Editoriale

Diego Armando Maradona migliore calciatore di tutti i tempi? Dev’essere vero a giudicare dal coro globale degli apprezzamenti: ‘dio del calcio’, profeta, messia, divinità’, angelo col pallone e altro ancora. Il brasiliano Pelè sembra non avere lo stesso numero di followers e poi appartiene ad un’epoca meno televisiva e meno permeata dai social media e dalla globalizzazione. Sì, é vero, é stato detto a piene mani che il ‘genio e sregolatezza’ é una categoria dell’anima, che ai grandi artisti si devono perdonare i vizi e le perversioni che vogliono concedersi. E sia. Ci sarebbe da dire che anche i vizi e perversioni si possono coltivare anche in privato, non a favore di telecamera, che l’arroganza e gli eccessi possono essere stigmatizzati anche nei confronti di chi ha ricevuto il dono del talento e della creatività. Maradona é stato il più forte giocatore di calcio di sempre? Molto probabilmente. Dentro il rettangolo di gioco. Fuori da quello é stato un pessimo esempio, di stile e di tanto altro. I campioni, le star, i grandi attori, i grandi artisti, i politici importanti, le celebrità hanno il dovere di restituirci qualcosa. Maradona, da questo punto di vista, al di là delle sue eccezionali performance, ha dato il peggio, in mondo visione. Nessuno vuole giudicare nessuno. Ma una cosa, al di là delle sue eccelse prestazioni e della sua vita sregolata va detta e gli va riconosciuta: era molto generoso e disponibile nei confronti degli altri; uno che ha aiutato tantissime persone in difficoltà e di cui in tantissimi hanno approfittato. Riposi in pace e condoglianze ai suoi cari. Con sincerità

Una legge sul fine-vita c’è, nonostante le strumentalizzazioni politiche e le implicazioni religiose che ne sono derivate. Le sentenze dei giudici, che negli anni, di volta in volta, si sono susseguite, hanno colmano nel tempo il vuoto che si era accumulato. Succede cosi che, in questo caso, Marco Cappato sia stato assolto, cosi come era già accaduto per dj Fabo. Marco Cappato e questa volta con lui anche Mina Welby, non commisero reato quando aiutarono – il primo economicamente attraverso l’associazione Sostegno civile, la seconda accompagnandolo in Svizzera -, Davide Trentini a morire col suicidio assistito in una clinica di Basilea. Era il 13 luglio 2017: il giorno dopo Cappato e Welby, rispettivamente tesoriere e copresidente dell’associazione Luca Coscioni, si presentarono ai carabinieri di Massa (Massa Carrara), la città di Trentini, per auodenunciarsi, dando il via al procedimento penale che oggi ha portato alla loro assoluzione, sia per l’accusa di istigazione al suicidio sia per quella di aiuto al suicidio, da parte della corte d’assise di Massa. Rimangono le perplessità, i dubbi sui campi di applicazione, le responsabilità. Perché una legge c’é. Il biotestamento compie un anno: il 14 dicembre 2017 è stata infatti approvata la legge sul fine vita. Restano ancora diversi punti da chiarire e i dettagli da definire per permettere la piena attuazione di quanto previsto dalla normativa. Punti nodali sono: il consenso libero e informato del paziente, la terapia del dolore e il divieto di accanimento terapeutico, le Dat ossia le disposizioni anticipate di trattamento in cui dare al medico le disposizioni al medico per il momento futuro in cui si può essere incapaci di intendere e di volere. le eventuali obiezioni di coscienza del medico, la pianificazione delle cure. Permane un problema di ordine culturale nel Paese che su questo tema si diviso. L’impressione é che sia ancora presto per fornire un quadro della situazione ma l’orientamento delle sentenze va in direzione di un riconoscimento di tutte quelle forme di assistenza e di aiuto a coloro i quali – nel rispetto di alcune condizioni prefissate – esprimano la volontà di porre una fine alla loro esistenza. Una sorta di ampliamento del diritto al suicidio assistito. Ma è vero e proprio diritto?

Quella contro il coronavirus altro non è che una battaglia che si vince non facendosi trovare dal nemico. La strategia di contenimento, e quindi l’obbligo di restare a casa, si fonda sulla consapevolezza che un vaccino non potrà essere elaborato prima di diversi mesi e che in attesa di risposte mediche e farmaceutiche non resta alternativa diversa da quella di non aumentare i contagi, possibili soltanto da uomo a uomo. Si tratta, ovviamente, di una scelta dolorosa e drammatica per le ripercussioni che ne derivano sul fronte dell’economia e della tenuta sociale. Gli scienziati, del resto, sono pressoché unanimi nel ritenere imprescindibile questa misura drastica del contenimento. E’ la politica che si è divisa sulla opportunità di prolungare il periodo di obbligo per i cittadini – salvo le eccezioni contemplate – di non uscire da casa. Le strumentalizzazioni che quotidianamente vengono fatte in un senso o nell’altro, attengono al mondo della produzione, al blocco delle attivitá economiche, alla ripresa del Pil e non agli ammonimenti dei virologi che su questo sono stati molto chiari. Non è tempo per un ‘rompete le righe’ generalizzato e a dirlo sono i numeri, impietosi, dei decessi e dei contagi. E’ bene tenere ben presente la realtà, soprattutto per non creare confusione e incertezza nella popolazione che, sinora, a grandi linee, ha tenuto nella debita considerazione l’allarme lanciato dall’Organizzazione mondiale della sanità e dalla nostra classe medica a cui, per l’impegno profuso, va tutta la nostra gratitudine, insieme a quella infermieristica, delle forze dell’Ordine e degli operatori impegnati in prima linea contro il virus.

Un ruolo di fondamentale importanza in un contesto come quello attuale dominato dall’argomento unico della diffusione del Covid 19, maggiormente noto come Corona virus, è quello del sistema complessivo dell’informazione che deve dare le notizie esatte senza cadere nella facilissima trappola del sensazionalismo, del terrorismo psicologico, dell’allarmismo. Fenomeni che fanno vendere più copie dei quotidiani, che consentono maggiori visualizzazioni delle pagine e quindi introiti più pubblicitari più alti ma che chiamano in causa la funzione ineliminabile della stampa. E’ proprio per questo che anche in situazioni come quella che viviamo – con le comprensibili paure e l’incertezza del domani e degli sviluppi di quella che comunque non dovrebbe avere i caratteri della pandemia – la differenza la faranno i professionisti dell’informazione scrupolosi e attenti, che non si lasceranno prendere dall’emozione e da interessi diversi da quello del dovere di cronaca nel rispetto della deontologia. Un discorso a parte ma non meno importante riguarda il mondo dei social media con le sue vere e proprie piattaforme di comunicazione, alla portata di tutti. Un mezzo dal quale si continuano a propalare fake news, ultimatum catastrofici e si prospettano scenari paurosi, in dispregio delle più elementari norme di civiltà, di buon senso e di rispetto per gli altri e per la verità della scienza medica. In questa prospettiva, gli utenti più illuminati, quelli più intelligenti e meno manipolabili, hanno il dovere di contrastare il flusso di informazioni a dir poco inesatte, fornendo quelle giuste e fondate, o indirizzando verso le fonti autorevoli e autorizzate. Nessuno può sentirsi chiamato fuori da questo compito. Le ripercussioni che possono derivarne sulla nostra vita, sull’economia, sulle relazioni sociali, sul lavoro, sugli affetti e sulle dinamiche della vita di tutti i giorni possono essere devastanti, per tutti. Se la paura e la menzogna prevarranno sulla competenza, sul rispetto delle regole e sulla verità delle cose, rimarrà poco spazio per la civiltà e per la democrazia.

Matteo Renzi non é tipo da recitare ruoli secondari. Sarà perché ha fatto il premier o perchè il suo Pd ha raggiunto, in una congiuntura politica particolarmente felice, il 40% dei consensi, ma oggi l’ex sindaco di Firenze non vuole più sostenere un governo, come quello di Giuseppe Conte, che non ha anima e respiro e che non sembra tagliato per il raggiungimento di traguardi importanti, né sul piano delle riforme né su quello di un rilancio dell’azione di governo. Le minacce che Italia Viva ha pronunciato all’indirizzo del governo non appaiono solo un tentativo di alzare il tiro per ottenere maggiori spazi. Hanno piuttosto tutta l’aria di essere una manovra per smarcarsi fuori tempo massimo dalle responsabilità di una coalizione di governo che non ha mai volato alto e che registra al proprio interno contraddizioni insanabili. Del resto, la convivenza di Renzi con il M5S era ed é qualcosa di innaturale. Certo, la formazione politica Italia Viva é data tra il 3 e il 4%, ma siamo sicuri che una sua permanenza in questo governo non la indebolirebbe ulteriormente?

Il ricambio naturale della popolazione appare sempre più compromesso. E’ quanto evidenzia l’Istat nel Report sugli Indicatori demografici. Nel 2019, rileva l’Istituto di statistica, si registra in Italia un saldo naturale pari a -212mila unità, frutto della differenza tra 435mila nascite e 647mila decessi. Preannunciato dall’antitetica dinamica prospettiva di nascite e decessi nell’ultimo decennio, si tratta del più basso livello di ricambio naturale mai espresso dal Paese dal 1918. Ciò comporta che il ricambio per ogni cento residenti che lasciano per morte sia oggi assicurato da appena 67 neonati, mentre dieci anni fa risultava pari a 96. L’analisi in serie storica delle nascite, evidenzia ancora il Report dell’Istat, pone in evidenza come il dato relativo al 2019, appena 435mila, risulti il più basso mai riscontrato nel Paese. Per contro, il numero dei decessi, 647mila, pur di poco inferiore al record riscontrato nel 2017 (649mila), rispecchia in pieno le tendenze da tempo evidenziate. Nel lungo termine, i guadagni conseguiti di sopravvivenza allargano la base di coloro che vivono molto più a lungo di un tempo e fino alle età più avanzate dell’esistenza, portando a far crescere il numero annuale di decessi e accentuando oltremodo, in senso fortemente negativo, il bilancio del saldo naturale. Pur nella varietà dei diversi contesti territoriali, più o meno marcati anche in relazione al diverso livello di invecchiamento, la dinamica naturale è ovunque negativa, eccezion fatta per la Provincia di Bolzano, l’unica dove il ricambio della popolazione risulta ancora più che in equilibrio (+1,3 per mille residenti).

‘Ma a chi interessa che caschi un ponte”. Chissà cosa avrebbe pensato il fotografo e provocatore Oliviero Toscani se fra i 43 morti causati dal crollo del Ponte Morandi di Genova ci fosse stato il padre, un amico, il figlio. Chissà. Sacrosante le parole di Egle Possetti, presidente del comitato Ricordo vittime Morandi ’43 morti innocenti per lui conteranno poco, ma per noi erano tutto”. Non è la prima volta che Oliviero Toscani pronuncia frasi e commenti indecenti e osceni. Farà parte della sua formazione, del suo modo di essere, della sua insensibilità. Le sue foto erano, d’altra parte, di questo genere. Ubbidivano a questa logica, perversa, della provocazione pubblicitaria ad uso acquisti al supermarket. Sarà per questo allora che nel corso della trasmissione radio Un giorno da pecora ha detto: “Ma a chi interessa che caschi un ponte, smettiamola”, riferendosi alle polemiche scatenate dalla fotografia che ritrae Luciano Benetton insieme ai fondatori delle Sardine al centro culturale Fabrica. Cosi ancora Possetti “… ogni tanto qualcuno usa i nostri morti per mettersi in mostra o per comunicare idiozie. Stasera ho sentito registrate delle esternazioni, inopportune e confuse di Toscani: ovviamente a lui potrà non interessare che sia caduto un ponte in Italia nel 2018; potrebbe essere che lui viaggi sempre in elicottero, in effetti passare su un ponte francamente è un po’ da plebei: purtroppo tanti italiani ci viaggiano ogni giorno e qualche persona sotto quel ponte ci è rimasta per sempre, certamente non per qualche strano fulmine vagante, 43 morti innocenti per lui conteranno poco, ma per noi erano tutto”. Ci chiediamo che fine abbia fatto la pietas, l’umanità, il rispetto per i morti e per il dolore dei familiari. Ci chiediamo che fine abbia fatto la decenza, il decoro e la vergogna. Il senso di vergogna. Ci chiediamo perché Toscani non si scusi, invano.

Giampaolo Pansa non potrà più scrivere alcun articolo. Questa è già di per sé una brutta notizia. E non potrà più farlo perché è venuto a mancare all’età di 84 anni, a Roma. Questa è ancora più brutta. Personaggio controverso, natura provocatoria, coscienza critica e irriverente, Pansa ha combattuto per tutta la vita contro tutte le chiese, le lobby, le oligarchie. Ha vivisezionato il potere in tutte le sue forme, mantenendo una lucidità,una autonomia di pensiero e una libertà che non è per nulla facile preservare e mantenere. La sua credibilità, la sua reputazione, la sua opera di testimonianza umana e professionale gli hanno garantito la possibilità di girovagare in varie testate giornalistiche, rimanendo se stesso, con la schiena dritta, le sue convinzioni, il suo modo di essere.  La sua figura di giornalista, oggi, stride con il contesto attuale di fake news imperanti, di social media che imperversano, di velocità della notizia, in un panorama giornalistico segnato dalla sostanziale scomparsa di inchieste e di approfondimenti, ma la sua dedizione totale al mestiere, la sua fedeltà al lettore e alle proprie idee, rimangono con tutta la loro forza.

Harry e la consorte Meghan non se la sentono più di svolgere un lavoro. Sì, perché essere dei reali e di una monarchia antica e importante come quella inglese non è una passeggiata. Sì, é vero, molti storceranno il naso e si diranno indignati per questa scelta che va contro le regole e la tradizione ma va comunque rispettata. L’annuncio di Harry e Meghan di rinuncia allo status di “membri senior” di casa Windsor e la conseguente presa di distanza dalla Royal Family hanno suscitato scalpore e le polemiche non cesseranno facilmente, insieme ai pettegolezzi, al gossip, alle fake news e alle strumentalizzazioni. Si tratterebbe di una decisione inaspettata e non concordata con gli altri membri della casata. E il pensiero corre a Edoardo VIII, che abdicò al trono del Regno Unito per convolare nel giugno del 1937 a giuste nozze con Wallis Simpson. Un matrimonio che fece scandalo a Buckingham Palace e nel resto del mondo. La Simpson, tra l’altro, era già una donna divorziata ed era prossima a lasciare il suo secondo marito. Una donna energica e con grande esperienza, che fece perdere la testa al futuro re. Difficile dire quale sia in questi casi la reale motivazione. Se il desiderio di essere come tutti gli altri, di sfuggire alle logiche stringenti e asfissianti di una corte, di vivere la libertà dei propri comportamenti e delle proprie scelte senza dover dipendere da una etichetta, dalla regola dell’opportunità e del decoro. Auguri di una nuova vita ad Harry e a Meghan, un uomo e una donna coraggiosi.

 

 

 

Scesi dal bus 19 barrato, in via Libertà, all’angolo con via Notarbartolo, attraversai la strada, in tuta e con la racchetta in mano, e lo raggiunsi in prossimità del cancello di Villa Zito ‘posso stringerle la mano?’. Era il 1980. Di lui conoscevo solo ‘Il giorno della civetta’ che avevo appena letto grazie alla scuola. Con quello sguardo sinceramente umile, autentico nella gentilezza, si protese verso di me, ragazzino di undici anni ‘certo, grazie, grazie’. Ricordo che mi sorrise affettuosamente. Mi voltai e me ne andai. Felice. Oggi mi ritrovo, cinquantenne, a constatare l’enorme vuoto che ha creato, venti anni fa, la sua scomparsa. Di Sciascia, del suo valore, della lungimiranza delle sue parole, della sua coscienza civica, della sua libertà di pensiero, oggi abbiamo la piena consapevolezza. Poveri di veri intellettuali come siamo, di pensatori che non debbano rispondere a nessuno se non alla propria moralità e alle proprie idee. Personalmente non riesco a pensare a Sciascia e non anche, contemporaneamente, a Luigi Pirandello. Due facce della stessa medaglia. Due conoscitori dell’anima siciliana, dei siciliani, dei nemici della Sicilia, dei millantatori, degli adulatori di professione, della gente in maschera e con le maschere, dei tanti prostituti, dei demiurghi un tanto al chilo. Sciascia e Pirandello. Pirandello e Sciascia. La Sicilia migliore. Perché… “la verità è nel fondo di un pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c’è più né sole né luna, c’è la verità.” (L.S)