Editoriale

Matteo Renzi non é tipo da recitare ruoli secondari. Sarà perché ha fatto il premier o perchè il suo Pd ha raggiunto, in una congiuntura politica particolarmente felice, il 40% dei consensi, ma oggi l’ex sindaco di Firenze non vuole più sostenere un governo, come quello di Giuseppe Conte, che non ha anima e respiro e che non sembra tagliato per il raggiungimento di traguardi importanti, né sul piano delle riforme né su quello di un rilancio dell’azione di governo. Le minacce che Italia Viva ha pronunciato all’indirizzo del governo non appaiono solo un tentativo di alzare il tiro per ottenere maggiori spazi. Hanno piuttosto tutta l’aria di essere una manovra per smarcarsi fuori tempo massimo dalle responsabilità di una coalizione di governo che non ha mai volato alto e che registra al proprio interno contraddizioni insanabili. Del resto, la convivenza di Renzi con il M5S era ed é qualcosa di innaturale. Certo, la formazione politica Italia Viva é data tra il 3 e il 4%, ma siamo sicuri che una sua permanenza in questo governo non la indebolirebbe ulteriormente?

Il ricambio naturale della popolazione appare sempre più compromesso. E’ quanto evidenzia l’Istat nel Report sugli Indicatori demografici. Nel 2019, rileva l’Istituto di statistica, si registra in Italia un saldo naturale pari a -212mila unità, frutto della differenza tra 435mila nascite e 647mila decessi. Preannunciato dall’antitetica dinamica prospettiva di nascite e decessi nell’ultimo decennio, si tratta del più basso livello di ricambio naturale mai espresso dal Paese dal 1918. Ciò comporta che il ricambio per ogni cento residenti che lasciano per morte sia oggi assicurato da appena 67 neonati, mentre dieci anni fa risultava pari a 96. L’analisi in serie storica delle nascite, evidenzia ancora il Report dell’Istat, pone in evidenza come il dato relativo al 2019, appena 435mila, risulti il più basso mai riscontrato nel Paese. Per contro, il numero dei decessi, 647mila, pur di poco inferiore al record riscontrato nel 2017 (649mila), rispecchia in pieno le tendenze da tempo evidenziate. Nel lungo termine, i guadagni conseguiti di sopravvivenza allargano la base di coloro che vivono molto più a lungo di un tempo e fino alle età più avanzate dell’esistenza, portando a far crescere il numero annuale di decessi e accentuando oltremodo, in senso fortemente negativo, il bilancio del saldo naturale. Pur nella varietà dei diversi contesti territoriali, più o meno marcati anche in relazione al diverso livello di invecchiamento, la dinamica naturale è ovunque negativa, eccezion fatta per la Provincia di Bolzano, l’unica dove il ricambio della popolazione risulta ancora più che in equilibrio (+1,3 per mille residenti).

‘Ma a chi interessa che caschi un ponte”. Chissà cosa avrebbe pensato il fotografo e provocatore Oliviero Toscani se fra i 43 morti causati dal crollo del Ponte Morandi di Genova ci fosse stato il padre, un amico, il figlio. Chissà. Sacrosante le parole di Egle Possetti, presidente del comitato Ricordo vittime Morandi ’43 morti innocenti per lui conteranno poco, ma per noi erano tutto”. Non è la prima volta che Oliviero Toscani pronuncia frasi e commenti indecenti e osceni. Farà parte della sua formazione, del suo modo di essere, della sua insensibilità. Le sue foto erano, d’altra parte, di questo genere. Ubbidivano a questa logica, perversa, della provocazione pubblicitaria ad uso acquisti al supermarket. Sarà per questo allora che nel corso della trasmissione radio Un giorno da pecora ha detto: “Ma a chi interessa che caschi un ponte, smettiamola”, riferendosi alle polemiche scatenate dalla fotografia che ritrae Luciano Benetton insieme ai fondatori delle Sardine al centro culturale Fabrica. Cosi ancora Possetti “… ogni tanto qualcuno usa i nostri morti per mettersi in mostra o per comunicare idiozie. Stasera ho sentito registrate delle esternazioni, inopportune e confuse di Toscani: ovviamente a lui potrà non interessare che sia caduto un ponte in Italia nel 2018; potrebbe essere che lui viaggi sempre in elicottero, in effetti passare su un ponte francamente è un po’ da plebei: purtroppo tanti italiani ci viaggiano ogni giorno e qualche persona sotto quel ponte ci è rimasta per sempre, certamente non per qualche strano fulmine vagante, 43 morti innocenti per lui conteranno poco, ma per noi erano tutto”. Ci chiediamo che fine abbia fatto la pietas, l’umanità, il rispetto per i morti e per il dolore dei familiari. Ci chiediamo che fine abbia fatto la decenza, il decoro e la vergogna. Il senso di vergogna. Ci chiediamo perché Toscani non si scusi, invano.

Giampaolo Pansa non potrà più scrivere alcun articolo. Questa è già di per sé una brutta notizia. E non potrà più farlo perché è venuto a mancare all’età di 84 anni, a Roma. Questa è ancora più brutta. Personaggio controverso, natura provocatoria, coscienza critica e irriverente, Pansa ha combattuto per tutta la vita contro tutte le chiese, le lobby, le oligarchie. Ha vivisezionato il potere in tutte le sue forme, mantenendo una lucidità,una autonomia di pensiero e una libertà che non è per nulla facile preservare e mantenere. La sua credibilità, la sua reputazione, la sua opera di testimonianza umana e professionale gli hanno garantito la possibilità di girovagare in varie testate giornalistiche, rimanendo se stesso, con la schiena dritta, le sue convinzioni, il suo modo di essere.  La sua figura di giornalista, oggi, stride con il contesto attuale di fake news imperanti, di social media che imperversano, di velocità della notizia, in un panorama giornalistico segnato dalla sostanziale scomparsa di inchieste e di approfondimenti, ma la sua dedizione totale al mestiere, la sua fedeltà al lettore e alle proprie idee, rimangono con tutta la loro forza.

Harry e la consorte Meghan non se la sentono più di svolgere un lavoro. Sì, perché essere dei reali e di una monarchia antica e importante come quella inglese non è una passeggiata. Sì, é vero, molti storceranno il naso e si diranno indignati per questa scelta che va contro le regole e la tradizione ma va comunque rispettata. L’annuncio di Harry e Meghan di rinuncia allo status di “membri senior” di casa Windsor e la conseguente presa di distanza dalla Royal Family hanno suscitato scalpore e le polemiche non cesseranno facilmente, insieme ai pettegolezzi, al gossip, alle fake news e alle strumentalizzazioni. Si tratterebbe di una decisione inaspettata e non concordata con gli altri membri della casata. E il pensiero corre a Edoardo VIII, che abdicò al trono del Regno Unito per convolare nel giugno del 1937 a giuste nozze con Wallis Simpson. Un matrimonio che fece scandalo a Buckingham Palace e nel resto del mondo. La Simpson, tra l’altro, era già una donna divorziata ed era prossima a lasciare il suo secondo marito. Una donna energica e con grande esperienza, che fece perdere la testa al futuro re. Difficile dire quale sia in questi casi la reale motivazione. Se il desiderio di essere come tutti gli altri, di sfuggire alle logiche stringenti e asfissianti di una corte, di vivere la libertà dei propri comportamenti e delle proprie scelte senza dover dipendere da una etichetta, dalla regola dell’opportunità e del decoro. Auguri di una nuova vita ad Harry e a Meghan, un uomo e una donna coraggiosi.

 

 

 

Scesi dal bus 19 barrato, in via Libertà, all’angolo con via Notarbartolo, attraversai la strada, in tuta e con la racchetta in mano, e lo raggiunsi in prossimità del cancello di Villa Zito ‘posso stringerle la mano?’. Era il 1980. Di lui conoscevo solo ‘Il giorno della civetta’ che avevo appena letto grazie alla scuola. Con quello sguardo sinceramente umile, autentico nella gentilezza, si protese verso di me, ragazzino di undici anni ‘certo, grazie, grazie’. Ricordo che mi sorrise affettuosamente. Mi voltai e me ne andai. Felice. Oggi mi ritrovo, cinquantenne, a constatare l’enorme vuoto che ha creato, venti anni fa, la sua scomparsa. Di Sciascia, del suo valore, della lungimiranza delle sue parole, della sua coscienza civica, della sua libertà di pensiero, oggi abbiamo la piena consapevolezza. Poveri di veri intellettuali come siamo, di pensatori che non debbano rispondere a nessuno se non alla propria moralità e alle proprie idee. Personalmente non riesco a pensare a Sciascia e non anche, contemporaneamente, a Luigi Pirandello. Due facce della stessa medaglia. Due conoscitori dell’anima siciliana, dei siciliani, dei nemici della Sicilia, dei millantatori, degli adulatori di professione, della gente in maschera e con le maschere, dei tanti prostituti, dei demiurghi un tanto al chilo. Sciascia e Pirandello. Pirandello e Sciascia. La Sicilia migliore. Perché… “la verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c’è più né sole né luna, c’è la verità.” (L.S)

Proseguono gli scontri violenti tra i manifestanti e la polizia locale ad Hong Kong. Ha fatto il giro del mondo la foto e il video del poliziotto che spara ad un giovane corso in difesa di un suo amico appena ammanettato. E all’orizzonte non si intravede alcuna soluzione. Piccoli gruppi di indipendentisti, con la mascherina al volto, si riuniscono nei momenti più diversi della giornata per protestare. La diplomazia mondiale sta a guardare e non solo perché si tratta di una partita che non interessa e che non ricopre significato per attori terzi, ma anche e soprattutto perché nessuno vuole schierarsi contro il governo di Hong Kong e quindi, contro la potenza di Pechino. Gli Usa di Donald Trump, che qualche motivo per abbracciare la causa di Hong Kong l’avrebbero, si limitano a condannare – come ha fatto ieri la portavoce del Dipartimento di Stato, Morgan Ortagus, ‘la violenza di ogni parte’, esprimendo ‘vicinanza alle vittime, a prescindere dalle loro inclinazioni politiche’. Frasi di circostanza che mal celano la paura o il calcolo di non prendere posizione. Forse fa bene ricordare la situazione di Honk Kong che dal 1997 è una regione amministrativa speciale cinese. In poche parole, fa parte della Cina ma mantiene una sua forma di autonomia. Prima di allora, ossia dal 1842 in poi, era stata una colonia britannica, sottratta alla Cina. Oggi Hong Kong, vera potenza commerciale, cresciuta con il capitalismo liberista e con un ordinamento giuridico e legislativo improntato ai principi generali della tradizione anglosassone. Ebbene, nel 1984, proprio a Pechino, venne firmata la Dichiarazione congiunta sino-britannica, in base alla quale, i territori di Hong Kong sarebbero tornati sotto il controllo della Cina a partire dal 1997, ma a patto che il sistema economico e politico della città rimanesse invariato sino al 2047, per altri cinquant’anni. Un paese con due sistemi, che ha vissuto e continua a vivere la protesta con la famosa ‘rivoluzione degli ombrelli’, usati dai manifestanti per proteggersi dai lacrimogeni usati dalle forze dell’ordine. dal 2017, il governatore é Carrie Lam, una donna troppo vicina alla Cina. L’ultimo ‘pretesto’ di scontro tra il governo locale, filocinese e i manifestanti é l’approvazione della legge sulla estradizione, che permetterebbe alla Cina di processare e condannare chi non accetta i suoi dettami, oltre che i presunti autori di reati. La realtà è che Honk Kong non vuole diventare una provincia della Cina e, quindi, vedersi negati diritti fondamentali e libertà civili conquistate a caro prezzo. Dall’altra parte, Pechino non ha alcuna intenzione di attendere il 2047 per appropriarsi di un territorio che ritiene proprio, da sempre.

Si susseguono le notizie dell’occupazione turca e dell’eccidio curdo. Le violenze e le uccisioni sono peraltro ampiamente documentate e fanno il giro del mondo sui social media e sul web in genere. Intanto, le truppe turche hanno iniziato insieme alle milizie arabe filo-Ankara l’offensiva su Manbij, località strategica controllata dai curdi a ovest del fiume Eufrate. E sul fronte Usa? Sanzioni annunciate da Trump al governo turco e dazi su acciaio. Donald Trump che a breve firmerà un ordine esecutivo “per imporre sanzioni contro dirigenti ed ex dirigenti del governo turco e qualsiasi persona che contribuisca alle azioni destabilizzanti della Turchia nel nordest della Siria”. Saranno inoltre aumentati i dazi sull’acciaio sino al 50% e fermati i negoziati per un accordo commerciale con Ankara da 100 miliardi di dollari. Basterà? Sicuramente no. Sanzioni economiche, forse, ritiri delle truppe certi: le forze speciali americane si sono ritirate dalla loro postazione a sud di Kobane, dove si trovavano a difesa delle milizie curde dall’offensiva turca nel nord-est della Siria. Lo riferisce la Cnn turca. Erdogan comunque mostra i muscoli “Andremo fino in fondo – minaccia il tiranno – siamo determinati. Finiremo quello che abbiamo iniziato”, confermando in questo modo l’intenzione di non interrompere l’offensiva contro i curdi nel nord-est della Siria. Dall’Unione europea solo indignazione e poco più ‘L’Ue condanna l’azione militare della Turchia che mina seriamente la stabilità e la sicurezza di tutta la regione”. Si legge nel testo di conclusioni del Consiglio esteri dell’Ue sull’offensiva militare di Ankara nel nord est della Siria, in cui si sancisce anche “l’impegno degli Stati a posizioni nazionali forti rispetto alla politica di export delle armi”. Inoltre nel documento si richiede un “incontro ministeriale della Coalizione internazionale contro Daesh”. Sostanzialmente, Bruxelles sta a guardare, ma Erdogan lo sa bene.

E alla fine Renzi prese il coraggio a due mani – cosa che non gli è mai risultata difficile – e ha annunciato la sua fuoriuscita dal Pd che lo ha visto segretario e che gli ha consentito di ricoprire la carica di Premier. Ma si può parlare di un gesto di profonda ingratitudine? A nostro avviso, no. Renzi é un leader politico europeista, moderno, capace, naturalmente proiettato nel futuro, dalle grandi capacità comunicative. Cosa ci stava a fare il fiorentino Matteo nel partito di Zingaretti e di Zanda? Nulla di significativo. Non c’era alcuna prospettiva per lui che di sinistra e di ideologico non ha mai avuto nulla. L’augurio che in molti si fanno è che possa dare vita ad una formazione di Centro, di ispirazione liberale e riformista, che dia voce e rappresentanza a tutto quell’elettorato che non vuole morire leghista o grillino e che confida nelle istituzioni democratiche, che crede nella Costituzione e nell’Unione europea, nelle eccellenze che l’Italia rappresenta, nella possibilità per il nostro Paese di ritornare sulla ribalta internazionale con il rispetto e la considerazione che merita. Saprà Renzi offrire una opportunità a questo elettorato moderato, stanco degli insulti e delle smargiassate sui social media, delle incompetenze esibite come medaglie al merito? Saprà Renzi costruire un partito plurale e libero da oligarchie di corto respiro? Riuscirà a dare al Mezzogiorno una reale possibilità di crescita e di sviluppo in un contesto di responsabilizzazione delle sue energie migliori? Potranno, i sostenitori di questa formazione politica, riconoscersi nel programma e nei valori costitutivi? Se davvero Renzi riuscirà in questa operazione che non è solo politica ma culturale e di rifondazione democratica, allora avrà successo. In caso contrario, si tratterà dell’ennesimo partitino che vuole dire la propria sulle nomine e sugli equilibri di Palazzo anziché volare alto per restituire autorevolezza e credibilità alla politica nazionale.

 

La radio e la sua magia resistono all’avvento delle nuove tecnologie, dei social media, degli impegni quotidiani e del tempo che non sembra passare, a giudicare dagli ascolti. Una notizia di cui essere fieri. Una buona notizia per tutto quello che la radio significa, con la sua potenza, i suoi affezionati fan, le sue potenzialità e la sua energia. Il web inoltre, non solo non ne ha intaccato la forza ma ne ha accompagnato la crescita e la diffusione, fornendole l’apporto oggi essenziale del digitale, e rendendo così possibile la sua presenza sui telefoni cellulari e su tutti i dispositivi. La musica, l’informazione, l’intrattenimento, l’interazione con i suoi utenti rimangono pertanto sulla cresta dell’onda, in un contesto come quello odierno dei mezzi di comunicazione, che si rinnova e si trasforma con modalità e tempi molto rapidi. La radio mantiene ancora oggi la sua pervasività ma non a danno della complicità e della discrezione che ispira e che la connotano in modo distintivo. Lunga vita alla radio.