speranze, loro costruiscono i muri e noi costruiamo ponti. Per loro la politica e’ odio, per noi e’ fatta di migliaia di persone che la vivono come servizio”, ha aggiunto.

Il Nuovo Centrodestra si prepara all’assemblea del prossimo 18 marzo che dovrebbe segnare una svolta politica precisa, a partir dal cambio del nome: “Ncd ha una scadenza che e’ quella del 18 marzo. In quella giornata faremo una cosa che avremmo dovuto fare da molto tempo e cioe’ il cambio del nome del partito. Il nuovo nome fara’ riferimento esclusivamente ai moderati, ai riformisti e all’area di centro”, ha spiegato Fabrizio Cicchitto al quotidiano ‘Il Dubbio’. L’esponente Ncd e presidente della Commissione Esteri della Camera aggiunge: “Sulla base dell’esperienza maturata durante questi anni sceglieremo una collocazione netta senza riferimenti al centrodestra ma soltanto al centro. La cosa non e’ mai stata riconosciuta pubblicamente, ma questa legislatura e’ durata 4 anni, e puo’ durarne 5, grazie alla nostra decisione di appoggiare il governo Letta che non fu un atto di trasformismo, ma un atto necessario per evitare altre elezioni politiche anticipate e quindi un’avventura. Lo aveva fatto anche Berlusconi nel 2013 quando aveva capito che le elezioni avevano sconvolto il quadro politico e messo fine al bipolarismo, rendendo necessarie larghe intese tra Pd e Pdl”. “Arrivati a questo punto ci troviamo davanti a una situazione in cui mi pare assai probabile che andremo da soli alle elezioni – sottolinea Cicchitto – a prescindere dalla legge elettorale”.

Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, è tornato ad esprimere “preoccupazione” per i populismi che emergono nel mondo. “La chiusura non è mai una buona politica”, ha detto il porporato a conclusione del vertice Italia-Vaticano, “e l’incapacità di accogliere e integrare può essere pericolosa. È bene evitare che la storia si ripeta nei suoi aspetti negativi”. Si allarga il fronte politico e sociale che a vario titolo esprime preoccupazione per i venti del populismo che soffiano sull’Europa e che hanno interessato anche gli Usa con l’affermazione di Donald Trump alla Casa Bianca

“Con Forza Europa abbiamo dimostrato come sia possibile rivendicare che il nostro futuro migliore e’ nell’Unione Europea e che gli interessi degli italiani di 5, 50 o 90 anni sono e saranno tutelati non scappando dall’Euro e dall’Ue, ma restandoci per rafforzarne istituzioni e politiche comuni. Sulla difesa interna ed esterna e sull’immigrazione, ad esempio”. Lo scrive su Facebook il senatore e sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, promotore dell’iniziativa Forza Europa che si e’ tenuta ieri a Milano, a cui hanno partecipato, tra gli altri, Emma Bonino, Francesco Rutelli e Mario Monti. “La stagione politica che si apre all’insegna del bipolarismo aperto-chiuso, vedra’ confrontarsi innanzitutto due opzioni, contro o a favore dell’Unione Europea. Non sara’ possibile sottrarsi: o di qua o di la’. Fino ad oggi alla retorica potente dei nazionalisti anti Ue – ha scritto Della Vedova – e’ arrivata una risposta debole, difensiva se non corriva. Se non rivendichiamo con orgoglio l’Europa che c’e’, non saremo capaci di costruirne una piu’ efficace: solo chi ama l’Unione Europea della pace e della liberta’, dei diritti e del diritto, della laicita’ e della concorrenza, dell’integrazione economica e civile e delle frontiere aperte a merci e persone la fara’ migliore”.

“E’ in gioco l’identita’ dell’ Europa. Questa e’ la sfida di fronte alla quale si trova l’Unione e con la quale dovro’ fare i conti come neo-presidente del Parlamento europeo”. Lo ha scritto Antonio Tajani in apertura dell’intervento, pubblicato oggi nell’inserto di 48 pagine per celebrare i 150 anni de ‘La Stampa’, ed intitolato “I populismi minacciano l’Unione: riformiamola e non facciamola morire”. “‘Uniti nella diversita” e’ sempre stato il nostro motto. La diversita’ e’ la nostra ricchezza, ma oggi e’ quella che mette in pericolo l’unita’” scrive Tajani osservando che sono “troppo diversi” gli approcci alla Brexit, all’offensiva populista, alle migrazioni, alla politica economica, alla lotta al terrorismo e alla politica estera. Sulla Brexit, afferma, “dovremo negoziare con Londra neoll’interesse dell’Europa, ma sapendo che il rapporto col Regno Unito resta fondamentale”. Definisce “indistruttibile” il legame con gli Usa “indipendentemente da chi sia il Presidente”. Aggiunge che “i migranti devono poter chiedere asilo nel paese di destinazione, non di approdo” e sottolinea che “serve un nuovo ‘programma Marshall’ di investimenti miliardari nei paesi d’origine, specialmente in Africa, altrimenti i flussi non si fermeranno”. Infine osserva che “l’austerita’ non contraddice lo sviluppo: la stabilita’ dei conti deve sposarsi con una politica industriale espansiva e col sostegno alle Pmi, arginando cosi’ la disoccupazione, in particolare giovanile”

Dai vincitori del Nobel per la Pace arriva un appello ai governi affinche’ combattano “il populismo, il nazionalismo che esclude le persone, e il protezionismo”. Secondo il quotidiano latinoamericano ‘Univision’, i trenta vincitori, nel corso del 16esimo Forum mondiale del Nobel per la Pace, che si è concluso a Bogota’, in Colombia, hanno inteso accendere i riflettori sul “pericolo che comporta il ritorno dei populismi e dei nazionalismi”. Da qui l’invito agli Stati affinche’ “combattano i discorsi che incitano all’odio” fondati sulle discriminazioni etniche, razziali, religiose, di pensiero, di genere, oppure contro i diversamente abili. Il discorso di apertura è stato affidato a Tawakkol Karmanha, attivista di origine yemenita, uno dei sette paesi su cui vige il divieto di ingresso negli Stati Uniti varato da Donald Trump. “Questa nuova ondata ci preoccupa profondamente per la minaccia che rappresenta per la cooperazione globale”, ha detto Jody Williams, attivista di origine statunitense vincitrice nel 1997 del Nobel per l’impegno contro le mine antiuomo.

Damiano Palano in questo suo illuminato saggio pone l’accento sulla trasformazione che hanno subito i partiti, oggi considerati poco piu’ che consorterie e agglomerati di interessi piu’ o meno leciti, non capaci di rappresentare istanze pubbliche e interessi legittimi. La realtà é che, ‘travolti dall’onda della personalizzazione della politica e dai ritmi della società dello spettacolo, i partiti hanno ormai modificato il loro volto e sono irrimediabilmente distanti  dalle macchine politiche novecentesche, istituzioni di grande efficienza burocratica e soprattutto in grado di fornire una rappresentazione di interessi collettivi nella quale i singoli potessero riconoscersi e avere una identità sociale e una voce’. L’autore affronta la tesi del ‘partito liquido’, destrutturato e che si confronta con il web e con i suoi abitanti, ma pone l’attenzione anche su altri aspetti della crisi che la politica affronta, e in particolare la disaffezione crescente nei confronti dell’istituto democratico, sempre piu’ una ‘democrazia dello spettacolo’ o una ‘democrazia del pubblico’, che soggiace alla narrazione, ai personalismi, allo storytelling, ai meccanismi della fascinazione e del carisma. Tutti elementi che giocano contro il ruolo rigido dei partiti cosi come li abbiamo conosciuti e oggi non piu’ in grado di rappresentare le dinamiche sociali e politiche di una società. Siamo in quella che Colin Crouch definì ‘postdemocrazia’, con una massa di cittadini che svolge un ruolo passivo..’. Tutto questo per dire che la crisi della democrazia é anche e soprattutto una crisi dei partiti, e che le alternative all’una e agli altri sono ben poco raccomandabili, sebbene nella consapevolezza della necessità di una loro rivisitazione, se davvero si vuole porre un argine ai populismi da una parte e all’antipolitica dall’altra.

 

Damiano Palano insegna Scienza Politica e Storia del pensiero politico presso la Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università cattolica del Sacro Cuore.